Attraverso un'ampia selezione di immagini tratte dal lavoro monumentale Imperium romanum di Alfred Seiland, il volume propone un grande ideale viaggio transcontinentale, toccando siti archeologici emblematici come Roma, Palmira, Samaria o Epidauro, in 40 paesi. L'artista austriaco ha viaggiato nei territori in cui si estendeva l'impero romano, dalla Siria alla Scozia e oltre, fermando sulla pellicola le diverse sfumature di interazione tra uomo e rovine. Il progetto artistico illustra, con fotografie talvolta iperrealiste e pop, talvolta simboliste e minimal, l'inestricabile e vitale rapporto tra le antichità romane e i luoghi della modernità. Le rovine romane emergono così in tutta chiarezza come il grande patrimonio comune di un'identità visiva europea, una sorta di minimo comune denominatore dell'arte moderna e dell'architettura contemporanea, la prima forma di globalizzazione dello sguardo. Attraverso le pagine del volume, il lettore è accompagnato a scoprire le trasformazioni delle città e del paesaggio: l'occhio del fotografo ne esalta il riuso talvolta consapevole talvolta casuale, e ironizza sul surreale dialogo tra le antiche glorie monumentali e i moderni tessuti urbanistici. Non è facile tradurre in scatti quello che può essere il significato dell'antico - o meglio delle rovine antiche - per la società contemporanea. Con questo progetto, costantemente in progress, Seiland è riuscito a far trasparire, nel mondo globalizzato, la traccia del senso di comunità che l'Impero romano ha lasciato: dal reperto archeologico nel museo alle vestigia archeologiche nel paesaggio attuale. Dai suoi scatti emerge il nuovo significato del concetto di integrazione paneuropea che l'impero romano aveva avviato e realizzato per l'arco della sua durata e che le vicende storico-culturali dei vari paesi hanno modificato, distrutto e adeguato.