Testo letterario dall’architettura elegante e cesellata, la Meghillath Ekhah (il rotolo delle Lamentazioni) si rivela un alfabeto della disperazione, una sillabazione dello strazio, un ululato che modula ciò che altrimenti risulterebbe inarticolabile. Per l’ebraismo, questa meghillah rinvia alla distruzione del Santuario di Gerusalemme e al doloroso esilio di Israele, perdurato per numerosi secoli. Per il cristianesimo, si tratta di rinvii simbolici, evocativi e prolettici, afferenti alla missione di Gesù di Nazaret. Nei secoli, purtroppo, queste pagine veicolarono anche, da parte cristiana, insegnamenti e comportamenti antiebraici. L’ebraismo contemporaneo, in generale, non ha fatto ricorso alle Lamentazioni per rileggere la tragedia della Shoah. A differenza di quanto narra il libro biblico in relazione a Israele, nessuna Chiesa cristiana ha sperimentato sulla propria pelle, a livello di popolo e di singoli individui, la conquista e la razzia, lo stupro, l’esilio, la diffamazione e il dileggio, l’annientamento e il genocidio, se non quelle armena e assira. In questo volumetto tre voci diverse ma con
cordi (una cristiana cattolica romana, una ebraica e una cristiana armena) riascoltano un urlo mai sopito.
Il libro di Geremia racconta la vicenda di un uomo catturato dall’appello del Signore e che si sente inadeguato alla sua missione, in una stagione difficile per il regno di Giuda, poco prima della deportazione a Babilonia. Il profeta denuncia, in mezzo alle sofferenze e malgrado il suo travaglio interiore, l’infedeltà del Popolo, esortandolo a pentirsi: il Signore attende il suo ritorno, per offrirgli una nuova alleanza, che supererà quella del Sinai. I Padri commentano volentieri questi aspetti, ma sono meno attenti ai risvolti politici del messaggio di Geremia, ormai non più attuali. Le Lamentazioni sono cinque poemi alfabetici che uniscono al pianto per la caduta di Gerusalemme nel 587 a.C. un invito alla penitenza e un forte sentimento di fiducia nel Signore.
Capita, leggendo l’AT, di trovarsi di fronte ad affermazioni che fatichiamo a comprendere. Alcune di esse riguardano anche la preghiera. Perché parole buone non ottengono i risultati sperati? La nostra indagine studia brevemente la preghiera nell’AT in genere, per poi presentare alcuni casi in cui, sotto la superficie delle espressioni, è possibile cogliere aspetti problematici, false sicurezze che rendono inautentica la relazione con Dio.
Il libro racconta le vicende di Ester, una bella e giovane ebrea che diventa regina di Persia. Grazie alla sua saggezza, riuscirà a salvare il popolo giudaico, minacciato dal terribile decreto di sterminio che il potente Haman aveva promulgato per vendicarsi di un affronto subito da Mordokay, padre adottivo della regina. Il lieto fine della storia vede i Giudei trionfare sui loro nemici. Per celebrare lo scampato pericolo, Ester e Mordokay (Mardocheo/Mordechai), nominato gran visir al posto del giustiziato Haman, istituiscono la festa di Purìm.
L'opera di John Barton è uno studio del pensiero etico nell'Israele antico fra l'VIII e il II secolo a.C. La documentazione alla base della ricerca è costituita primariamente dalla Bibbia ebraica e dalla letteratura giudaica di età ellenistica sia rabbinica sia di lingua greca come anche dagli scritti di Qumran. Se nei lavori dedicati alla storia dell'etica la Bibbia di solito non compare, Barton mostra al contrario come nella letteratura espressa da Israele si possano incontrare stili diversi di pensiero etico e come il pensiero razionale sia molto più frequente di quanto perlopiù si pensi. Non è azzardato affermare che il divario fra il pensiero israelitico antico e la filosofia antica non è tanto profondo come solitamente si suppone. Dallo studio di Barton emerge come le fonti rivelino un pensiero profondo e articolato riguardo a questioni di etica, uno stile di pensiero che ancor oggi è stimolante e che regge il confronto con le concezioni dell'antichità classica e dei tempi moderni.
Questa edizione quadriforme del libro del Deuteronomio, utile per recepire il testo biblico in lingua originale e affrontare le difficoltà delle lingue antiche, propone: il testo ebraico masoretico (TM) della Biblia Hebraica Stuttgartensia, basato prevalentemente sul Codex Leningradensis B19A, datato circa 1008; il testo greco nella versione dei Settanta (LXX) di Rahlfs, basata prevalentemente sul Codex Vaticanus (B) risalente al IV secolo dopo Cristo; il testo latino della Nova Vulgata, redatta nel post-concilio e normativa per la liturgia cattolica; il testo della Bibbia CEI 2008, normativo per la liturgia italiana, con paralleli essenziali a margine e segnalazione dei termini difformi dall'ebraico; la traduzione interlineare italiana di ebraico e greco, eseguita a calco e orientata a privilegiare gli aspetti morfologico-sintattici del testo originale.
La misericordia di Dio non è un concetto astratto e inafferrabile. Nel libro dell'Esodo la Bibbia ci mostra come essa si inscriva all'interno di un racconto, toccando la vita degli uomini e del popolo. La rivelazione del Sinai è la rivelazione del Nome divino, che vuol dire presenza di Dio nella storia e nel futuro del popolo. Il Signore è il Dio che è con me, che dai cieli si china per camminare al mio fianco.
Abramo è un uomo come noi. La verità per la nostra salvezza è che tutti noi siamo Abramo e le sue stesse difficoltà e contraddizioni abitano il nostro cuore. Il percorso di Abramo è il nostro. Abramo ha una famiglia problematica? Anche noi abbiamo relazioni complicate che ci precedono e che ci seguono, che costruiamo davanti a noi con i figli e i nipoti, siamo inseriti nello stesso cammino. Abramo riceve la Parola: va', esci dalla tua terra... verso il paese che ti indicherò... Anche noi riceviamo la stessa Parola: va', parti, renditi autonomo. Anche noi sappiamo che l'unico modo per vivere è uscire e separarci, poiché la separazione è il meccanismo attraverso il quale Dio crea la vita.
I profeti di Israele nelle parole del Papa. Nei tempi bui della storia del popolo eletto si è alzata la voce di uomini capaci di risvegliare la memoria delle promesse e, interpretando il presente, di spingere a guardare verso il futuro con speranza. Così il pontefice invita gli uomini del nostro tempo a essere "uomini dall'occhio penetrante"; uomini che fanno memoria del passato, contemplano il presente e aprono il cammino verso il domani. Introduzione di Giuseppe Dell'Orto.
Con il terzo tomo si conclude quello che a tutti gli effetti può considerarsi un nuovo tipo di commento e uno strumento inedito: la lettura continua dei vari testi in cui il Nuovo Testamento si rifà all'Antico e al tempo stesso ne viene illuminato. Se il nuovo interpreta l'antico, anche l'antico interpreta il nuovo - la Scrittura interpreta la Scrittura -, e per questo è della più grande importanza esaminare la peculiarità del contesto neotestamentario in cui l'Antico Testamento è ripreso, sullo sfondo dell'uso o degli usi che di questo si faceva nel giudaismo del secondo tempio. Se gli scrittori neotestamentari si richiamano all'Antico Testamento servendosi delle medesime tecniche esegetiche e sulla base degli stessi presupposti ermeneutici del tempo, donde viene la novità teologica del testo neotestamentario? Il terzo volume commenta le lettere ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi, le lettere Pastorali, agli Ebrei, di Giacomo, di Pietro e di Giovanni, di Giuda e l'Apocalisse di Giovanni. Chiudono il volume indici dei passi citati - non soltanto biblici -, che concorrono a rendere l'opera ancor più fruibile a una lettura approfondita del testo biblico.
Se nel linguaggio comune il profeta è colui che predice il futuro, una specie di «indovino» che anticipa gli avvenimenti, nella Bibbia egli è invece un uomo «catturato» dalla Parola di Dio e investito del compito di portarla al popolo. Per questo la sua vocazione - la chiamata profetica - è fondamentale per comprenderne la figura e la missione. E per incontrare quella pagina della Scrittura che può strappare anche la nostra vita «al luogo comune» per farla diventare un'opera d'arte nelle mani del Creatore. Nelle vocazioni profetiche - come quelle di Isaia, Geremia ed Ezechiele prese in esame in questo libro - ogni uomo può trovare la strada per ascoltare l'appello unico e inedito che Dio rivolge alla sua vita e che rende anche la Chiesa autenticamente profetica solo se viene rapita dalla parola di Dio.
L'Autore parte da una scommessa: "La Bibbia è vocazionale in ogni sua parte ed in ogni sua pagina. Non occorre andare a cercare in essa un particolare episodio, poiché essa è tutta una storia di chiamate, tra un Chiamante - che è sempre lo stesso - ed una serie discreta di chiamati, più o meno attenti, consapevoli d'esserlo e generosi nella risposta". Su questa base e seguendo la narrazione dell'Antico Testamento, l'Autore presenta, in maniera originale e con uno stile accattivante, una carrellata di figure bibliche della vocazione, da Adamo al profeta Aggeo, personaggi noti e meno, interpretati in senso spirituale ed esistenziale. In questo modo praticamente tutto l'Antico Testamento viene letto in chiave vocazionale, sottolineando, di volta in volta, il primato di Dio nell'evento vocazionale delle singole storie narrate, le differenti risposte da parte delle persone chiamate, la bellezza e la felicità presenti nell'accadere della vocazione.