Nel 381, minato nel fisico e nello spirito, Gregorio Nazianzeno fa ritorno nella natia Cappadocia, lasciando la cattedra episcopale di Costantinopoli. Qualche tempo dopo affida l'acre risentimento per la sconfitta patita ai versi rivolti A se stesso qui raccolti, tradotti e commentati. La sua scrittura, modernissima per alcuni tratti, si frange di continuo, giustapponendo i piani temporali del passato, del presente e del destino ultimo dell'uomo, e alterna nostalgici flashback autobiografici, aspre invettive contro il clero contemporaneo, bollato come ignorante e corrotto, e grida di supplica a Cristo. Traspare da queste poesie l'inquietum cor del personaggio, sempre sospeso tra l'amaro pessimismo della ragione e le certezze luminose della fede, tra le esigenze di una vita sobriamente contemplativa e le urgenze di una Chiesa militante e impegnata. Un messaggio remoto, ma di singolare attualità.
Il Meridiano si propone di mettere in rilievo la figura esemplare di uno studioso convinto che ai testi ci si debba accostare per interrogarli e per goderne, comunque rispettandoli, e che non debbano essere utilizzati per altri fini. La ricca autoantologia, strutturata in dodici sezioni, raccoglie per ciascuna delle "aree di curiosità" i saggi che rappresentano i vertici dell'attività di Segre nelle diverse discipline: si va così dalle motivazioni per cui segre dall'originaria vocazione di un critico stilistico si sia spostato su posizioni di tipo strutturalistico-semiologico, ai suoi studi sul Medioevo, ai problemi della filologia, a studi su stile e sintassi dei prosatori italiani, all'analisi delle fonti, alla dinamica delle varianti d'autore, allo studio della linea espressionistica sulla scia di Contini, ai "mondi altri", ai meccanismi della narrazione smontati grazie all'approccio semiologico, all'arte, per concludere con il rapporto tra etica e letteratura. L'introduzione è firmata dal critico Gianluigi Beccaria.