"Quelli delle ong ti uccideranno!", si è sentito dire l'autore. Ma lui non è d'accordo. Ritiene che siano invece le ong, con la loro strategia sempre più appiattita sulla ricerca di fondi, ad andare verso il suicidio. Denuncia quindi, tra il saggio e il racconto, le ipocrisie dell'attuale cooperazione non governativa. Ma, soprattutto, formula una proposta di rilancio, consapevole che volontari internazionali possiamo essere tutti, anche rimanendo a casa. Occorre però rispolverare molti valori messi da parte troppo in fretta perché considerati obsoleti. E ci vuole l'umiltà di farsi aiutare dagli africani, che quei valori hanno saputo conservarli meglio. Solo così riusciremo a uscire dalla situazione di sottosviluppo dell'armonia in cui ci siamo cacciati. Una prospettiva ribaltata, dunque: smettiamola di giocare ai soccorritori buoni, e riconosciamo di avere anche noi bisogno degli altri. Pronti a scoprire con gioia che quanti ci sembravano soltanto "poveri" possono invece rivelarsi "diversamente ricchi". A loro va lasciato lo spazio economico per accedere a una vita meno disagiata, mentre noi dobbiamo recuperare una quotidianità meno ansiogena. Vivere con armonia il presente, rivalutando quanto di buono è emerso nel passato, è il miglior modo per guardare con fiducia al futuro. È questo il senso di "Ripartire da ieri".
Una riflessione sul diavolo sotto vari punti di vista: dal problema antropologico del male, con le sue spiegazioni mitiche, all'analisi delle rappresentazioni del diavolo nella tradizione biblica e cristiana, fino al tema della demonizzazione dell'altro. Principale chiave di lettura è il concetto di rappresentazione sociale, strumento di codificazione simbolica dell'esperienza del male e del negativo, essenziale per la definizione dell'immaginario collettivo delle società e del loro linguaggio comune. L'opera di decostruzione di questo libro non entra nel merito delle credenze religiose sul diavolo in quanto essere personale e soprannaturale; essa si situa nel campo delle scienze antropologiche e sociologiche, e della lettura comparata delle religioni. Mostra in questo modo quanto i meccanismi di "demonizzazione" siano attivi anche ai giorni nostri. Lo provano xenofobia, omofobia, teorie del complotto... "Il vero problema che si pone con l'invenzione del diavolo - conclude l'autore - è il rapporto con l'altro, il diverso. Credere nel diavolo, inventare i barbari, ha molti vantaggi: delimita frontiere, rafforza l'identità".
Cheikh Anta Diop (1923-1986) è, con Joseph Ki-Zerbo, il padre della storiografia africana. La sua ipotesi sulla civiltà egizia, radicalmente negroafricana e non bianca, entra nel dibattito della comunità scientifica solo nel 1974, a vent'anni dalla pubblicazione della sua tesi di dottorato che non gli era stato permesso di difendere alla Sorbona. In questo saggio appassionato, l'autore ci introduce all'anima poliedrica, alla mente interdisciplinare dell'insigne senegalese, fisico e chimico e al contempo linguista, storico e antropologo. Una ricerca rivoluzionaria, la sua, motivata da un intento preciso: a un continente che accede all'indipendenza - in un quadro possibilmente panafricanista - serve la fiducia in sé, possibile solo grazie alla conoscenza della propria storia, cultura e protagonismo anche nella scienza. Un obiettivo politico, dunque ma che Ela ci mostra essere sempre subalterno al rigore metodologico della ricerca scientifica. Cheikh Anta Diop rimane, anche nella provvisorietà di certe conclusioni, un faro per l'Africa che pensa