Per la prima volta insieme, tutti gli scritti che Umberto Eco ha dedicato alla televisione: al suo linguaggio, alle forme di comunicazione che mette in gioco, alle tecnologie che le sostengono, all’immaginario che produce, ai suoi esiti culturali, estetici, etici, educativi e, soprattutto, politici. Una raccolta che, pubblicando anche scritti difficilmente reperibili, copre un arco di tempo che va dal 1956, anno in cui in Italia vengono messe in onda le prime trasmissioni, al 2015, periodo in cui il mezzo televisivo non può più essere considerato come dominante nella produzione e nella trasformazione della cultura social. Dalla ripresa diretta dei primi anni, alla tv-verità e ai reality show degli ultimi anni, da Corrado al Grande fratello, da Mike Bongiorno a Derrick, le riflessioni di Eco denunciano con costante attenzione le strategie televisive nel quadro di una critica inesausta contro i vari populismi mediatici, che è sempre stata la cifra dello sguardo di Eco sui media.
Crisi delle ideologie, crisi dei partiti, individualismo sfrenato... Questo è l'ambiente - ben noto - in cui ci muoviamo: una società liquida, dove non sempre è facile trovare una stella polare (anche se è facile trovare tante stelle e stellette). Di questa società troviamo qui i volti più familiari: le maschere della politica, le ossessioni mediatiche di visibilità che tutti (o quasi) sembriamo condividere, la vita simbiotica coi nostri telefonini, la mala educazione. E naturalmente molto altro, che Umberto Eco ha raccontato regolarmente nelle sue Bustine di Minerva. È una società, la società liquida, in cui il non senso sembra talora prendere il sopravvento sulla razionalità, con irripetibili effetti comici certo, ma con conseguenze non propriamente rassicuranti. Confusione, sconnessione, profluvi di parole, spesso troppo tangenti ai luoghi comuni. "Pape Satàn, pape Satàn aleppe", diceva Dante nell'"Inferno"(VII, 1), tra meraviglia, dolore, ira, minaccia, e forse ironia.
Gli scritti di questo libro sono apparsi tra inizio 2000 e fine 2005, negli anni dell'11 settembre, delle guerre in Afghanistan e in Iraq, dell'instaurazione in Italia di un regime di populismo mediatico. Leggendoli ci si accorge che sin dalla fine dello scorso millennio si sono verificati drammatici passi all'indietro. Dopo la caduta del Muro di Berlino si erano dovuti riesumare gli atlanti del 1914, e da tempo le nostre famiglie ospitavano di nuovo servi di colore, come in "Via col vento". A poco a poco col videoregistratore si è passati dalla televisione al cinematografo, con Internet e le pay-tv Meucci l'ha avuta vinta su Marconi (telegrafia con i fili) e ora l'i-Pod ha reinventato la radio. Terminata la Guerra Fredda, abbiamo avuto con Afghanistan e Iraq il ritorno della Guerra Calda; riesumando il Grande Gioco kiplinghiano, si è tornati allo scontro tra Islam e Cristianità, compresi gli Assassini suicidi del Veglio della Montagna, e al grido di "mamma li turchi!" È risorto il fantasma del Pericolo Giallo, è stata riaperta la polemica antidarwiniana del XIX secolo, abbiamo di nuovo l'antisemitismo e i fascisti (per quanto molto post, ma alcuni sono ancora gli stessi) al governo, si è riaperto il contenzioso post-cavouriano tra Chiesa e Stato. Sembra quasi che la Storia, affannata per i balzi fatti nei due millenni precedenti, si riavvoltoli su se stessa, marciando velocemente a passo di gambero!