Tra il 1985 e le due importanti visite di Stato del 1988 e 1989 prende forma la peculiare posizione del governo italiano nei confronti del tentativo riformista in atto in URSS, posizione che lo distingue dagli altri componenti del G7. Ne è protagonista Andreotti, che giudicava l'evoluzione del comunismo gorba?ëviano un fenomeno complessivamente positivo per la società sovietica e per la politica internazionale, condividendo in grande misura la visione moderata del «sistema di mercato» e la critica di quelle che Gorba?ëv ancora chiamava le «contraddizioni del capitalismo». Soprattutto, come sottolinea Silvio Pons, Andreotti condivideva con il presidente sovietico la visione di un futuro ordine bipolare senza la Guerra fredda: una visione «legata a un mondo in dissoluzione» che faceva proprio consapevolmente «il problema di costruire un'architettura nelle relazioni tra l'Europa e la Russia/URSS», il cui fallimento corrispose alla rimozione della «coscienza stessa del problema». Passata la prova di eventi epocali come il crollo del muro di Berlino, la riunificazione tedesca, la prima Guerra del Golfo, quella sintonia e il disegno strategico di cui era espressione si sarebbero infatti infranti nella fine dell'Unione sovietica del dicembre 1991.
Il volume prende spunto dal Seminario di studi L'Inquisizione e le donne organizzato nel 2014 dall'Università di Roma La Sapienza insieme all'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede presso l'antico Palazzo del S. Uffizio (Città del Vaticano). La tematica affrontata è del tutto originale, in quanto prima non era stata mai oggetto specifico ed esclusivo né di trattazione né di convegni né di studi, né di libri o articoli. Il volume intende porsi in un'ottica di genere e cogliere le differenze tra i sessi sul piano della repressione, del controllo e del procedimento giudiziario; in ogni caso riflettere su come la qualità femminile influenzasse dottrine, istituzioni e comportamenti. Avvalendosi di fonti documentarie estremamente varie, il testo raccoglie una serie di saggi che affrontano il tema del rapporto tra l'Inquisizione romana e le donne, sia in qualità di inquisite che di testimoni, in un lungo arco temporale che va dal XVI al XX secolo.
Letto da alcuni studiosi come il momento fondativo della laicità, da altri soltanto come fase di cauto rinnovamento delle idee e delle istituzioni religiose, il Settecento presenta spinte contraddittorie: da un lato, la difesa della tolleranza religiosa; dall'altro, la riproposizione di forme dogmatiche delle fedi o addirittura atteggiamenti di fanatismo. Prendendo atto di tali letture contrastanti e tenendo conto delle profonde trasformazioni del secolo, il volume intende soffermare l'attenzione sui rapporti reciproci tra questi cambiamenti e la sfera religiosa.
Fondato da don Giuseppe De Luca come raccolta di testi non ge­­nericamente religiosi ma significativi di un incontro dell’uomo con Dio, l’«Ar­chivio italiano per la storia della pietà» ha ri­preso a essere pub­blicato nel 1996 aprendosi a prospettive più ampie e non sol­tanto a quelle genericamente individuabili con la religione cat­tolica. Pub­blica saggi che indagano il rapporto che l’uomo ha con l’Assoluto comunque inteso, nel­le religioni monoteistiche come nelle altre religioni, dal­le epoche più re­mo­te fino ai giorni nostri.
Numero monografico: il volume si interroga sui modi nei quali, nella prima età moderna, la materialità di oggetti, corpi, abiti poteva diventare una questione religiosa. A lungo le ricerche sul dissenso religioso hanno privilegiato la dimensione ‘immateriale’, indagando soprattutto le idee, le teorie e le produzioni intellettuali, analizzate nella loro diffusione attraverso testi e immagini. All’interno di una storia sociale della cultura e dei fenomeni religiosi si è fatta strada progressivamente l’esigenza di esplorare anche la ‘cultura materiale’. Ed è proprio in quest’ottica, e raccogliendo suggestioni da altre discipline come l’archeologia, la sociologia e l’antropologia, che sono stati individuati come terreno di studio gli oggetti e le forme della loro circolazione.
Dopo il primo volume di Modernismo e modernisti che proponeva una panoramica generale sul tema – utile a rendere le diverse caratteristiche e le dinamiche intermittenti che connotarono indagini storico critiche, enunciazioni teoriche, indirizzi ideali e pratici, reazioni del magistero e degli organi disciplinati pontifici, entro la Chiesa latina, e in particolare italiana, all’aprirsi del Novecento – in questo secondo volume l’obiettivo punta a cogliere, da diverse angolature o punti di vista, qualche primo piano di tre personaggi, Semeria, Buonaiuti e Fogazzaro, per sondare, attraverso momenti dei rispettivi itinerari, concrete modalità in cui vennero declinati tipici paradigmi, focalizzandone all’occorrenza i riflessi in ambiti ecclesiali e in genere culturali.
Jemolo: "Io penso, soprattutto, ai rapporti tra ceti diversi; quello che poteva essere la famiglia borghese di fronte a famiglie operaie, tante piccole, brutte storie che si leggono anche nella narrativa che erano perfettamente vere, oggi non sarebbero assolutamente più pensabili. (...) Anche in materia di violenza; quand'ero bambino a Roma se si vedevano due litigare si aveva subito paura di veder tirar fuori un coltello." Zincone: "O anche la spada, se erano aristocratici..." Jemolo: "Non sono così vecchio da ricordarmi i tempi del Manzoni e di Fra' Cristoforo..." Dal 1946 al 1990 il "Convegno dei Cinque" fu un vero e proprio simposio radiofonico, che una volta a settimana chiamava a discutere su temi di interesse generale cinque intellettuali di spicco della cultura italiana. Alla trasmissione partecipò per ben 87 volte (spesso in veste di moderatore) il grande giurista cattolico Arturo Carlo Jemolo, esercitandovi quel gusto per la discussione libera, argomentata e ironica, all'inglese, che, al di sotto dei temi politici del giorno, non ha mai smesso d'essere la vera grande assente del nostro dibattito pubblico.