
Conosciamo tutti Pitagora fin dai primi anni di scuola, quando abbiamo sentito pronunciare il suo nome davanti all'ipotenusa di un triangolo. Pochi sanno, però, che dietro quel nome si nasconde una figura a metà tra l'umano e il divino, perfetto esempio di amante della Sophía capace di superare i confini della sua epoca e proiettarsi nell'eternità. In un viaggio attraverso le testimonianze degli Antichi, in particolare Aristotele, Giamblico, Porfirio, Diogene Laerzio, Angelo Tonelli ci restituisce la figura affascinante ed enigmatica di un Sapiente che amava comunicare i suoi insegnamenti da dietro una tenda e che si dice avesse una coscia d'oro, a indicarne la parentela con la divinità. Per alcuni incarnazione di Apollo, per altri uomo ispirato dalle Muse, Pitagora si erge alle soglie del tempo come Maestro segreto, che della sua vita ascetica, delle sue pratiche catartiche e meditative e delle sue intuizioni intorno all'origine e alla struttura del cosmo ha fatto un insegnamento per gli iniziati alla sua Scuola e uno strumento per favorire lo sviluppo dell'umanità nei secoli a venire. Tonelli ci porta a scoprire i sotterranei legami tra l'Occidente e l'Oriente, l'ineliminabile esperienza del mistero che permette al "noûs" di accostarsi alla verità.
Composti verso la fine del II secolo dopo Cristo, gli Oracoli Caldaici sono attribuiti a Giuliano il Teurgo, figlio dell’altro Giuliano che, secondo Suidas, compose un’opera sui demoni. Poeta e sciamano dei misteri teurgici, in cui la figura del mántis-docheús (il nostro medium) coincide con quella del profétes, Giuliano comunica in frammenti oscuri e insieme luminosi, come si addice all’oracolo, un’esperienza visionaria individuale fiorita nell’ambito di un Erlebnis mistico e sapienziale collettivo. Gli Oracoli caldaici, che Proclo paragonava per importanza al Timeo di Platone, sono una raccolta di frammenti in cui un medium in trance parla con la voce del nume, e ne comunica la Sapienza che conduce gli umani oltre il velo delle apparenze, fino all’intuizione dell’Assoluto e al congiungimento con esso. Unica testimonianza diretta di una tradizione esoterica che associava metafisica e magia in un accordo inscindibile, gli oracoli consentono di guardare dietro le quinte di una esperienza mistica e iniziatica di grande densità immaginale, che viene comunicata in un linguaggio densamente poetico. È un viaggio verso l’Assoluto che sta alla radice di tutte le cose, o meglio ancora verso il Divino indicibile che si manifesta attraverso ipostasi e numi, che prendono nome di Padre, Ecate, Noüs, e la cui quintessenza brilla nell’animo dei teurghi, eredi della grande tradizione orfica e platonica, che trascendendo l’ego ordinario si ricongiungono con la propria natura divina originaria, in un dialogo serrato con gli dei e le dee del cosmo.
A Eleusi, il centro iniziatico maggiore di tutta la grecità, nel mese di Boedromione (il nostro settembre-ottobre) affluivano tutti coloro che avessero i requisiti necessari per ricevere l'iniziazione, ovvero avere "mani pure", non macchiate da delitto, e parlare la lingua greca. Sicuramente furono iniziati ai livelli più alti Sofocle, Eschilo, Pindaro, Platone. La suprema iniziazione, a cui si poteva accedere dopo avere fatto trascorrere un lungo periodo dalla partecipazione al rituale collettivo dei Grandi Misteri, dischiudeva all'esperienza diretta dell'"unità di tutte le cose" e della morte-rinascita, simboleggiata dalla spiga, che il mistero condivideva con Dioniso, il dio che muore e rinasce, come l'Osiride degli Egiziani. L'Orfismo introduce nella grecità una via ascetica e purificatoria, fondata sulla credenza nella reincarnazione, e nella necessità di un tragitto di progressiva liberazione dalla prigione della materia per ricongiungersi con la propria essenza divina. Le testimonianze consentono di ricostruirne le complesse e suggestive cosmoteogonie, e i miti fondamentali, tra cui la discesa agli Inferi di Orfeo alla ricerca della sposa Euridice e lo specchio di Dioniso, che rivela il mondo visibile come lampeggiamento transimmanente dello sguardo del dio su uno specchio.