Ambientato in un Italia ottocentesca in parte fantastica, in parte reale, le avventure di Fabrizio del Dongo si snodano in una serie di incontri e peripezie al termine dei quali si trova il luogo del silenzio, lo spazio simbolico dell'isolamento e della rinuncia: la Certosa di Parma.
"Bartleby lo scrivano", apparso nel 1853, tra i più bei racconti dell'epoca moderna, parla di un comico scrivano che rivendica l'ozio e il silenzio, contro tutte le pressioni dell'utilitarismo americano. Imitato, meditato e tradotto da alcuni dei massimi scrittori contemporanei, come Borges, Beckett, Michel Leiris, Georges Perec, Italo Calvino (che intendeva dedicargli l'ultima delle sue "Lezioni americane"), è anche una parabola sul lavoro di scrivere destinata a sconvolgere molte idee. La traduzione di Gianni Celati ce lo restituisce in tutta la sua freschezza, con una umoristica adesione ai tic di Bartleby (per esempio la sua celebre frase: "Avrei preferenza di no"). Inoltre Celati presenta un suo studio sull'esilarante scrivano, la versione delle lettere di Melville nel burrascoso periodo di passaggio da "Moby Dick" a "Bartleby" e un elenco ragionato delle varie interpretazioni del racconto.