Il post-classicismo è una tendenza trasversale dell'arte italiana. La animano alcuni tra i protagonisti dell'Arte Povera e della transavanguardia e solitarie personalità delle ultime generazioni. Sono artisti accomunati da precise intenzioni poetiche: il desiderio di radicare le loro opere in regioni lontane, il bisogno di riaffermare il valore della memoria, la volontà di guardare indietro in modo originale. Sottraendosi alle mitologie del nuovo, distanti dai citazionismi postmodernisti e da vaghe riproposizioni anacronistiche, i post-classici scelgono di frequentare le stanze della storia dell'arte. Pur con sensibilità differenti, pensano la loro pratica come un gesto fondato non sul creare dal niente, ma sul "ritrovare". In particolare, tornano ad attraversare i luoghi della classicità, intesa come archivio di icone e di categorie senza tempo: da reinventare, oltre ogni nostalgia. Non meta, ma "strumento" per misurarsi con i disorientamenti del presente. Patrimonio da rimodulare con disinvoltura. Spazio che può alimentare ansie e inquietudini. Territorio da sottoporre a infinite e continue riscritture, in un gioco di celebrazioni e di profanazioni. Costellazione che, per dirla con Italo Calvino, tende a relegare l'attualità al rango di un rumore di fondo di cui non si può fare a meno.
"Il 15 maggio uscirà il primo numero di una rivista" scrive Giorgio de Chirico a Carrà nell'aprile del 1918. E precisa: "Sarà una rivista seria". Una rivista, va aggiunto, che segnerà le sorti dell'arte italiana e la farà conoscere in tutta Europa. A "Valori plastici", che prenderà avvio nel novembre, Savinio collaborerà con un gruppo di testi temerari, qui radunati per la prima volta. Basti pensare alla figura di artista che campeggia in "Arte = Idee moderne", quell'"amico della conoscenza" pronto a evadere dalla "torre d'avorio e di bestialità" e a penetrare in ogni dominio sociale, quel "mago moderno" (incarnato da Giorgio de Chirico) capace di giungere al di là dell'oggetto e di mettere a nudo "l'anatomia metafisica del dramma", giacché l'intuizione del mondo esterno non è solo "sensoria" ma soprattutto "cerebrale ". Il volume raduna per la prima volta i contributi pubblicati da Savinio su "Valori plastici" fra il 1918 e il 1921, ed è accompagnato da un saggio di Giuseppe Montesano.