"Come si può proporre di dedicare una strada o una targa a un condannato in via definitiva per numerosi reati, morto latitante all'estero?". Nell'anno del ventesimo anniversario della morte dell'ex presidente del Consiglio, un libro che dà pronte risposte a quesiti antichi, che dice le parole giuste a chi le ha scordate, che fa ritrovare la memoria a chi non accetti di farsi travolgere da una valanga di conformismo e smemoratezza Bettino Craxi, segretario del Partito socialista italiano dal 1976 al 1993 e presidente del Consiglio dei ministri dal 1983 al 1987, è morto ad Hammamet, in Tunisia, il 19 gennaio 2000. Dopo vent'anni è stato ricordato con un pellegrinaggio sulla sua tomba, alcuni libri agiografici, un film molto discusso e vari tentativi (per ora falliti) di dedicargli una via o addirittura una piazza a Milano, la sua città. Secondo i suoi sostenitori, Craxi sarebbe un politico di rango, che ha difeso l'autonomia internazionale dell'Italia e l'ha fatta diventare la quinta potenza del mondo. Un eroe che ha raccolto denaro soltanto per il partito e ha avuto il coraggio di ammettere il sistema dei finanziamenti illegali. Ma i fatti, le testimonianze e le verità ricostruite nei processi raccontano un'altra storia. Craxi è stato condannato con sentenze definitive a cinque anni e sei mesi per corruzione (nel processo Eni-Sai) e a quattro anni e sei mesi per finanziamento illecito (per le tangenti di Metropolitana milanese). L'inchiesta di Mani pulite non è stata un golpe giudiziario, una manovra politica o un complotto internazionale. La verità processuale dell'imperfetta giustizia degli uomini è l'unica a cui possiamo attenerci. Gianni Barbacetto, documenti alla mano, mette in chiaro le falsità che sono state dette e scritte, cercando di riportare la discussione su una base reale e ricostruendo, passo dopo passo, come in un drammatico e trascinante racconto giallo, un incredibile caso di negazionismo e di rimozione collettiva.
Tra il 1969 e il 1984 in Italia sono avvenute otto stragi politiche dalle caratteristiche simili, che hanno causato centocinquanta morti e oltre seicento feriti. Per tutte gli esecutori sono stati cercati nei gruppi dell'estrema destra; in tutte sono scattate solide protezioni per i responsabili da parte di organismi dello Stato; tutte sono rimaste per molti anni senza spiegazioni ufficiali, senza colpevoli, senza mandanti. Uguale sorte hanno avuto le indagini, rallentate e depistate, su alcune organizzazioni segrete: dalla loggia P2 a Gladio. Oggi siamo ancora al punto di partenza: dopo gli anni dell'orrore e dell'indignazione, e dopo il fallimento quasi completo della via giudiziaria, quelle stragi sono state ridotte a occasione per meste cerimonie di commemorazione. Con questo libro Gianni Barbacetto, giornalista d'inchiesta, getta luce su eventi tra i più oscuri della nostra Repubblica e, sebbene non ci sia la parola «colpevole» accanto ai nomi e cognomi elencati nelle sentenze, sottolinea come le vicende siano ormai chiare, le responsabilità accertate, il disegno svelato. E raccontare un dovere per non perderne memoria.
"Mani pulite, vent'anni dopo". Altro che storia passata, questo libro racconta l'Italia dell'illegalità permanente. Un documento storico che rimarrà per sempre sul tradimento della politica. La cronaca di fatti e misfatti parte da Milano, 17 febbraio 1992, arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio: il primo tangentomane che fa tremare l'impero, a due mesi dalle elezioni. Saranno elezioni terremoto, quelle del 1992, stravinte dal partito degli astenuti (17,4 per cento) e dalla Lega nord. Intanto la Prima Repubblica va in galera ed è ancora solo superficie. Falcone e Borsellino trucidati a Palermo (e nel 2012 molti processi ancora aperti sulle stragi). Un anno dopo la corruzione è ormai un fatto nazionale, nessun partito escluso (70 procure al lavoro, 12.000 persone coinvolte per fatti di tangenti, circa 5000 arresti). "L'Italia sta risorgendo", saluta così l'anno nuovo il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Peccato che sia il 1994, l'anno di Silvio Berlusconi e dell'inizio della restaurazione. Scatta l'operazione Salvaladri, con gli imputati che mettono sotto accusa i magistrati. È il mondo alla rovescia e gli italiani assistono allo spettacolo. Alcuni protestano, molti si abituano e finiscono per crederci. Poi gli anni dell'Ulivo, della Bicamerale e dell'inciucio centro-destra-centrosinistra, che produce una miriade di leggi contro la giustizia. Prefazione di Piercamillo Davigo.
C'è una lunga stagione della storia italiana in cui forze sotterranee e occulte si sono di volta in volta incrociate, sommate o scontrate con le forze visibili della politica, dell'economia, della società in una guerra segreta tra l'Occidente e il blocco comunista. Una guerra a bassa intensità, non ortodossa, non convenzionale, che però ha provocato tantissime vittime e ha inquinato per sempre la vita della nostra Repubblica. Oggi questa guerra è finita, ma la verità resta indicibile. E i processi - piazza Fontana, piazza della Loggia, Italicus, Gladio, P2 - si chiudono e si riaprono, senza quasi mai poter accertare in via definitiva i colpevoli. Due generazioni di magistrati si sono spesi a cercare la verità. Sono sempre stati fermati poco prima di svelarla. Eppure, le loro inchieste e le loro sentenze hanno dimostrato che, senza l'intervento dei servizi e le coperture internazionali, non una delle stragi italiane sarebbe stata commessa e, se commessa, non sarebbe potuta rimanere impunita. E che solo guardandole tutte insieme se ne può capire il senso. Perché il Grande Vecchio altro non è che un sistema di poteri. Nel quadro della guerra fredda e della sovranità limitata dell'Italia, alla legalità ufficiale si è sostituita una "legalità" sotterranea con regole inconfessabili che, al di là degli obiettivi iniziali, è cresciuta a dismisura: l'eversione di Stato ha nutrito la corruzione politica e si è saldata con la criminalità organizzata.
Quindici anni dopo il biennio magico di Mani Pulite, l'Italia delle mani sporche ha perfezionato i metodi per rendersi più invisibile e invulnerabile. Prima sotto accusa erano i politici e il mondo industriale. Ora le parti sembrano invertite: sotto accusa sono soprattutto i magistrati. Ecco che cosa è successo negli ultimi anni, dal 2001 al 2007. Dal governo del cavalier Berlusconi e dell'ingegner Castelli a quello del professor Prodi e del ras di Ceppaloni, Mastella. La musica non cambia: è tutta colpa dei magistrati. Quei pochi che resistono, combattono da soli, spesso abbandonati dallo stesso Csm, vessati dalla stampa, criticati dalle altre istituzioni. Le leggi vergogna varate da Berlusconi dovevano essere subito smantellate dal centro sinistra. Invece sono ancora in vigore. A quelle se ne sono aggiunte altre come l'indulto per svuotare le carceri (di nuovo piene), le intercettazioni e il bavaglio alla stampa, l'ordinamento giudiziario Mastella: tutto in barba alle promesse elettorali dell'Unione. Prima era necessario corrompere, ora i soldi i partiti se li danno da soli, il controllato e il controllore sono sempre la stessa persona.