Quando Benedetto XVI venne eletto nell'aprile 2005 in molti parlarono di sorpresa. Ci si attendeva che accadesse qualcosa di inedito, ma nessuno riuscì allora a definire la qualità e la portata della sorpresa. Ogni cosa che Ratzinger diceva e faceva sorprendeva perché andava fuori dagli schemi pregiudiziali che avevano sempre accompagnato la sua figura di cardinale preposto a guardia della dottrina cattolica. Il suo pontificato, più lungo delle previsioni, si è rivelato più difficile e contrastato di quanto lui stesso poteva aspettarsi. In tutti i modi il papa ha cercato di disincagliare la barca di Pietro e rimetterla in piena navigazione. In parte è stato compreso, ma la sua predicazione dell'amore come rimedio al declino spirituale dei credenti cattolici e delle stesse istituzioni è rimasta per buona parte epidermica. Servirà nel prossimo futuro, forse. Intanto Benedetto XVI ha spinto in quella direzione ricorrendo all'ultima sorpresa: la rinuncia al pontificato, riaprendo in maniera imprevista ma significativa la stagione della responsabilità e della riforma per non ridurre la chiesa al puro ruolo amministrativo del patrimonio evangelico. Ora il pontificato di Benedetto, concluso in umiltà e mitezza è un lascito da ripensare seriamente per non cambiare direzione di marcia e facendo perdere alla Chiesa un'occasione di rinascita spirituale. Prefazione di Rosino Gibellini.
Se i "Quaderni dal carcere" di Antonio Gramsci sono tra le opere più lette e tradotte nel mondo, "L'albero del riccio" è ormai tra i classici della letteratura per l'infanzia. Arrestato al suo rientro in Italia da Mosca, dove si era sposato e aveva avuto due figli, Delio e Giuliano, il grande intellettuale comunista mantenne un legame sempre vivo con la famiglia. Questo libro, scritto da Gramsci nel carcere di Turi tra il 1929 e il 1935, raccoglie le lettere ai due figli - che non rivedrà più - nelle quali racconta "favole vere", storie di briganti e di animali, della sua infanzia e della sua isola, la Sardegna. Un testo nel quale la dimensione intima del pensatore sardo, il suo voler essere padre nonostante la lontananza forzata, non è mai disgiunta dall'impegno civile e da quella militanza politica alla quale sacrificò la propria esistenza.
Bombe, attentati, proliferazione nucleare, persecuzioni delle minoranze etniche, religiose e sessuali. Il Pakistan è "un alleato fondamentale dell'Occidente nella guerra al terrorismo" ma anche il paese nel quale si nascondono con successo da oltre dieci anni i capi supremi del terrorismo islamico internazionale - Osama bin Laden, Ayman Al Zawahiri, il mullah Omar. I doppi e tripli giochi dei suoi servizi segreti - e dei loro superiori in divisa e in borghese - sono ormai un segreto di Pulcinella ma fermarli sembra impossibile. O possibile solo al prezzo della dissoluzione di questo paese abitato da centinaia di milioni di persone, che si trova in una posizione strategica cruciale ai confini del "buco nero" afghano, all'ingresso orientale del Golfo Persico, a metà strada tra Cina e India, le superpotenze emergenti dell'Asia: un'apocalisse che tutti vorrebbero evitare ma che è inesorabilmente cominciata.
Edito nel 1870, prima della presa di Porta Pia, il romanzo è un'opera fortemente anticlericale scritta dall'eroe dei due mondi dopo il fallimento dell'insurrezione romana del 1867. Il libro prende spunto dalla vicenda immaginaria di una popolana romana, Clelia, che un alto prelato vorrebbe concupire per descrivere la Roma papalina, una città - secondo il generale nella quale dominano l'oscurantismo, il despotismo e la turpitudine di preti e monsignori. Un racconto a tinte forti pubblicato per cercare di convincere la casa reale a completare l'unificazione d'Italia, anche se l'anticlericalismo che traspira da ogni pagina è vero e profondo in Garibaldi, come dimostra il suo testamento (pubblicato in appendice). Se la prima parte del racconto è di fantasia, la seconda è quasi un resoconto giornalistico degli avvenimenti del 1867, dall'attentato alla caserma Serristori il 22 ottobre che causò la morte di 23 zuavi pontifici, al sacrificio dei fratelli Cairoli fino all'occupazione di Monterotondo da parte dei volontari guidati dallo stesso Garibaldi e alla loro sconfitta, nella battaglia di Mentana, il 3 novembre. Un libro-testimonianza di uno dei massimi protagonisti del Risorgimento italiano e della nascita dell'Italia moderna.
In occasione del centenario della fondazione della FNSI i giornalisti italiani riflettono sul doloroso percorso per la conquista della libertà di stampa. Questo libro propone una riflessione sull'insegnamento e sulla figura di Giovanni Amendola, morto per i postumi di pestaggi fascisti, e ripropone la discussione svolta a Montecatini nel maggio 2005 attorno agli stretti legami fra liberalismo e democrazia.