Un gruppo di singolari ed esperti alpinisti, certi dell'esistenza, in qualche parte del globo, di una montagna la cui vetta è più alta di tutte le vette, decide un giorno di partire da Parigi per tentare di scoprirla e di darne la scalata. Dopo una navigazione "non euclidea", a bordo di un'imbarcazione chiamata "l'Impossibile", gli esploratori approdano nell'isola-continente del "Monte Analogo", dove trovano una popolazione, dagli usi apparentemente stravaganti, che discende da uomini di tutti i tempi e che, come loro, vive ormai, soltanto, nella speranza di scalare la vetta. Un breve soggiorno nel villaggio di Porto-delle-Scimmie, e il gruppo dei nostri alpinisti intraprende l'ascensione, arrivando in vista del campo base. A questo punto il racconto s'interrompe: siamo soltanto all'inizio di un viaggio - che forse è sempre, continuamente, all'inizio - quando la morte coglie René Daumal, l'autore di questa storia, impedendogli di descrivere il seguito della scalata al monte simbolico che unisce la Terra al Cielo. Sotto le parvenze di un romanzo d'avventure, o di un racconto fantastico, "Il Monte Analogo", pubblicato postumo nel 1952, ci offre una "metafisica dell'alpinismo" che è, anche, un itinerario minuzioso, lentamente maturato nelle esperienze dell'autore, verso un centro, sentito come liberazione della persona da ogni suo limite, verso una vetta in cui, al disopra di ogni specifica contraddizione, ciascun uomo attui le proprie umane possibilità. Con la leggerezza propria del saggio, facendo uso nel racconto di storie, canzoni, deduzioni, miti e dimostrazioni, Daumal trasporta il lettore nel regno dell'analogia, dove niente è vero ma tutto è veridico, per un parallelismo tra realtà raggiunta e realtà raggiungibile attraverso un metodo (cioè: il "mettersi sulla via") che fa cadere i nostri schemi difensivi e ci porta a contemplare con occhi nuovi il nostro paesaggio interiore.
Il dialogo con l'India che soggiace a tutti gli scritti di René Daumal nasce quando a vent'anni decide di dedicarsi allo studio del sanscrito: ne scaturirà una personale "Grammatica sanscrita", assoluto capolavoro, che testimonia l'unicità e l'originalità della sua interpretazione del mondo indiano, da lui sempre restituito con la massima trasparenza. Il progressivo percorso di assimilazione e di penetrazione nella lingua e nelle dottrine indiane non è mai per Daumal un'operazione di semplice erudizione, ma un vero e proprio lavoro su di sé. I temi vengono sempre affrontati in funzione del «che fare» e del «come fare», e i trattati di poetica vanno intesi non solo in termini estetici, ma come ricerca del «corpo della poesia», per inseguire l'analogia fra «poema» e «uomo» in una cultura dove «le scienze del linguaggio risultano incluse fra i principali mezzi di liberazione». Le traduzioni e i saggi raccolti in questo volume - in gran parte inediti -, oltre a rendere comunicativi, quasi cantanti, testi ritenuti inaccessibili, forniscono una preziosa chiave per affrontare l'opera dello stesso Daumal. Il ventaglio delle traduzioni è estremamente ampio: dai più complessi inni del "Rgveda" alle Upanisad, alle "Leggi di Manu", alla "Bhagavadgita", fino alla più alta poesia e alla fiaba. «Lo stato di uomo è difficile da raggiungere in questo mondo» recita un verso dell'"Agnipurana" che Daumal trascrive e traduce più volte. E queste pagine inducono a pensare che Daumal vi sia riuscito.