Il volume costituisce la prosecuzione di Pace o guerra? La stampa cattolica nelle diocesi piemontesi: 1914-1915, uscito nell'ottobre del 2017 in questa stessa collana. L'arco cronologico preso in esame va dal 24 maggio 1915 all'appello sturziano ai "liberi e forti" del 19 gennaio 1919. Un periodo di grandi trasformazioni e tensioni che inciderà sui decenni successivi in Italia e in Europa. Al centro della ricerca il mondo cattolico e la sua stampa nella fase in cui lo Stato invade le realtà locali in misura massiccia e senza precedenti. I saggi qui confluiti mettono in luce come la stampa cattolica, anche quella minore, sia protesa a difendere le peculiarità del proprio universo politico-religioso lottando con tenacia contro i suoi avversari: socialisti, nazionalisti, massoni e anticlericali di ogni specie.
Tra i tanti studi sulla Prima guerra mondiale, questo volume si caratterizza per alcune peculiarità. Analizza in modo specifico la stampa e quindi la formazione dell'opinione pubblica. Studia il mondo cattolico che, attraverso un processo per nulla scontato e unilineare, proprio nel corso di quel conflitto compie il suo inserimento definitivo nello Stato, dopo la lunga fase di opposizione alla classe dirigente nazionale e alle istituzioni nazionali.Si sofferma su una regione, il Piemonte, che diede un alto contributo di uomini e di caduti nel corso della guerra e da cui tradizionalmente provenivano gli alti gradi dell'esercito. Una realtà territoriale nella quale l'influenza del clero e della Chiesa era profonda, dove facevano da contrappunto importanti centri di precoce industrializzazione come Torino, Alessandria, Biella, caratterizzati dalla presenza di un proletariato pugnace e combattivo.
"Era possibile, secondo Passerai, leggere un'altra storia dello storicismo, o, per meglio dire, la storia di un altro storicismo, intrecciato con il primo, ma connotato, in virtù delle sue radici cristiane attinte consapevolmente o inconsapevolmente, da un invalicabile "senso del limite" della conoscenza storica, da un vivo "senso di quell'immenso e continuo atto di coscienza e di volontà, che è il cammino dell'uomo nella storia". Si trattava del solo storicismo capace di sottrarre irrevocabilmente la libertà dell'uomo nella storia ad ogni sorta di "tirannia teologica": non solo, dunque, a quella, già menzionata, di un Dio concepito come un ente "esteriore", ma anche alla non meno oppressiva tirannia esercitata da leggi concepite come immanenti nella storia, ma dipendenti da logiche sovrastanti e totalizzanti dettate dalla Ragione o dalla Natura o dallo Spirito. Era all'interno di un siffatto storicismo cristiano - ma laico, perché strutturalmente disposto al dialogo - che Passerin individuava lo scenario concettuale e valoriale più pertinente alla propria sensibilità di storico e credente, facendone risalire le origini a Giambattista Vico (da cui peraltro erano scaturite, a suo dire, ambedue le tendenze storicistiche) e identificandone le manifestazioni a lui più congeniali in personaggi come Manzoni, Newman, Sturzo." (dall'Introduzione di Francesco Traniello)