La raccolta di articoli e scritti "Popolarismo e fascismo" fu ultimata da Luigi Sturzo nel dicembre 1923; nel gennaio 1924 Gobetti annunciava il libro dicendo che il momento storico imponeva ai partiti "di organizzarsi e di rimanere fermi alle proprie idee, alle posizioni intransigenti, per creare i quadri della lotta politica di domani". Pubblicarlo nelle edizioni gobettiane significava per Sturzo far conoscere la storia, il pensiero e le battaglie dei popolari, utilizzando uno strumento editoriale in grado di penetrare in ambiti culturali e politici di tradizione liberale, laica, risorgimentale, democratica. Particolare rilievo ha il quarto capitolo, che riporta il discorso pronunciato al congresso di Torino il 12 aprile 1923 contro la umiliante collaborazione dei popolari al governo Mussolini. Ma, per le pressioni delle gerarchie vaticane, Sturzo dovette prima dimettersi da segretario del PPI e poi, nell'ottobre 1924, lasciare l'Italia per un lungo esilio.
"Pensiero antifascista", pubblicato da Gobetti nel marzo 1925, poco prima di "La libertà in Italia" dello stesso autore, raccoglie gli ultimi scritti della battaglia politica svolta in Italia da Luigi Sturzo. Suddiviso in tre sezioni, la prima (Battaglie ed indirizzi popolari di politica generale) è centrata sulle differenze fra popolarismo, clericalismo e fascismo, la seconda e la terza (Problemi speciali e Studi critici) sono ricche di approfondimenti su svariati temi: dalla questione meridionale al laburismo inglese, dai problemi amministrativi alla dilagante crisi morale. Il libro ha una rilevanza non solo per la ricostruzione dei nessi storici e dottrinari del popolarismo, ma è anche una riflessione sul senso profondo da dare alla libertà e alla democrazia, e sul rapporto indipensabile tra morale e politica.
Nel presente volume sono stati raccolti alcuni pensieri, tratti da sei tomi dell'opera di Luigi Sturzo "Politica di questi anni. Consensi e critiche". Tali pensieri sono stati ordinati alfabeticamente secondo l'argomento trattato e consentono di cogliere agevolmente quelli che per Sturzo costituivano i mali che affliggevano la vita politica Italiana.
"Questo libro è stato scritto da Luigi Sturzo, tranne il titolo, ma sono sicuro che lo avrebbe approvato. Contiene il testo di un suo intervento al Senato, di tre lettere e di 12 articoli scritti tra il 1946 e il 1959. Tutti riguardano la 'questione morale'. Ben 4 articoli hanno praticamente lo stesso titolo, che invita alla moralizzazione della vita pubblica, condizione che il sacerdote di Caltagirone riteneva indispensabile per la soluzione dei problemi politici, economici e sociali di qualsiasi Paese. Il libro ha l'obiettivo di ricordare una verità storica dimenticata e di ricordare una opportunità storica perduta. Entrambe possono essere utili ai lettori di oggi e soprattutto ai giovani, per fornire loro quei fondamenti di buona cultura necessari per alimentare la speranza di risanamento morale, politico ed economico dell'Italia. La verità storica dimenticata è che il gravissimo problema della 'questione morale' non fu sollevato per primo da Enrico Berlinguer all'inizio degli anni '80, bensì da Luigi Sturzo sul finire del 1946, poche settimane dopo il suo ritorno dall'esilio di 22 anni impostogli dal fascismo. E per tutti gli anni '50, sino al suo ultimo giorno di vita, egli combatté con grande forza, purtroppo invano, contro le tre 'malebestie' (lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico)." (Dalla prefazione di Giovanni Palladino). Postfazione di Marco Vitale.
Il volume propone due classici del pensiero meridionalista: Il Mezzogiorno e la politica italiana, discorso pronunciato da Luigi Sturzo nella Galleria Principe di Napoli il 18 gennaio 1923, e il saggio di Antonio Gramsci del 1926, scritto alla vigilia del suo arresto e noto col titolo "Alcuni temi della quistione meridionale". L'inconsueto accostamento dei due scritti nasce dalla volontà di mettere a confronto due visioni che costituiscono ancora oggi un punto di riferimento per chi voglia riflettere sulla questione meridionale. La visione geopolitica della questione meridionale e la concezione della politica come lotta per l'egemonia fanno di Sturzo e di Gramsci i due uomini politici più lungimiranti dell'Italia fra le due guerre. La comparazione tra i due scritti mostra sia le convergenze nell'analisi della società meridionale sia le divergenze nel prospettare le soluzioni politiche. Ad una lettura ravvicinata appare evidente l'attualità della loro lezione per chiunque affronti i problemi storici del meridionalismo e dell'unità d'Italia.
Questo modesto volume può essere inteso come un particolare contributo alla riscoperta del pensiero di Sturzo; particolare in quanto presenta soltanto un aspetto della teoria sociologica di Sturzo che, sembra, non sia stato mai affrontato in una pubblicazione specifica. Attraverso un'antologia ragionata, si cerca di presentare l'aspetto più originale, inquietante e controverso, si potrebbe dire perfino scomodo, della sua sociologia integrale; nozione a cui, peraltro, non ricorse mai nei suoi scritti. Sociologia integrale perché parte dal paradigma che l'esperienza del soprannaturale, tramite diverse espressioni religiose, fa parte integrante della realtà umana influendo sulla condizione sociale dell'uomo. In altri termini, il suo presupposto fondamentale è la tesi sulla storicizzazione del soprannaturale.
Che cosa è la moralità? Si può forse portare la legge morale nella vita sociale, applicarla alle relazioni internazionali? E ammettendo che vi trovi posto, questo posto sarà il primo? Quando c'è conflitto tra la legge morale e la politica forse che la legge morale non deve dire l'ultima parola? Ecco il problema". Dal pensiero di Sturzo emerge fortemente il concetto della necessità di limitare il potere politico e la sua etica, per opporvi il perseguimento del bene comune e la difesa del valore della persona. Tutto ciò è indispensabile per evitare la crisi della democrazia: la crisi dell'identità unitaria dello spinto collettivo e l'abbandono di una finalità etica dello Stato. Apre questa raccolta di scritti di Sturzo, curata da Cecilia Dau Novelli, il celebre appello "Ai liberi e forti", scritto all'indomani della Grande Guerra, in un momento di grave incertezza politica. Non fu - come ha scritto Gabriele De Rosa, un documento ideologico di partito che parlava ai soli militanti, né segui le logiche interne alla vecchia opposizione cattolica, ma piuttosto un documento nuovo che venne rivolto ai cittadini dello Stato italiano - anche se sulla carta ancora sudditi del Regno - che avevano consolidato il diritto di cittadinanza e di voto con il sangue versato nelle trincee del Carso.
I profondi mutamenti che investono la società italiana nel periodo post-unitario offrono un retroterra interessante in cui inquadrare le vicende e l'opera di quegli intellettuali, come Luigi Sturzo, che hanno inciso e vissuto con partecipazione un periodo della storia d'Italia ricco di trasformazioni ed incertezze. Il suo pensiero contribuisce al controverso dibattito sociologico nel periodo fascista, incentivando l'osservazione dei fenomeni sociali a partire da categorie analitiche proprie dell'umanesimo europeo. Tale contributo va rintracciato oltre che nei suoi scritti esplicitamente dedicati alla sociologia anche nei saggi e nei vibranti articoli volti a definire criticamente le dinamiche di relazione tra i soggetti attivi della società storicamente determinata. Lo stile asciutto ed incisivo che risuona nelle pagine di Sturzo mostra con sorprendente lucidità ed attualità vizi e virtù della società e della politica italiana. Tali indubbie capacità analitiche ed i nterpretative declinano la posizione sturziana come caratterizzata dalla forza delle idee che si uniscono, in modo ineludibile, all'azione.
La libertà in Italia fu uno dei tre libri di Luigi Sturzo editi da Piero Gobetti. Si tratta certamente delle opere più importanti composte dal fondatore del Partito Popolare e tra le più care all'autore. Piero Gobetti si era occupato per la prima volta in modo diffuso di Sturzo nel numero doppio della maggiore delle sue riviste, "La Rivoluzione Liberale", nel 1922. Gobetti ebbe modo di conoscere personalmente il segretario del Ppi a Torino il 20 dicembre 1922. La collaborazione iniziò solo più tardi, dopo le forzate dimissioni di Sturzo dalla segreteria del Partito Popolare. Ne La libertà in Italia Sturzo si premurava innanzi tutto di combattere la tesi di quanti ritenevano il fascismo un fenomeno tipicamente italiano e quindi non esportabile. Sbagliavano anche coloro che contro ogni evidenza dei fatti speravano ancora che il fascismo potesse avere il suo sbocco nella normalità costituzionale. Il volume è dunque un grande elogio della libertà: "Amo la libertà più della ricchezza; amo la libertà più dei piaceri; amo la libertà più del potere; amo la libertà più della vita". E concludeva: se la riconquista delle libertà costituzionali tarda a realizzarsi, "il nostro cuore ne soffrirà, ma la nostra speranza non verrà mai meno. La storia dei popoli non si scrive in un momento; ma è fatta di grandi sacrifici, di grandi attese, e di grandi lotte...".