Universalmente noto e caro alla devozione popolare, Antonio (Lisbona c. 1195-Padova 1231) è rimasto a lungo ai margini della ricerca storica di ampio respiro, eppure per molti aspetti costituì la principale figura di raccordo tra Francesco d’Assisi e il francescanesimo, tra il fondatore e l’Ordine. Canonico regolare formatosi nelle più prestigiose scuole del Portogallo, passò tra le fila dei Minori nel 1220, proprio mentre si stava consumando il primo grave strappo tra Francesco e i suoi seguaci. Santo, chierico e dotto, rappresentò quanti avevano accettato le trasformazioni dell’Ordine in senso sacerdotale e il pieno inserimento dei frati nelle strutture ecclesiastiche e negli ambienti universitari. Recepì la sostanza della proposta cristiana di Francesco e nello stesso tempo prese coscienza dei problemi che essa poneva ad un movimento in crescita e in fase di difficile transizione. Antonio non appartenne ai primi “compagni” di Francesco e nella sua opera non ricordò mai l’Assisiate (il quale, invece, gli riconobbe un magistero carismatico prima ancora che accademico), ma dopo la sua rapida canonizzazione (1232) nell’Ordine ci si preoccupò subito di recuperare la sua “francescanità”, rimasta nell’ombra, di rivendicare attraverso di lui il valore della cultura e degli studi, di esaltarlo come un modello di santo, complementare a Francesco, capace di passare dallo studio alla predicazione, “dal Libro” (la Sacra Scrittura) “alla folla”, di unire santità e cultura, di rappresentare, dunque, l’Ordine con le caratteristiche che esso andava assumendo alla metà del Duecento.
Questo volume analizza l’Antonio francescano, la sua vita, la sua collocazione nel francescanesimo, il suo patronato sulla città di Padova, per ripercorrere, infine, alcuni momenti della storiografia antoniana del Novecento, che conobbe una fase di rinnovato fervore a partire dalla sua proclamazione a santo dottore della Chiesa (1946)
A Roma, in età moderna, il cerimoniale riflette al contempo la complessità e la duplicità del potere papale, spirituale e temporale. Il cerimoniale regola le feste strettamente religiose, quelle scandite dal calendario liturgico annuale, e gli eventi ricorrenti, come l’apertura delle Porte sante per il Giubileo o i riti d’interregno. Le grandi occasioni rituali relative alla persona del pontefice (elezione, incoronazione, possesso, esequie) presentano una loro marcata specificità ma evolvono anche in coerenza con i riti di sovranità dei monarchi e principi europei. Assume, inoltre, importanza crescente la regolamentazione dello svolgimento degli eventi di particolare rilievo politico, come il ricevimento degli ambasciatori o il conferimento di dignità ai principi cattolici.
Dopo la cesura determinata dalla Riforma protestante, negli anni successivi al Concilio di Trento il papato riacquista autorità e prestigio e il cerimoniale diviene esaltazione – anche a livello simbolico e nella sua dimensione “teatrale” – del ruolo internazionale della Sede Apostolica.
Il tema – finora poco indagato dalla storiografia su Roma, a differenza di quanto è stato fatto per altre realtà italiane ed europee – viene esaminato evidenziando l’interazione tra il papa-sovrano e la sua città.