Il volume raccoglie, a cura di Nunzio Bombaci, gli scritti cristologia di Ferdinand Ebner, un protagonista - insieme a Franz Rosenzweig e Martin Buber - del "pensiero dialogico". L'originalità del filosofo austriaco consegue dalla sua conversione al cristianesimo: la "realtà di Cristo" è via dialogica per eccellenza, autentica relazione tra l'uomo e la trascendenza. Il Logos si alimenta nella Parola dei Vangeli e, viceversa, la fede vissuta si riflette in una cristologia radicale. Ecco perché questi scritti - originariamente apparsi tra il 1920 e il 1922 sulla rivista «Der Brenner», cui collaborarono, fra gli altri, Georg Trakl, Theodor Haecker e Carl Dallago - sono significativi per far luce sull'intera opera ebneriana.
Con lo scritto del 1916 qui per la prima volta tradotto in italiano - e definito da Martin Buber uno spaccato del tempo in cui ha avuto luogo la chiarificazione del principio dialogico - Eugen Rosenstock-Huessy ha inteso contribuire al rinnovamento della psicologia del primo Novecento. Se essa, imbevuta di materialismo o di idealismo, si interessa dell'anima soltanto nel suo rapporto con il corpo o con lo spirito, Rosenstock pone l'accento sull'anima umana come principio vitale in riferimento all'uomo singolo. Quest'opera sollecita la psicologia a prendere coscienza dei suoi presupposti, dei suoi metodi di indagine e dei suoi limiti, ma assume un notevole rilievo soprattutto per il pensiero filosofico: invita la filosofia a costituirsi anche come sapere dell'anima.
L'amore e la percezione dei valori (1936), qui per la prima volta presentato in italiano, è da considerarsi, tra gli scritti filosofici di Joaquín Xirau, il nucleo programmatico della sua filosofia dell'amore. Un pensiero fenomenologico, sviluppato nell'opera maggiore "Amor y mundo" (1940), che ha le sue coordinate nel legame fra essere e valore: il vero presupposto della conoscenza è la coscienza amorosa, via d'accesso al reale cui corrisponde l'autentica vocazione filosofica. Se a emergere in primo piano è la fedeltà alla realtà, questa si rende presente e comprensibile proprio nella dimensione spirituale dell'amore.
Nel genere dell'epistolario si rivela l'intensità argomentativa dei grandi pensatori. Qui due maestri della filosofia come 'dialogo' - Rosenzweig e Buber - mettono a nudo l'intima corrispondenza come esercizio filosofico. Un esercizio all'insegna dell'amicizia e della reciproca discepolanza: aver cura delle proprie radici ed essere l'uno maestro dell'altro, nel solco della tradizione di Israele, significa anche essere condiscepoli nell'avventura di una nuova traduzione tedesca della Bibbia ebraica - che Buber dovrà continuare da solo dopo la scomparsa dell'amico. Il dialogo è talmente 'vivo' da dissolvere lo schema che concatena una missiva con la sua risposta: sfugge ai nostri occhi fino a oscurarsi il rapporto io-tu, ma pure se invisibile rivela il profondo intreccio con l'Alterità: "Perché, come potrebbero essere i gomitoli aggrovigliati l'uno all'altro, se quell'altra Mano non li avesse legati insieme per una estremità'". Le lettere si inanellano in una ideale conversazione che riproduce le pause e le accelerazioni, la condivisione e il dissenso concettuale, l'armonia e le fratture di cui si alimenta il legame dell'amicizia.