Ogni sette anni la quantità di conoscenze a disposizione dell'umanità raddoppia di numero. Con una velocità prima inimmaginabile, giorno dopo giorno circolano nel mondo milioni di nuove informazioni. Ma, sostiene Idriss Aberkane nel suo «trattato» audace e visionario, a questa impressionante quantità di informazioni corrisponde ben poca saggezza; e una società che produce informazioni senza saggezza finirà per autodistruggersi. Ebbene, lo strumento più potente per affrontare qualsiasi sfida e ritrovare la strada della saggezza noi lo possediamo già, ed è il nostro cervello: e l'osservazione e lo studio delle persone considerate «fenomeni», come i «calcolatori prodigio», indicano la strada da percorrere. Questa strada, però, è disseminata di ostacoli. Primo fra tutti il sistema dell'istruzione, che premia il conformismo, l'individualismo, l'«alimentazione forzata» del cervello, scoraggiando la condivisione, il senso critico e ciò che accomuna da sempre tutte le grandi menti, da Socrate a Leonardo da Vinci, a Einstein e Nikola Testa: l'amore, la passione, la libera scelta di percorrere nuove strade. Liberare il cervello significa conoscerlo veramente nelle sue vere potenzialità come nei suoi limiti. Di questo tratta la «neuroergonomia», e in queste pagine ne ritroviamo tutti i campi di applicazione, dal marketing alla politica, dalla scuola alla medicina, alla tecnologia. Perché nel nostro cervello c'è molto più di quanto siamo stati finora in grado di creare, ed è solo partendo dalla sua conoscenza che spalancheremo davanti a noi le porte di un nuovo Rinascimento.
Il 24 Agosto 2016 una scossa di morte ha distrutto interi paesi, tra cui Amatrice. Ma il sisma ha riportato in superficie problematiche note a tutti quei piccoli comuni che sono la spina dorsale dell’Italia. Dopo quella paurosa notte di agosto, il cuore di Amatrice è tornato alla vita grazie alla straordinaria solidarietà che ci rende capaci di uno stesso sentire, rafforzando anche l’idea di appartenere ad un’Italia umana e con tanta voglia di riscatto. Gli scarponi della fatica e dell’impegno, uniti al cuore degli italiani, sono le chiavi di volta per una rinascita di tutto lo Stivale.
Sergio Pirozzi è Sindaco di Amatrice dal 2009 e allenatore di calcio da una vita, ma soprattutto è simbolo della voglia di ricominciare a vivere dopo il sisma del 24 agosto 2016.
Secondo Winston Churchill la democrazia è «il peggior sistema di governo a eccezione di tutti gli altri». Un’affermazione paradossale per dire che è invece il sistema migliore, quello che offre maggiori garanzie di uguaglianza e di giustizia per tutti. Eppure in America, così come in altri paesi, la democrazia sembra avere perso attrattiva. E se la vittoria elettorale di Donald Trump è un segno evidente di questo stato di cose, molti altri sintomi, meno clamorosi ma non meno preoccupanti, si erano manifestati da tempo. Come siamo potuti arrivare a questo punto? E soprattutto, cosa possiamo fare per arrestare il declino della democrazia? Per trovare una risposta a questo interrogativo Philip Kotler, padre del marketing moderno, ha provato a immaginare che la democrazia sia un prodotto e che noi cittadini ne siamo i consumatori disaffezionati. Ha individuato quelli che a suo avviso sono i quattordici punti deboli del «prodotto» e ha cercato di proporre soluzioni per renderlo nuovamente interessante ai nostri occhi; nel contempo, ha offerto una lucida riflessione sulla politica e sulla società americane che – come sottolinea Federico Mioni nell’introduzione all’edizione italiana – aiuta a capire perché anche in Italia il populismo rischi di avere la meglio sulla democrazia.
Definito dal «Financial Times» uno dei quattro pensatori di management più autorevoli di tutti i tempi, Philip Kotler è professore di International Management alla Kellogg School of Management della Northwestern University di Evanston, Illinois. Ha dato un contributo importantissimo alla strutturazione del marketing come disciplina scientifica ed è autore di numerosi volumi, molti dei quali tradotti in italiano: il suo «Marketing Management» (la cui prima edizione risale al 1967) è uno dei testi più autorevoli nella letteratura manageriale, e tuttora un grande punto di riferimento. Kotler ha anche avviato fra i primi le ricerche sul «marketing sociale». Ha svolto numerosissime attività di consulenza per le multinazionali più importanti del mondo e per molte altre imprese.
Federico Mioni è il direttore di Federmanager Academy e docente alla Link Campus University (Roma). Ha condotto ricerche presso le Università di Princeton e della Virginia, la Library of Congress di Washington e la Massachusetts Historical Society di Boston, è stato Visiting Professor presso la John Marshall Law School di Chicago e docente all’Università di Parma. Autore e/o curatore di una ventina di saggi e volumi, ha vinto il Premio Roberto Ruffilli e il premio del Centro di Studi Americani di Roma.
Un'antica leggenda bretone racconta che a causa della cattiveria dell'umanità, un villaggio intero e la sua cattedrale vennero sommersi da un'alluvione. Da allora, si avverte un lontano rintoccare di campane come severo monito per tutti. Parte da questa immagine suggestiva un'indagine sulla spiritualità sommersa occidentale che produce mescolanze fra elementi di religioni a volte inconciliabili. Dal Dio Mithra così simile al Gesù cristiano, alle sacre icone e al legame tra mito e sintomo, Silvia Ronchey mostra quanto Oriente c'è nel nostro Occidente e come l'antichità è diventata un simbolo sempre più fecondo anche per il nostro inconscio. Il risultato è un viaggio alle radici del sincretismo contemporaneo.
Lavoro: una realtà essenziale, nelle parole di papa Francesco, per la società, per le famiglie, per i singoli individui. Il lavoro costituisce una componente direttamente collegata alla dignità dell'uomo, perché attraverso esso la persona si realizza con le sue attitudini e capacità intellettive, creative e manuali, in una forma di cooperazione che prolunga l'opera di Dio nella storia. Introduzione di Roberto Rossini.
Antonio Ricci ha scoperto di essere un comico a tre anni, grazie a una caramella andata di traverso e al drastico sistema per fargliela sputare, in una "scena primaria" di assoluta e involontaria comicità. Se fosse morto soffocato non avremmo "Striscia la notizia", "Drive in", "Paperissima", le veline e le velone, il Gabibbo e il tapiro. Ci saremmo persi più di trent'anni di risate, un imprinting di ironia e buonumore che ha accompagnato con leggerezza la vita di tutti noi. Il libro racconta gli anni della formazione (la scuola dalle suore, le bacchettate sulle dita, le prime ribellioni all'autorità costituita), poi gli anni dell'impegno (a divertirsi e a divertire), le beffe, gli scherzi atroci, la scoperta di compagni di risata come Beppe Grillo e Fabrizio de André, in un perenne cabaret che, nel caso di Ricci, alla fine diventa un mestiere. Racconta anche il mondo dorato della televisione, spifferandone ghiotti retroscena e bersagliando i suoi protagonisti con una ferocia satirica proporzionale alla loro popolarità. Come un Giamburrasca munito di cerbottana o di fionda, Ricci spara proiettili a destra e a sinistra, soprattutto alla sedicente sinistra, smascherando conformismi e ipocrisie. "Striscia la notizia", la sua creatura più sorprendente, record assoluto di longevità e di ascolti, è un programma di satira, e la satira non è corretta, non è compiacente, attacca anche gli amici e non ha paura dei nemici. Una vita non proprio di tutto riposo, ma che Ricci vive con imperturbabile serenità. Forse anche grazie al suo essere un caso clinico di bipolarismo: le sue trasmissioni sono le più viste, ma lui è l'uomo più schivo della tv, è un impavido collezionista di cause (tutte vinte) ma anche di piante rare, che cura con passione maniacale. Forse è questo che da più di trent'anni gli permette di sopravvivere nella sua personale trincea. La satira è il mestiere che si è scelto, ma leggendo questo libro si capisce anche che era il suo destino. Ma "Me Tapiro" non è tanto (o non solo) un'autobiografia. Nella seconda parte, ispirata dalle domande del giornalista Luigi Galella, diventa un piccolo trattato sulla tv, su chi la fa e su chi la guarda, una lezione magistrale sulla nostra società dell'apparire.
Varsavia, 1939. Antonina ?abi?ska e suo marito, il dottor Jan ?abi?ski, gestiscono lo storico zoo della città con cura e dedizione. Quando la Polonia viene invasa dai nazisti, però, oltre ai bombardamenti e all'occupazione la coppia è costretta a sottostare anche al nuovo capo zoologo nominato dal Reich, Lutz Heck, che prevede un programma di allevamento selettivo per la struttura. Reagendo allo sgomento, i due coniugi si impegnano prima a salvare gli animali superstiti e poi, quando la violenza nazista si accanisce contro gli ebrei, non esitano a trasformare lo zoo e i suoi sotterranei in un rifugio per i perseguitati. All'odio per chi è diverso e alla follia di voler imporre alla natura un disegno mitomane, Antonina e Jan oppongono l'amore e il rispetto per la vita e per gli esseri umani, a costo di mettere in pericolo la propria famiglia. Grazie a loro, più di trecento ebrei e militanti della Resistenza polacca riusciranno a sfuggire alla furia nazista e a mettersi in salvo.
«In queste pagine vorrei provare a spiegare perché la scelta vegana è una scelta salutare, cercando di farlo con parole semplici, di tutti i giorni, proprio come farebbe un'amica.» Fino a pochi anni fa Claudia Zanella, modella e attrice, non sapeva nulla di corretta alimentazione, né si preoccupava in modo particolare della propria salute. Una trattoria romana e un video spedito da un'amica hanno cambiato per sempre la sua vita e il suo modo di nutrirsi. Claudia è ora naturopata e vegana convinta, impegnata con competenza, simpatia e dolcezza a cambiare anche la vita di chi gli sta a cuore. In questo libro racconta come è riuscita a trasformare il suo modo di mangiare, di fare la spesa, di cucinare. Il suo è un percorso che propone un vero e proprio stile di vita per conquistare salute e benessere con il sorriso.
In principio furono le emozioni: arcaiche, calde, capaci di condensare in un dettaglio un intero mondo. In un secondo tempo, ecco la ragione: la fredda e composta luce che giudica e distingue, allontana, organizza. Le une non possono vivere senza l'altra e viceversa, e il loro fecondo scontrarsi e avvicendarsi infonde vita alle cose del mondo. «Dal buio viene la visione; dal silenzio il suono; dal non pensabile e dicibile il pensato, il detto e lo scritto; dal male il bene; dalla morte la vita.» Così l'antinomia, intesa come la compresenza di due entità o affermazioni contraddittorie, si configura come la scaturigine della spiritualità e della libertà. Superando la logica aristotelica, per secoli pilastro del pensiero occidentale, non solo impareremo ad accettare il dissidio fra il magma ribollente originario e la luce raziocinante del pensiero, ma anzi sapremo amarlo e ben temperarlo: l'unico modo per raggiungere la "vita buona" tanto anelata dai filosofi.
Il volume è il frutto di un ciclo di esperienze messe in atto da un gruppo di studiosi di diverse discipline: in questo ambito, lo studio dei fenomeni di violenza all'interno della società si è unito alla riflessione teorica sui 'linguaggi della violenza'. L'atto che brutalmente interrompe ogni istanza di mediazione all'interno di un circuito comunicativo, o quello che stabilisce in modo coercitivo i rapporti di potere, hanno luogo seguendo codici, pratiche, tecniche del dominio spesso non facilmente decifrabili. L'idea è stata quella di far incontrare competenze diverse, spesso lontane e difficilmente comunicanti (dalla filologia classica agli studi filosofici e letterari, dalla sociologia alla psicologia), per un confronto su questi temi: in sostanza, una ricognizione del nesso tra violenza e dominio. In questo quadro di riferimento, sono stati affrontati anche i grandi temi della violenza di genere o della violenza specista. Il risultato dei lavori e di una intera stagione di appassionati dibattiti ed esperienze sul campo è condensato in questo libro. Con esso si vuole innanzitutto proporre uno strumento a coloro che sentono come ineludibile una riflessione sulle forme della violenza nella società contemporanea; al contempo, la res publica delle idee e le varie cittadelle della scienza potrebbero trovarvi un modello virtuoso di dialogo tra le discipline e di interazione sociale da riproporre e perfezionare, auspicabilmente, in nuovi contesti culturali.
Mai, nella storia, abbiamo avuto così tante possibilità di esprimere le nostre opinioni: con un semplice accesso a internet, ognuno di noi può pubblicare ciò che desidera e raggiungere milioni di uomini e donne. Eppure mai come oggi siamo costretti a fare i conti anche con i mali e i difetti di una libertà di espressione senza limiti: violenze, intimidazioni, abusi, violazioni della privacy sono all'ordine del giorno. La rapidità delle comunicazioni permette esiti un tempo impensabili: un uomo brucia una copia del Corano in Florida, e in risposta un attentato fa strage di militari americani in Afghanistan. Dopo una vita di studi sulla dissidenza e le dittature, in questo libro Timothy Garton Ash afferma che nel mondo interconnesso di oggi per conciliare libertà e diversità, comunicazione e rispetto umano, è necessario non solo espandere i diritti - non certo censurarli - ma anche ridefinirli. Grazie a un progetto globale condotto insieme all'Università di Oxford e attraverso il racconto di casi esemplari che vanno dalla sua personale esperienza orwelliana con la censura in Cina alle controversie suscitate dalle vignette di «Charlie Hebdo», Garton Ash propone un nuovo modello e un nuovo lessico per interpretare la realtà di oggi, e per far rientrare nei confini della civiltà i conflitti che stanno esplodendo attorno a noi.
Una biografia diventa l'occasione per compilare un vocabolario di ricordi, intuizioni e immagini. L'incontro con Pietrangelo Buttafuoco e con la sua vita si trasformano nella circostanza per riscrivere un linguaggio che diventa viaggio per l'Italia. L'ambizione sarebbe quella di provare a scrivere una grammatica della memoria, della tradizione, ma anche dell'innovazione e dell'integrazione. Le parole scelte sono quelle del vivere quotidiano, parole ripetute tante volte e fermate nel silenzio di una riflessione. Altre sono parole desuete, dialettali, parole che provano a comporre una narrazione che vorrebbe scuotersi dalle spalle la polvere del pensare comune. Un vocabolario che s'interroga, perché ogni parola è un dubbio che non sempre chiede di essere sciolto.