La mostra "Giovanni XXIII pellegrino a Loreto e Assisi", allestita nelle Cantine del Bramante del Palazzo Apostolico di Loreto, nei suggestivi spazi progettati dall'architetto del Rinascimento, è l'omaggio che la Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto offre alla memoria di Giovanni XXIII nel cinquantesimo del suo pellegrinaggio a Loreto e Assisi. Quel 4 ottobre 1962 papa Roncalli mosse col treno da Stazione San Pietro verso le Marche e l'Umbria per chiedere alla Madonna e a San Francesco la protezione sul Concilio che si sarebbe aperto da lì a pochi giorni. Era dal 1857, da quando Pio IX aveva compiuto il suo ultimo viaggio nelle terre pontificie, che un papa non usciva dal Lazio. L'intento della mostra è quello di ridare vita ai momenti salienti di quel viaggio-pellegrinaggio papale attraverso l'esposizione di oggetti liturgici, paramenti, foto, resoconti giornalistici, testimonianze, proiezione di filmati. Adeguato rilievo sarà dato alla figura di Giovanni XXIII, la cui personalità verrà riletta anche attraverso gli occhi di alcuni artisti che l'hanno scelto come soggetto per il loro creare.
"Tintoretto fu il pittore più chiacchierato del suo tempo. La sua maniera sperimentale di dipingere, la sua prestezza e prolificità, il suo carattere aggressivo e competitivo suscitarono fra i contemporanei reazioni vivaci, la cui eco è giunta fino a noi, grazie alle loro lettere, ai trattati e alle biografie scritte su di lui. Pietro Aretino arrivò a rimproverargli la sua 'tristizia e pazzia'. Ma questo maestro 'arrischiato' e spericolato, questo genio ghiribizzoso e anticonformista, 'il più terribile cervello che abbia avuto mai la pittura', fu anche un uomo straordinariamente reticente. Al fiorentino Raffaello Borghini che lo interrogò intorno al 1582, in vista della stesura della sua vita nel Riposo, tacque più di quanto svelò, e ciò che disse non era forse neppure vero. Però resta fondamentale, per capire come lui vedeva se stesso e come voleva essere ricordato. E cioè come un pittore dedito unicamente alla sua professione, che da solo, con lo studio accanito e la forza della volontà, si era conquistato la gloria. Quanti lo avevano conosciuto vollero però ricordarlo anche come un uomo libero - capace di rifiutare l'onorificenza di cavaliere dal re di Francia Enrico III, pur di non doversi inginocchiare davanti a lui, e di negare la figlia alle corti dei principi per il piacere di tenerla con sé." (Melania G. Mazzucco)
Pubblicato in occasione del quarto centenario della nascita di San Giuseppe da Copertino (1603-2003), il volume - che accompagna l'esposizione allestita nella suggestiva cornice del berniniano Braccio di Carlo Magno - intende presentare alcune delle più importanti rappresentazioni dello stato estatico di santi e sante nella pittura europea dei secoli XVII e XVIII. L'arte religiosa del Seicento e del Settecento non si limita a celebrare le virtù dei santi, ma esalta le immagini delle loro visioni e delle loro estasi. Si afferma che le immagini dell'estasi divennero una costante nell'arte controriformata e i maggiori santi del tempo furono sempre rappresentati "nei minuti eccezionali dell'estasi".