Un testo essenziale per comprendere il linguaggio cinematografico in tutte le sue componenti: dalla sceneggiatura al racconto, dal punto di vista della macchina da presa a quello dei personaggi, dal fuori campo ai movimenti di macchina, dal montaggio al rapporto fra suono e immagine, con ampie analisi di scene e sequenze tratte da film che appartengono a diversi momenti della storia del cinema, a differenti generi, stili e autori. Questo volume risponde efficacemente alla richiesta di una fruizione più consapevole dell'immagine, prendendo in esame gli elementi costitutivi del cinema, che è alla base di quella più generale comunicazione audiovisiva dominante la società contemporanea.
Letteratura di confine fatta di parole che muteranno in immagini, la sceneggiatura è stata definita "la più difficile tra tutte le scritture conosciute": bisogna essere al contempo abili narratori, scrittori e un po' registi, conoscere i mestieri del cinema, e non perdere mai di vista il pubblico. Cosa è una sceneggiatura? Quali sono le regole specifiche di scrittura e format? Cosa si scrive per il cinema, come si struttura il racconto? Come si aggancia ed emoziona lo spettatore? Questo manuale si mantiene in costante equilibrio tra teoria e pratica, fornendo una ricca panoramica dei principali studi di settore, spaziando negli esempi tra epoche e generi, mirando a fornire non tanto formule assolute, quanto convenzioni da trasgredire e strumenti per intraprendere il proprio, personale, viaggio nel mondo della narrazione per immagini.
Come si sviluppa la nostra mente in un contesto traumatico? Com'è possibile offrire aiuto terapeutico in situazioni di attaccamento traumatico? Adottando un punto di vista psicoanalitico relazionale sui concetti di trauma e di dissociazione e grazie all'utilizzo dei contributi dell'Infant Research e della teoria dell'attaccamento, Cesare Albasi ha sviluppato il concetto di Modelli Operativi Interni Dissociati (MOID) per cercare risposte efficaci a questi interrogativi. Negli attaccamenti traumatici il processo di riconoscimento della soggettività specifica del bambino fallisce e si strutturano i MOID, che veicolano esperienze di assenza di significato, di vuoto interiore. MOID spingono inconsciamente a costruire relazioni di attaccamento nelle quali, in modo paradossale, si cerca di essere riconosciuti per quello che si è e, contemporaneamente, per quello che si potrebbe (o si sarebbe potuti) diventare. Il processo psicoterapeutico si articola negli snodi di questo paradosso, che ne fonda le possibilità trasformative, non solo attraverso l'acquisizione di consapevolezza da parte del paziente sul suo modo di essere, ma anche grazie all'esperienza di una nuova relazione di attaccamento con il terapeuta che sviluppi, sia al livello esplicito e simbolico sia al livello procedurale, il processo di riconoscimento intersoggettivo sul quale la vita mentale si fonda.
Nella scuola ci sono ottimi insegnanti che conoscono a fondo le loro materie, ma questo purtroppo non basta. Non si può, infatti, semplicemente "travasare un sapere", bisogna mettersi in gioco, entrare in relazione con i ragazzi, cercare punti di incontro, diventare i loro riferimenti. Tutti i bambini - in particolare quelli con una storia problematica alle spalle - dovranno capire che nell'ambiente scolastico troveranno qualcuno disponibile ad ascoltarli e a valorizzare ogni diversità. Questo libro non è un manuale su come gestire i rapporti in classe, ma una vera e propria riflessione per gli insegnanti e per tutti gli adulti che vogliono imparare a rapportarsi con i propri figli e capire meglio i loro problemi.
La ricerca psicopedagogica di matrice cognitivista di questi ultimi decenni ha concettualizzato l'apprendimento scolastico come processo in cui l'allievo elabora attivamente la conoscenza. Questa concezione appare tuttora valida, ma studi recenti mostrano l'esigenza di ampliarla e integrarla. Da un lato, si sottolinea la dimensione affettivo-motivazionale dell'attività cognitiva, non abbastanza considerata dall'approccio di information processing; dall'altro, la prospettiva socioculturale, influenzata dalle ricerche interculturali e dal pensiero di Vygotskij, afferma polemicamente che l'attività cognitiva non si svolge solo "nella testa" dell'individuo, ma nei contesti di interazione sociale.