Alfredo Jaar distribuisce macchine fotografiche usa-e-getta ai residenti della zona più povera di Caracas, e le foto scattate sono esposte come mostra inaugurale del museo locale; Lucy Orta tiene laboratori a Johannesburg per insegnare a persone disoccupate nuove abilità sartoriali e discutere di solidarietà collettiva; Superflex apre una TV sul Web per i residenti anziani di un’area di edilizia popolare di Liverpool; Annika Eriksson invita gruppi e individui a comunicare le loro idee e abilità alla fiera d’arte “Frieze”; Vik Muniz fonda una scuola d’arte per i ragazzi delle favelas di Rio [...] Questi progetti sono solo alcuni degli esempi della crescita dell’interesse artistico per la partecipazione e per la collaborazione, che si è manifestata a partire dai primi anni Novanta in una miriade di luoghi in tutto il mondo.
Quest’esteso campo di pratiche che si svolgono fuori dallo studio dell’artista è attualmente indicato con una varietà di termini: arte impegnata socialmente, arte incentrata sulla comunità, comunità sperimentali, arte dialogica, arte litorale, arte interventista, arte partecipativa, arte collaborativa, arte contestuale e (più di recente) pratica sociale. Ci riferiremo a questa tendenza come “arte partecipativa”.