Quando Benedetto XVI venne eletto nell'aprile 2005 in molti parlarono di sorpresa. Ci si attendeva che accadesse qualcosa di inedito, ma nessuno riuscì allora a definire la qualità e la portata della sorpresa. Ogni cosa che Ratzinger diceva e faceva sorprendeva perché andava fuori dagli schemi pregiudiziali che avevano sempre accompagnato la sua figura di cardinale preposto a guardia della dottrina cattolica. Il suo pontificato, più lungo delle previsioni, si è rivelato più difficile e contrastato di quanto lui stesso poteva aspettarsi. In tutti i modi il papa ha cercato di disincagliare la barca di Pietro e rimetterla in piena navigazione. In parte è stato compreso, ma la sua predicazione dell'amore come rimedio al declino spirituale dei credenti cattolici e delle stesse istituzioni è rimasta per buona parte epidermica. Servirà nel prossimo futuro, forse. Intanto Benedetto XVI ha spinto in quella direzione ricorrendo all'ultima sorpresa: la rinuncia al pontificato, riaprendo in maniera imprevista ma significativa la stagione della responsabilità e della riforma per non ridurre la chiesa al puro ruolo amministrativo del patrimonio evangelico. Ora il pontificato di Benedetto, concluso in umiltà e mitezza è un lascito da ripensare seriamente per non cambiare direzione di marcia e facendo perdere alla Chiesa un'occasione di rinascita spirituale. Prefazione di Rosino Gibellini.