A vent'anni dalla rivoluzione iraniana (1978-79), che sollevò lo Scià e affidò il governo del paese all'ayatollah Khomeini, si rivela di straordinaria attualità la previsione di Michel Foucault. "L'Islam" aveva scritto allora il filosofo francese "rischia di costituire una gigantesca polveriera. Da ieri ogni stato musulmano può essere rivoluzionario dall'interno, a partire dalle sue tradizioni secolari". Foucault guardava all'Islam da un osservatorio privilegiato: era allora inviato speciale a Teheran per il Corriere della Sera, e questi suoi reportage testimoniano una partecipazione appassionata ed entusiasta agli avvenimenti. L'adesione al movimento che scuoteva l'Iran e che si sarebbe, con forme e vicende diverse, propagato in seguito a gran parte del Medio Oriente, fu propria a molti intellettuali dell'epoca. Oggi la stessa "profezia" è più spesso vissuta come una minaccia: sintomo della complessità del confronto con questo nuovo soggetto religioso e politico che, dopo la caduta dell'ordine mondiale bipolare, si propone come radicale alternativa alla visione del mondo propria dell'Occidente.