La doppia valenza del termine "potere" come possibilità di azione propria degli esseri umani e come forza posseduta da alcuni su altri è già di per sé indice della ricchezza del concetto scandagliato in queste pagine. Si profila una differenza tra il potere come possibilità di agire e come forza regolatrice della società: se il primo appartiene all'ordine della creazione e quindi è attuazione dell'umano, il secondo è introdotto quale mezzo necessario a sanare una condizione prodotta dal peccato. Da qui il paradosso del potere: necessario, ma fonte di seduzione demoniaca, tanto da essere stato oggetto di tentazione per lo stesso Gesù nel deserto. Riconducendo le possibilità del potere al loro limite sia nativo sia indotto dalla condizione storica, è possibile far luce su questa tematica qui colta da diverse prospettive: antropologica ed etica, teologico-politica, ecclesiastica. Vengono illustrate le valenze del potere come verbo e mostrati le radici e il fine antropologici del potere, le virtù di chi lo esercita e il suo fondamento a partire dalle forme di "resistenza" che lo rendono possibile. Si riflette poi sulla concezione della regalità quale manifestazione del potere divino, sulla pertinenza della derivazione teologica del potere, sul significato delle preghiere liturgiche in occasione delle incoronazioni medioevali. A uno studio del pensiero di Ricoeur sul potere, segue un'analisi del senso ecclesiale degli strumenti canonici...
Liquidato alcuni decenni fa dalla teologia sull'onda della "demitizzazione" (Bultmann), il diavolo sembra essersi preso la rivincita: si moltiplicano gli esorcisti, si diffondono i riti satanici e gli scritti (pseudo)scientifici sull'argomento. Si tratta semplicemente di un ritorno del mito e quindi dell'espressione di una mentalità primitiva incompatibile con l'attuale visione del mondo? È la domanda che sta al fondo di questo fascicolo, che intende prendere sul serio il concetto di diavolo; fare ciò significa interrogarsi sul senso del male, della sua origine e della sua personificazione: non in Dio, non nell'uomo, ma in un essere misterioso. I contributi qui raccolti prendono le mosse dal racconto primitivo (Gen 3), proprio per andare oltre le interpretazioni letterali del testo sacro e le rappresentazioni ingenue o fantastiche della figura del diavolo. In questo senso le prime due riflessioni sono "fondanti": tentano di mostrare se e come il diavolo possa essere ancora ritenuto tema teologico e in che modo, dal punto di vista filosofico, il diavolo si possa dire "persona". Si passa quindi all'esegesi biblica: studiando il significato dell'invidia del diavolo come causa della morte degli umani (Sap 2,23-24) e la parabola del seminatore (Lc 8,4-15), si mostra in che modo il diavolo sia all'opera. Vengono poi esaminate alcune opere di teologia fondamentale per verificare in che modo i racconti delle tentazioni di Gesù siano al centro della sua predicazione.