Data di pubblicazione: Gennaio 2015
DISPONIBILE : NON AL MOMENTO
€ 15,00
"Bisogna porsi al servizio del prossimo e cercare di capire. Gli africani ci vedono come bianchi, stranieri, dominatori. Per questo, prima di tutto, bisogna conquistare l'uguaglianza. E, come missionari, diventare testimoni di Cristo e porsi come cristiani fra altri che non lo sono. Oggi soltanto attraverso la condivisione e il comportamento si può mostrare il Cristo, non con le parole. Queste sono come il vento, se non c'è un'esperienza profonda da trasmettere.
Siamo andati in alcuni villaggi. La gente è molto gentile. Voglio arrivare ad essere loro amica come se fossero miei confratelli. Ma devo decidere di fare un taglio con una vita troppo facile, con un posto di superiorità. Devo provare e vedere, sono sicura che è bene fare questo. Spero che questa sia la volontà di Dio ed Egli mi mostrerà come fare per realizzarla" (dal diario, 13 gennaio 1976).
Alcisa Zotta (Castello Tesino, Trento, 1934 - Camerun 1996) era una bambina che portava al pascolo le mucche. Era tenace e intelligente, e ha voluto studiare, prima in Gran Bretagna e poi in Francia, per capire le ingiustizie del mondo e poter insegnare ai poveri. Con viaggi avventurosi, quasi pionieristici, attraverso il Medio Oriente e il Sahara. Prima destinazione, l'Alto Volta (poi Burkina Faso).
La storia emozionante di una credente che anticipava il vento nuovo del Concilio, che - evangelicamente impaziente - scriveva al papa e che, dalla parte delle donne africane, ha scoperto il senso della sua esistenza. Donna tra le donne. Per l'emancipazione e la parità. Fino alla morte in un incidente stradale, in Camerun, su un camion che la portava verso la sua nuova missione in Repubblica Centrafricana. La sua nuova giovinezza, a 62 anni, con le donne e con il popolo del cuore nero d'Africa.
"Noi familiari, dopo la tragica morte di Alcisa, troviamo nella soffitta della nostra abitazione il suo diario. Quaderni di scuola, scritti a mano e numerati, con annotazioni quasi quotidiane e con grafia veloce, nervosa, non sempre di facile decifrazione. La lingua usata è l'inglese, imparato negli anni di puericultrice a Londra (1958-1961). Il diario ne traccia il profilo più autentico"
"Bisogna porsi al servizio del prossimo e cercare di capire. Gli africani ci vedono come bianchi, stranieri, dominatori. Per questo, prima di tutto, bisogna conquistare l'uguaglianza. E, come missionari, diventare testimoni di Cristo e porsi come cristiani fra altri che non lo sono. Oggi soltanto attraverso la condivisione e il comportamento si può mostrare il Cristo, non con le parole. Queste sono come il vento, se non c'è un'esperienza profonda da trasmettere.
Siamo andati in alcuni villaggi. La gente è molto gentile. Voglio arrivare ad essere loro amica come se fossero miei confratelli. Ma devo decidere di fare un taglio con una vita troppo facile, con un posto di superiorità. Devo provare e vedere, sono sicura che è bene fare questo. Spero che questa sia la volontà di Dio ed Egli mi mostrerà come fare per realizzarla" (dal diario, 13 gennaio 1976).
Alcisa Zotta (Castello Tesino, Trento, 1934 - Camerun 1996) era una bambina che portava al pascolo le mucche. Era tenace e intelligente, e ha voluto studiare, prima in Gran Bretagna e poi in Francia, per capire le ingiustizie del mondo e poter insegnare ai poveri. Con viaggi avventurosi, quasi pionieristici, attraverso il Medio Oriente e il Sahara. Prima destinazione, l'Alto Volta (poi Burkina Faso).
La storia emozionante di una credente che anticipava il vento nuovo del Concilio, che - evangelicamente impaziente - scriveva al papa e che, dalla parte delle donne africane, ha scoperto il senso della sua esistenza. Donna tra le donne. Per l'emancipazione e la parità. Fino alla morte in un incidente stradale, in Camerun, su un camion che la portava verso la sua nuova missione in Repubblica Centrafricana. La sua nuova giovinezza, a 62 anni, con le donne e con il popolo del cuore nero d'Africa.
"Noi familiari, dopo la tragica morte di Alcisa, troviamo nella soffitta della nostra abitazione il suo diario. Quaderni di scuola, scritti a mano e numerati, con annotazioni quasi quotidiane e con grafia veloce, nervosa, non sempre di facile decifrazione. La lingua usata è l'inglese, imparato negli anni di puericultrice a Londra (1958-1961). Il diario ne traccia il profilo più autentico"