Oggi siamo abituati a considerare il teatro come la fusione di diversi aspetti: il testo, la regia e la recitazione. In realtà, quanto adesso ci appare scontato, è frutto di una radicale trasformazione che maturò in Italia alla fine dell'Ottocento (per la precisione tra il 1860 e il 1890). Come mostra Gaetano Oliva in questo libro, infatti, prima era l'attore a dominare: si costruiva le parti, si organizzava la regia e spesso modificava come meglio credeva il testo in modo da poter primeggiare. Era molto comune che i testi di Shakespeare o Ibsen o Cechov venissero tagliati e riassemblati in funzione delle esigenze dell'attore. Fu solo nella seconda metà del XIX secolo che cominciò a delinearsi la nuova figura del drammaturgo professionista, che non era al servizio stabile di una compagnia, né voleva scrivere per attori o per capocomici, ma intendeva produrre testi originali. Il tramonto del Grande Attore lasciò lo spazio alla nascita di una nuova figura: quella del regista. Questi era l'esperto addetto alla supervisione generale dell'opera ed era colui che acquisiva il compito di interpretare l'idea dell'autore, ponendosi come intermediario tra il testo e l'attore.
Dal Prometeo incatenato di Eschilo, al Negromante dell'Ariosto, dal Candelaio di Giordano Bruno fino alla Vita di Galileo di Brecht (e oltre), la scienza del tempo ha profondamente influenzato il linguaggio teatrale fornendogli la materia prima per dei veri capolavori. Grazie alla sua profonda conoscenza della storia del teatro, Andrea Bisicchia costruisce così un affascinante percorso trasversale che ci permette di scoprire una dimensione fino a oggi del tutto trascurata e di capire ancora meglio quali siano state le più profonde fonti di ispirazione di capolavori senza tempo. Per questo "Teatro e scienza" è un punto di svolta cruciale nella storiografia teatrale e aprirà la strada, senza alcun dubbio, a un nuovo mondo di ricerche e di indagini.