Rivolgendosi non solo ai dotti e ai religiosi, ma al pubblico più vasto degli uomini civilmente impegnati e assetati di sapere, nei primissimi anni del Trecento Dante scrive profeticamente in lingua volgare, con intento divulgativo, di argomenti "alti", solitamente trattati in latino: della scienza e della filosofia come via alla realizzazione dell'uomo, e perciò della sua felicità, e della nobiltà come conquista, intellettuale e morale, del singolo individuo. La lingua volgare, qui non solo impiegata ma elogiata come nuovo mezzo espressivo, diventerà materia di studio analitico nel trattato De vulgari eloquentia, cui Dante lavora negli stessi anni.
Composto da due cicli di poesie - in vita e in morte di Laura, la donna amata dal poeta - il "Canzoniere" non canta la storia di una passione, ma piuttosto quella di un'anima inquieta, dalla psicologia fragile, perennemente tesa tra l'ideale e la realtà. È il sommesso, controllato colloquio del poeta con se stesso, mirabilmente scandito e intrecciato da ricorrenti motivi, come lo smarrimento tra sogno e realtà, l'angoscia della solitudine o la sua ricerca, le effuse preghiere, le struggenti antinomie del suo animo.