Fin dalla sua strutturazione in senso scientifico, l'antropologia intreccia un dialogo proficuo con la letteratura, dai primi episodi ottocenteschi fino al Novecento e oltre, quando le strade delle due discipline convergono in una collaborazione pienamente consapevole. Il dato antropologico, infatti, si presta al coinvolgimento letterario in più di una direzione: dal racconto odeporico, documentaristico o narrativo, al reportage coloniale o post-coloniale; dalla scoperta degli archivi etnografici allo sviluppo addirittura di un fantafolk, che rimanda nel nome all'uso di suggestioni folkloriche nella costruzione di trame fantastiche. Vi sono poi il racconto del periferico, diventato necessità di fronte al livellamento iden-titario causato dalla globalizzazione; il romanzo globalista, che proietta storie locali sullo sfondo di uno scenario mondiale; il noir, il thriller e il romanzo di investigazione, con gli spunti umbratili offerti loro da una criminologia ispiratrice di narrazioni avvincenti. Si giunge infine ai territori del po-stumano, dove anche la fantascienza e le distopie si innervano di richiami antropologici, declinati in sottogeneri tanto inquietanti quanto suggestivi. "Letteratura e antropologia. Generi, forme e immaginari" raccoglie gli Atti del XXI Convegno Internazionale della MOD, che si è svolto all'Università degli Studi del Molise dal 13 al 15 giugno 2019.
"Una lunghissima tradizione interpretativa propone di accostare i testi letterari da una prospettiva di tipo storico, declinata sulla base delle categorie hegeliane e successivamente rimodulata sui fenomeni della modernità novecentesca. La crisi della storia - come crisi del rapporto causa-effetto o come sfiducia nel concetto di evoluzione positivista - ha indebolito l'idea di progresso, a partire soprattutto dagli ultimi decenni del secolo scorso, quando gran parte delle strutture ideologiche, politiche, economiche e culturali hanno mostrato limiti e inadeguatezze. Ciò potrebbe aver favorito un cambio di sguardo nello studio dei testi - dalla verticalità della storia all'orizzontalità della geografia, dalla linearità del tempo alla circolarità dello spazio -, maturato sulla base della necessità di cercare e trovare nuovi parametri per decodificare un autore o un'opera."
Appartato e visionario, apostolo della speranza e cronista di private apocalissi, per la poesia italiana del secolo scorso Elio Fiore non ha solamente rappresentato un irripetibile e sorprendente caso letterario. La sua è stata semmai una presenza viva e coraggiosa, una testimonianza di instancabile fedeltà al mistero della parola e dell'esistenza. A ottant'anni dalla nascita dell'autore, questo volume curato dall'italianista Silvia Cavalli presenta l'intera produzione in versi di Fiore, riordinando in maniera sistematica le molte opere già edite e offrendo una ricca selezione di testi rari o del tutto inediti, a partire dalla raccolta Quaderno greco, che il poeta aveva licenziato poco prima della sua morte nell'estate del 2002. Insieme con l'attenzione di lettori esigenti (da Cesare Cavalleri ai cardinali Carlo Maria Martini e Gianfranco Ravasi, da Carlo Bo e Italo Alighiero Chiusano a Guido Ceronetti), Fiore ha saputo conquistare l'amicizia e la stima di numerosi poeti e artisti, in un lungo elenco che comprende tra gli altri i nomi di Sibilla Aleramo, Camillo Sbarbaro, Mario Luzi, Liliana Cavani, Rafael Alberti e, su tutti, Giuseppe Ungaretti, suo maestro riconosciuto. Ora questa voce, straordinaria per intensità di ispirazione e generosità del canto, torna a levarsi con nitida urgenza, in un libro destinato a costituire un punto fermo per la conoscenza e lo studio di questo autore.