I "Saggi" di Montaigne non sono un breviario di saggezza ben temperata, un prontuario di morale salutifera, ma lo specchio delle paure e delle difese di un essere che si scopre frammentario e diversificato. È infatti Montaigne stesso il soggetto di questo libro: soggetto mutevole, di cui appunto non l'essere si può descrivere, ma solo il passaggio, e un passaggio "di giorno in giorno, di minuto in minuto", adattando la descrizione al momento. Con alcuni secoli di anticipo sulle ricerche della psicologia, Montaigne sperimenta come la personalità sia un aggregato provvisorio, incomprensibile e affascinante, di soggetti istantanei, un mosaico di io che variano secondo le contingenze. Non per nulla i "Saggi" sono un'opera in divenire, in continua trasformazione. I due libri consegnati al tipografo per la prima volta nel 1580 (e ristampati con alcune aggiunte nel 1582), nella successiva edizione del 1588 si trovano accresciuti d'un terzo libro, non solo, ma intarsiati di più di seicento addizioni: via via che l'io muta - senza peraltro rinnegare la sua forma precedente - l'opera, sosia dell'io, dovrà mimarne le metamorfosi. In edizione tascabile la nuova traduzione di Fausta Garavini, condotta sul testo stabilito da André Tournon e con un ricco apparato di commento, che fanno di questo volume un contributoper apprezzare la modernità della scrittura dei "Saggi".
II Meridiano propone un'ampia scelta di narrativa breve e lunga, a partire da "Itinerario di Paolina" del 1937, "ricordi di una donna che rievocava, in terza persona, la sua infanzia e la sua adolescenza". Tra i romanzi, il più famoso è "Artemisia" (1947), che ripercorre la vita della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, "una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale". Anche gli altri romanzi presentati sono ciascuno una perla: "Il bastardo" (1953), una "storia di famiglia", espressione di una società "intimamente logorata"; "Noi credevamo" (1967), ispirato alle vicende del nonno rivoluzionario calabrese; "La camicia bruciata" (1973), in cui la Banti colloquia con Marguerite d'Orléans; "Un grido lacerante" (1981), pagine scritte a dieci anni dalla scomparsa di Longhi, compagno di una vita. Inframmezzati ai romanzi, in ordine cronologico, sono collocati i racconti, tratti da raccolte che spesso già nel titolo dicono l'appartenenza alla "rivoluzione" femminile e il profondo interesse dell'autrice per le "epoche di profonda crisi".
I "Saggi" di Montaigne non sono un breviario di saggezza ben temperata, un prontuario di morale salutifera, ma lo specchio delle paure e delle difese di un essere che si scopre frammentario e diversificato. È infatti Montaigne stesso il soggetto di questo libro: soggetto mutevole, di cui appunto non l'essere si può descrivere, ma solo il passaggio, e un passaggio "di giorno in giorno, di minuto in minuto", adattando la descrizione al momento. Con alcuni secoli di anticipo sulle ricerche della psicologia, Montaigne sperimenta come la personalità sia un aggregato provvisorio, incomprensibile e affascinante, di soggetti istantanei, un mosaico di io che variano secondo le contingenze. Non per nulla i Saggi sono un'opera in divenire, in continua trasformazione. I due libri consegnati al tipografo per la prima volta nel 1580 (e ristampati con alcune aggiunte nel 1582), nella successiva edizione del 1588 si trovano accresciuti d'un terzo libro, non solo, ma intarsiati di più di seicento addizioni: via via che l'io muta - senza peraltro rinnegare la sua forma precedente - l'opera, sosia dell'io, dovrà mimarne le metamorfosi. Il testo stabilito da André Tournon sull'Esemplare di Bordeaux (corredato da un completo apparato di varianti) e la nuova traduzione di Fausta Garavini fanno di questa edizione un contributo fondamentale agli studi su Montaigne.