Vi siete mai chiesti cosa ne sarebbe di Achille, il semidio, l'eroe per antonomasia, se fosse un uomo del ventesimo secolo, figlio di un Paese travagliato, proprio come la Grecia omerica, da odio e guerre? Ahil Dujmovic è l'archetipo dell'eroe contemporaneo, spietato nell'infilzare, anziché il petto dei nemici, la porta della squadra avversaria. Profeta del calcio, idolo delle folle, a soli diciassette anni è lui a prendere per mano la sua nazionale, quella della Jugoslavia, nell'ultima competizione internazionale che la vedrà protagonista, i Mondiali di Italia '90. In questa sua originale rilettura di una delle pietre angolari della cultura occidentale, Sergej Roic affida al luminoso destino di un astro del pallone il ruolo di fare da controcanto alla dolorosa disgregazione di un Paese, e al "gioco più bello del mondo" il compito di rispondere, o di provare a farlo, al vuoto di senso della società contemporanea.
In fuga dalla guerra fratricida che insanguina il suo Paese, Olga, ex bibliotecaria di Belgrado, decide di raggiungere il marito a Vienna. Nel suo vagare quotidiano per le vie cittadine e per mondi letterari alla ricerca di sempre nuove identità, si ritrova suo malgrado al centro di un'intrigante combinazione di esistenze sospese e "vite casuali" simili alla sua, di tradimenti furtivi o soltanto vagheggiati, di storie familiari e leggendari personaggi sottratti a una spessa coltre di oblio. E in un bizzarro gioco di rimandi simbolici e coincidenze reali a ritroso nel tempo il suo destino viene a intrecciarsi con quello di un altro esule volontario, un irrequieto ed eccentrico insegnante irlandese, James Joyce, che all'alba del nuovo secolo sbarca nel Continente in cerca di migliori fortune. Fino a incrociare le tracce di un giovane misterioso, che con un gesto eclatante segnerà le sorti dell'Europa intera. Nel fascino regale e discreto degli scenari viennesi, tra i chiaroscuri marini di una Pola segreta e la multiforme vitalità della Trieste asburgica, la prosa sensuale e raffinata di Velikic ci accompagna in un viaggio lungo tutto il Novecento e nel cuore di quella Mitteleuropa perduta di cui il grande scrittore serbo, come ha scritto Claudio Magris, "esprime con intensità poetica l'atmosfera polivalente e spesso malata"