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«Sherlock Holmes è il poliziotto protestante che trova il bandolo di una matassa criminale partendo dall'esterno, basandosi sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull'induzione. Padre Brown è il prete cattolico che, attraverso le raffinate esperienze psicologiche date dalla confessione e dal lavorio di casistica morale dei padri, pur senza trascurare la scienza e l'esperienza, ma basandosi specialmente sulla deduzione e sull'introspezione, batte Sherlock Holmes in pieno.» (Antonio Gramsci)
"I Quaderni costituiscono un classico del pensiero politico del Novecento. Gramsci fu un uomo politico e nella politica è da cercare l'unità della sua opera. Anche negli anni del carcere fascista, che ne logorò irrimediabilmente la fibra e ne spense prematuramente la vita, Gramsci fu "un combattente politico", un grande italiano e un riformatore europeo. Nel movimento comunista egli fu l'iniziatore della critica più pregnante dello stalinismo e del marxismo sovietico. Ma il suo pensiero trascende l'orizzonte storico-politico del suo tempo e, quando più passano gli anni e le sue opere si diffondono in contesti culturali lontani da quello in cui furono originariamente concepite, tanto più la sua ricerca si afferma come un "crocevia" delle maggiori "questioni" del nostro tempo: i delemmi della modernità, la soggettività dei popoli, le prospettive dell'industrialismo, la crisi dello Stato-nazione, il fondamento morale della politica".
Quando queste "Lettere" apparvero per la prima volta nel 1947, l'emozione fu intensa. Tra gli altri, Benedetto Croce rilevava che "il libro appartiene anche chi è di altro o opposto partito politico", e affermava che "come uomo di pensiero Gramsci fu dei nostri, di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguata ai problemi del presente". Monumento umano e letterario, documento di un rovello intellettuale, di una esperienza culturale e politica vitale per la nostra cultura, le "Lettere" sono entrate a far parte della coscienza degli italiani. Prefazione di Michela Murgia.
Il volume propone due classici del pensiero meridionalista: Il Mezzogiorno e la politica italiana, discorso pronunciato da Luigi Sturzo nella Galleria Principe di Napoli il 18 gennaio 1923, e il saggio di Antonio Gramsci del 1926, scritto alla vigilia del suo arresto e noto col titolo "Alcuni temi della quistione meridionale". L'inconsueto accostamento dei due scritti nasce dalla volontà di mettere a confronto due visioni che costituiscono ancora oggi un punto di riferimento per chi voglia riflettere sulla questione meridionale. La visione geopolitica della questione meridionale e la concezione della politica come lotta per l'egemonia fanno di Sturzo e di Gramsci i due uomini politici più lungimiranti dell'Italia fra le due guerre. La comparazione tra i due scritti mostra sia le convergenze nell'analisi della società meridionale sia le divergenze nel prospettare le soluzioni politiche. Ad una lettura ravvicinata appare evidente l'attualità della loro lezione per chiunque affronti i problemi storici del meridionalismo e dell'unità d'Italia.
Se i "Quaderni dal carcere" di Antonio Gramsci sono tra le opere più lette e tradotte nel mondo, "L'albero del riccio" è ormai tra i classici della letteratura per l'infanzia. Arrestato al suo rientro in Italia da Mosca, dove si era sposato e aveva avuto due figli, Delio e Giuliano, il grande intellettuale comunista mantenne un legame sempre vivo con la famiglia. Questo libro, scritto da Gramsci nel carcere di Turi tra il 1929 e il 1935, raccoglie le lettere ai due figli - che non rivedrà più - nelle quali racconta "favole vere", storie di briganti e di animali, della sua infanzia e della sua isola, la Sardegna. Un testo nel quale la dimensione intima del pensatore sardo, il suo voler essere padre nonostante la lontananza forzata, non è mai disgiunta dall'impegno civile e da quella militanza politica alla quale sacrificò la propria esistenza.
"Quando discuti con un avversario prova a metterti nei suoi panni, lo comprenderai meglio... Ho seguito questo consiglio ma i panni dei miei avversari erano così sudici che ho concluso: è meglio essere ingiusto qualche volta che provare di nuovo questo schifo che fa svenire."
"In che modo, e a quali patti, le riflessioni di Antonio Gramsci sul processo storico di costituzione dello Stato italiano possono ancora essere lette e studiale come un libro di storia utile al nostro presente? Com'è possibile che un insieme di note sparse e disegnali, scritte ottantanni fa dalla cella di una prigione fascista da parte di un dirigente politico comunista, rappresentino tuttora uno dei contributi più vivi e originali al discorso pubblico sul nostro Risorgimento?"
Mentre si trovava in carcere, Gramsci tradusse 24 favole dei fratelli Grimm con l'intenzione di mandarle ai suoi nipoti, ma il regolamento carcerario glielo proibì. Raccolte in un volume, costituiscono ora un libro per tutti i bambini, ma anche per gli adulti che vogliano ritrovare nell'apparente semplicità di queste storie, che da secoli ci aiutano a crescere, la strada per districarsi in questo mondo, oggi più che mai "grande e terribile", come ebbe a definirlo proprio Gramsci. Età di lettura: da 7 anni.
Antonio Gramsci (Ales 1891-Roma 1937) è uno degli autori italiani più tradotti e studiati al mondo: il che testimonia l'attualità delle questioni cui dedicò le proprie analisi, ma anche l'originalità del suo pensiero e la forza della sua personalità. La sua parabola esistenziale tocca le principali tappe della storia della prima metà del Novecento, dalla Grande guerra al fascismo, dalla Rivoluzione bolscevica al "biennio rosso" in Italia: momenti cruciali che Gramsci visse in prima linea, coniugando l'impegno giornalistico, con l'azione politica, dalla giovanile adesione al Partito socialista al sostegno alle lotte di fabbrica sullo sfondo della Torino capitale industriale, fino alla fondazione del Partito comunista nel gennaio 1921. A dispetto di una detenzione durissima, Gramsci si impegnò in una eccezionale produzione teorica, che ci ha consegnato pagine tra le più illuminanti del pensiero di ogni tempo. I "Quaderni dal carcere", composti tra il 1929 e il 1935 e pubblicati postumi, rappresentano il lascito di un rivoluzionario che riflette non solo sulle ragioni delle sconfitta, ma altresì sulla possibilità di una diversa ipotesi rivoluzionaria "in Occidente" e della costruzione di un altro socialismo. La sua riscoperta internazionale dopo il crollo del Muro si spiega proprio in ragione della diversità del pensiero gramsciano da quello del "comunismo realizzato".