Datate tra il 180 e il 210, le Sentenze di Sesto sono la gnomologia più antica e più lunga del cristianesimo greco. Provenienti dall'ambiente alessandrino e in numero di 451 massime, godettero in Oriente di una popolarità tanto grande da suonare come musica agli orecchi dei molti cristiani (Origene). L'autore, Sesto, è un cristiano forse alessandrino di vasta cultura greca e le Sentenze esprimono la sua poliedrica personalità. Attingendo alle fonti sapienziali di tutto il bacino mediterraneo, egli riplasma soprattutto materiale di tradizione pitagorica, ma anche giudaico-cristiana, e perfino latina.
Questo dettagliato Commento all'Ecclesiaste, attribuito per lungo tempo a San Gregorio Agrigentino, nella recente edizione critica del 2007 è presentato come dello PseudoGregorio di Agrigento. Negli anni immediatamente successivi, la ricerca filologica ha permesso di identificare come suo autore Metrofane (912 ca.), metropolita di Smirne, già noto come uno degli avversari di Fozio. Nonostante l'evo bizantino inoltrato, Metrofane continua la tradizione esegetica dell'Ecclesiaste che risale a Origene e interpreta il testo sapienziale come «libro della fisica», ovvero libro della conoscenza della natura, per la cui meditazione l'uomo può liberamente determinarsi per il suo bene. Nel commento ai primi versetti dell'Ecclesiaste, Metrofane scrive che questo libro sapienziale tratta «dell'ordine e dello stato di quasi tutti gli enti e fenomeni della natura e inoltre anche della bontà o della malvagità della facoltà volitiva degli uomini». Il Commento deve dunque essere valutato come un logos unitario, dove le singole sentenze dell'Ecclesiaste non soltanto sono commentate dettagliatamente attraverso equivalenze sintattiche, ma sono anche inserite nella trama di un disegno d'insieme circa la fisica. Il testo dell'Ecclesiaste diviene, in tal modo, un discorso epidittico sulla fisica cristiana, un discorso che però a volte s'invola in considerazioni più prettamente teologiche o - come preferisce l'autore - «mistiche».