L'8 settembre 2022, a pochi mesi dalle celebrazioni per il Giubileo di Platino, si è spenta a novantasei anni tra le mura del castello di Balmoral in Scozia Elisabetta II, l'ultima grande regina. Perché «l'ultima»? Perché dopo di lei verranno tre re. Perché nessun monarca britannico ha regnato più a lungo. E perché ci ha accompagnato dal primo dopoguerra fino alla rivoluzione digitale, diventando una presenza costante per almeno tre generazioni, non soltanto nella vita dei propri sudditi ma del mondo intero. Eppure, in oltre settant'anni sul trono, Elisabetta II non ha concesso una sola intervista, ha pronunciato rari discorsi pubblici e non ha mai preso una vera decisione nelle scelte del Regno Unito. Nonostante fiumi di articoli, libri e film sul suo conto, ora che è scomparsa rimane il mistero di chi fosse davvero l'ultima grande testa coronata del nostro tempo: cosa le faceva battere il cuore, in che cosa credeva, per quale motivo ci affascinava tanto. Enrico Franceschini, che l'ha incontrata tre volte di persona e l'ha seguita per vent'anni come giornalista a Londra, racconta in queste pagine l'erede diventata sovrana per caso, la principessa salita una sera su un albero per ridiscenderne il mattino dopo nei panni di regina, i quattro matrimoni e il funerale che hanno segnato la sua monarchia. L'autore ricostruisce i tre ritratti che ne hanno rivelato l'anima, i soldi che spendeva e gli introiti che fruttava la sua «Ditta», i suoi viaggi e i suoi incontri con i grandi della Terra, il rapporto con l'amato Filippo, con il figlio Carlo, ora diventato re, con i nipoti e, non ultimo, con Diana, Camilla, Kate, Meghan, cosa la faceva ridere, arrabbiare e addolorare, il suo amore per i cavalli e gli adorati corgi. Una nuova biografia che ripercorre la vita di Elisabetta II fino agli ultimi istanti, per celebrare uno dei personaggi più significativi del ventesimo e del ventunesimo secolo. Una regina come nessun'altra
La vita di Gramsci prigioniero del fascismo fu tormentata dall'angoscia e dai sospetti: l'angoscia per essere stato "messo da parte" politicamente e "dimenticato" anche dalla moglie; i sospetti che Togliatti e il Pcd'I ne sabotassero la liberazione. Nella sua condizione Gramsci vede riflessi i drammi della "grande storia" ed elabora una revisione profonda dei fondamenti del bolscevismo: la concezione della politica e dello Stato, l'analisi della situazione mondiale, la teoria delle crisi e la dottrina della guerra. Nei "Quaderni del carcere" si sedimenta così un nuovo pensiero col quale si riprometteva di dare battaglia, una volta libero, per mutare gli indirizzi del movimento comunista. Al tempo stesso, attraverso l'epistolario ne comunica i capisaldi a Togliatti, proseguendo il duro confronto che li aveva divisi alla vigilia del suo arresto. È un "capolavoro" di comunicazione in codice che contempla atti di ribellione contro la sconfessione della sua politica e aspre denunce per la sua mancata liberazione. Sullo sfondo, la lotta eroica per non cedere ai ricatti di Mussolini e difendere condizioni minime di sopravvivenza. Collocati nella storia, si sciolgono gli enigmi che hanno scandito per lunghi anni gli studi gramsciani, originati dalla scissione fra la sua vita e il suo pensiero.