Daniel Barenboim torna a riflettere sulla musica. Sulla musica che si fa, che si legge, sulla musica che si interpreta, sulla musica che si ascolta. Sulla musica che interconnette, che stringe relazioni e le riempie di senso. Daniel Barenboim ha a cuore una visione della musica in cui etica ed estetica dialoghino continuamente e a livelli diversi. Se l'essenza della musica è il contrappunto, ecco che l'idea di un tutto non scomponibile nei suoi elementi domina, come un'ossessione, l'opera e il lavoro del grande Maestro. Eseguire bene un pezzo implica una scelta, è di per sé una sequenza di scelte. Non è diverso - dice Barenboim - da ciò che deve fare un politico. La scelta giusta. E il giusto qui produce bellezza. Ma produce bellezza se si impone quel formidabile equilibrio che da una parte guarda alla partitura e al compositore, dall'altra al nesso profondo fra gli esecutori, e dall'altra ancora al pubblico, ai luoghi dell'ascolto, a chi governa le sale, a chi governa tout court. Diviso in tre sezioni (Occasioni, Conversazioni e un Epilogo), questo libro entra con severità e leggerezza di spirito nei temi che sono centrali per la cultura musicale contemporanea, non senza toccare la complessità di compositori che hanno segnato la carriera del Maestro, Mozart e Wagner; in chiusura, una riflessione su Giuseppe Verdi.
Nell'Iran degli ayatollah che hanno vietato la musica, un bambino di sei anni sogna di passeggiare felice nell'orangerie di un castello tedesco in compagnia di Johann Sebastian Bach. A sentirglielo ricordare, chiunque direbbe che è un predestinato. E in effetti, quel bambino oggi ha trentasei anni, ha studiato al conservatorio in Italia, vive in Germania e si chiama Ramin Bahrami. È cioè uno dei più talentuosi pianisti sulla scena internazionale e tra i maggiori interpreti contemporanei di Bach: le sue incisioni discografiche, dall'"Arte della fuga" alle "Variazioni Goldberg", hanno sorprendentemente scalato le classifiche mondiali dei dischi più venduti. In questo libro Bahrami per la prima volta si racconta e i suoi ricordi fluiscono sciolti, a partire dall'infanzia, prima dorata e poi drammaticamente segnata dalle vicissitudini famigliari legate alla salita al potere di Khomeini e alla guerra Iran-Iraq. In un paese in fiamme, Ramin bambino assiste sgomento all'arresto del padre, e trema sotto le bombe e i razzi che cadono su Teheran. Ma ha un suo modo pervincere la paura che gli attanaglia l'anima: suona. E suona Bach. Scopre così che quella musica rappresenta per lui un'ancora di salvezza, uno scudo contro la follia e l'orrore che lo circondano. Poi un giorno ascolta Glenn Gould eseguire la Toccata della Sesta partita in mi minore del suo idolo. È una folgorazione, che farà nascere in lui la volontà di dedicarsi anima e corpo alla musica di Bach.
Il Povolâr Ensemble è un gruppo musicale nato nel 1977 dall'incontro di Giorgio Ferigo con Francesco Vigato, Fiammetta Bagno e Toni Zogno. Da allora, in oltre dieci anni di attività, ha portato avanti in maniera esemplare e innovativa un'indagine poetica e musicale sulle lacerazioni, i costumi, le contraddizioni e i sogni di una piccolissima comunità, la Carnia. Questa edizione antologica delle canzoni del Povolâr Ensemble raccoglie le tre storiche incisioni del gruppo - 'Il timp das radîs' (1980), 'Cjamp dai pierdûts amôrs' (1983) e 'Notgrops' (1987) - con l'aggiunta di un quarto cd che presenta per la prima volta il 'live' registrato a Tolmezzo nel 1988. Vengono riproposte inoltre tutte le canzoni e tutti i testi, anche quelli inediti o mai musicati, e ancora ci sono foto, documenti e immagini che a volte raccontano più delle parole.
Il CD contiene brani della tradizione ebraica, islamica e cristiana eseguite dall'Ensemble Tre Volte Dio (Kudsi Erguner, Giovannangelo De Gennaro e Jeanette Yehoudian). Il libro raccoglie le riflessioni di Fratel MichaelDavide ispirate dalle musiche. Se l'ascesi della trascendenza è saper rientrare in se stessi toccando le profondità della propria interiorità, essa comporta anche il saper entrare in contatto con il mondo che ci circonda non per usarne, ma per parteciparne in pienezza. Curatore del progetto è Michele Lobaccaro.
La storia della lirica romanza coincide con la storia stessa della poesia dei trovatori e si estende su un arco temporale di poco più di due secoli, dalla fine del secolo XI agli ultimi anni del Duecento. Il volume traccia un profilo completo del genere lirico nel medioevo romanzo toccando la questione delle origini, delle fonti, dello stile e del pubblico, esaminandone i tipi principali (la "canso", il sirventese, la canzone di crociata, il lamento funebre, la pastorella) e analizzando la produzione delle diverse aree culturali in cui il genere si diffuse (Francia, Provenza, penisola iberica).
"In genere scrivo così e non sto a pensarci, ma quando spedisco è come una piccola parte di me che se ne va nelle mani di qualcuno lontano mille chilometri che si chiederà che diavolo sta succedendo." Alle emozioni - alla rabbia o alla gioia, a desideri e pensieri - John Lennon era solito reagire scrivendo. Autore di alcune tra le più belle canzoni di sempre, molto sappiamo della sua musica; qualcosa delle sue poesie. Oggi, sono state raccolte in volume le sue lettere private. Hunter Davies, autore dell'unica biografia autorizzata dei Beatles, ha rintracciato quasi trecento fra lettere e cartoline di John - a familiari, amanti, amici, ammiratori, estranei e perfino alla lavanderia - aiutato nell'impresa da parenti e amici del musicista, collezionisti privati di tutto il mondo, e con l'assistenza di Yoko Ono. Davies racconta la storia di ogni lettera, illustra il momento in cui fu scritta, fornisce lumi sul destinatario, spiega contenuti e contesto, forte di una ineguagliata conoscenza della materia. Le lettere sono ora tenere, ora istruttive, ora divertenti, irate e violente, ora semplicemente struggenti. Molte sono arricchite da disegni, scarabocchi e freddure di John. Dalla testimonianza più antica (un biglietto di ringraziamento per una zia risalente al 1951) all'ultimo autografo per una centralinista di New York l'8 dicembre 1980, il giorno in cui fu ucciso, queste lettere ripercorrono la storia straordinaria della vita di Lennon.
A cinquant'anni dall'uscita di "Love me do" - primo 45 giri dello storico quartetto di Liverpool -, i Beatles continuano a essere il simbolo di quel periodo di ribellione verso tutto ciò che era potere costituito, chiese incluse, che furono, e restano, gli anni Sessanta. A partire dalla trasformazione, tramite veri e propri riti collettivi, di quattro ragazzi qualsiasi in idoli, Peter Ciaccio, autore del "Vangelo secondo Harry Potter", propone con la consueta verve una rilettura degli aspetti "religiosi" del fenomeno Beatles. Con la lente dei dieci comandamenti, Ciaccio va in cerca dei punti di consonanza e dissonanza tra la vita e le opere dei Beatles e il nucleo fondante del messaggio cristiano, trovandoli in primis in quell'ideale di nuova umanità fondata sull'amore e in quel "vangelo" laico, illuminista e umanista che volevano migliorare almeno un po' la sad song di un mondo ingiusto e violento.
Doc Ebersole vive con il fantasma di Hank Williams, non solo in senso figurato, non solo perché è stata una delle ultime persone a vedere ancora vivo il leggendario musicista country, e non solo perché circolano un sacco di voci secondo le quali sarebbe stato lui a fornire ad Hank la dose finale di morfina che lo ha ucciso. Nel 1963, dieci anni dopo la morte di Hank, lo stesso Doc è devastato dalla dipendenza. Da quando gli è stata levata la licenza di esercitare il mestiere di dottore, vive in una squallida camera d'affitto nel quartiere a luci rosse nella periferia di San Antonio, Texas, dove esegue aborti e ricuce ferite ora da armi da fuoco ora da lame di vario tipo. Ma quando Graciela, una giovane immigrante messicana, fa la sua comparsa per farsi aiutare dal dottore, cominciano a verificarsi cose che hanno del miracoloso. Graciela ha una ferita al polso che non si vuole rimarginare, eppure è proprio lei che è capace di curare gli altri semplicemente col tocco delle sue mani. Chiunque la incontri finisce per essere trasformato in meglio, eccezion fatta per il rabbioso fantasma di Hank, al quale proprio non piace vedere Doc cavarsela bene. "Non uscirò mai vivo da questo mondo" è una vera e propria ballata di rimorso e redenzione che racconta come ricreare noi stessi e il nostro mondo grazie al più insignificante dei miracoli.
Salvatore Accardo è uno dei più famosi violinisti al mondo, nonché direttore d'orchestra. Vero talento musicale (anche se non si considera tale), prende in mano il violino per la prima volta nel 1944, a tre anni, quando il padre, un miniaturista di Torre del Greco, gliene regala uno mignon, e d'istinto suona "Lili Marleen". Dopo aver imparato a leggere la musica, grazie a un amico di famiglia che suonava la fisarmonica ai matrimoni, viene affidato agli insegnamenti (privati) di Luigi D'Ambrosio e nel 1952 finalmente ammesso, a soli undici anni, al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dove si diploma suonando tutti e ventiquattro i "Capricci" di Paganini. Inizia così la sua folgorante carriera, che lo porterà in giro per il mondo, offrendogli l'opportunità di incontrare i maggiori musicisti di ogni Paese. I suoi amici si chiamano Riccardo Muti, Claudio Abbado, Zubin Mehta, David Oistrakh e Astor Piazzolla. Ma anche Renzo Piano, Roberto Benigni, Gianpiero Boniperti, Dino Zoff, Alex Del Piero e Fabrizio De André. Il suo repertorio è davvero vastissimo, anche se Paganini ha segnato - e, in qualche modo, persino condizionato - la sua intera vita professionale. Accardo si racconta per la prima volta in queste pagine, svelando episodi inediti, per esempio che da giovane è stato un promettente portiere di calcio e che giocava di nascosto dal padre che lo voleva, appunto, violinista. O passioni segrete, come quella per i film di un altro napoletano d'eccezione: Totò.
"Non al denaro non all'amore né al cielo" è sicuramente uno dei dischi più rappresentativi della carriera di Fabrizio De Andrè, oltre a essere stato un pilastro culturale per un'intera generazione, quella nata dai moti studenteschi del '68, e un valido riferimento a quella letteratura americana che in Italia era arrivata tardi a causa del proibizionismo fascista. Fabrizio De Andrè, infatti, creò uno dei migliori album degli anni Settanta proprio musicando alcune poesie di Edgar Lee Masters. In questo libro, con un'analisi compiuta brano per brano, l'autore cerca di sottolineare similitudini e divergenze tra le due opere.
C'è chi prende tutto sul serio, anche le cose comiche. C'è chi si domanda chi è e dove va. C'è chi suona, chi canta e chi si distrugge di alcol e sostanze varie. C'è chi si ritiene vecchio a 30 anni e chi rinasce a 75. Sono le rockstar: guadagnano miliardi, vengono adorate da ragazzi di ogni estrazione sociale e spesso finiscono con il non sapere più chi sono e cosa stanno facendo. Circa trent'anni di interviste, recensioni, concerti, festival, incontri e reportage dal mondo del rock, e poi ancora rap e blues, country: è il contenuto di questo libro scritto da un cronista che nel corso della sua professione ha incontrato, e raccontato, alcuni abitanti del pianeta musicale, fra i quali Pink Floyd e Francesco Guccini, Eric Clapton e Giovanni Lindo Ferretti, Eagles e Giorgio Gaber, Metallica e Antonello Venditti, Vasco Rossi e Bob Dylan, e molti altri. Walter Gatti non si limita però a comporre una rassegna (per altro ricca di informazioni e curiosità inedite) di personaggi e storie, piuttosto descrive l'evoluzione culturale del fenomeno "rock" e ne propone un'interpretazione cristiana che sorprenderà parecchi lettori. In questo genere musicale, infatti, le pulsioni autodistruttive di tanti suoi protagonisti e i meccanismi alienanti del mercato e del business si intrecciano spesso con una aspirazione spirituale, che ha portato moltissimi musicisti a dichiarare che è Gesù il loro più autentico punto di riferimento. Prefazione di Andrea Monda. Postfazione di Giuseppe Frangi.
Marco Spaggiari è il cantante - chitarrista della band Controtempo, per la quale è anche autore dei testi e compositore dei brani. La svolta professionale avviene nel 2009, quando gli attori Terence Hill e Bud Spencer abbracciano il progetto del gruppo per la profonda condivisione dei valori umani e artistici che ne stanno alla base. Da allora la band, oltre che a lavorare nei canali convenzionali di concerti, radio e tv, è impegnata anche ad incontrare i giovani nelle scuole, negli oratori, nei centri di aggregazione, attraverso dibattiti e concerti.
Parole per crederci. Le canzoni e un approfondimento - guida offrono un percorso di ricerca sul senso della vita, spunti di formazione per migliorare la fiducia in se stessi e prendere sul serio i propri sogni e desideri.