Il secondo volume della Storia dell'Italia contemporanea ripercorre l'itinerario politico che nell'Ottocento definì il carattere del liberalismo italiano nel modificarsi degli scenari europei. Andrea Ciampani esplora il progressivo riconoscimento della patria nazionale, tra pressioni extraparlamentari e ricerca di rappresentanze politiche adeguate al Paese. Roma capitale, stabilità istituzionale e pareggio del bilancio furono le priorità che accompagnarono il dibattito sulla trasformazione dei partiti risorgimentali. Nei governi Depretis prese forma la sfida liberale di una nazionalizzazione inclusiva, con allargamento del suffragio elettorale, tentativi di riconciliazione col mondo cattolico, sviluppo economico e progetti di legislazione sociale, nel quadro della pace europea della Triplice Alleanza. Sandro Rogari affronta l'alternativo progetto di Crispi che condusse il liberalismo italiano in una competizione identitaria. Le rilevanti riforme attuate e le tensioni tra crescita industriale e partito agrario furono gestite per dar vita a uno Stato forte, sostenuto da nazionalismo e colonialismo, mentre si politicizzava la rappresentanza sorta per dar voce alla questione sociale. Il travaglio dell'Italia umbertina, modificando gli equilibri tra sovrano, governo, Parlamento, coalizioni d'interessi e masse popolari, alimentò le contrapposte idee d'Italia che segnarono l'alba del Novecento.
Che cos'è la giustizia sociale? Per Friedrich von Hayek era un miraggio, un cliché senza senso, ideologico, incoerente e vacuo. Credeva che il termine dovesse essere evitato, abbandonato e lasciato morire di morte naturale. Per i suoi sostenitori, giustizia sociale è un termine generico che può essere usato per giustificare qualsiasi programma governativo di stampo progressista. In questo volume Michael Novak e Paul Adams cercano di chiarire il vero significato della giustizia sociale e di salvarla dai tanti che se ne vogliono appropriare in termini ideologici. Esaminando figure che vanno da Antonio Rosmini, Abraham Lincoln e von Hayek, ai papi Leone XII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, gli autori rivelano che la giustizia sociale non è un sinonimo di "governo progressista", come siamo soliti credere. È piuttosto una virtù radicata nell'insegnamento sociale cattolico e sviluppata come alternativa al potere incontrollato dello Stato. Quasi tutti gli operatori sociali si considerano progressisti, eppure molte delle loro "buone pratiche" mirano a dare potere alle famiglie e alle comunità locali. Non pongono l'accento sull'individuo o sullo Stato, ma sul vasto spazio civile che li separa. In questa sorprendente riconsiderazione del suo intento originario, la giustizia sociale rappresenta una virtù immensamente potente per coltivare la responsabilità personale e costruire le comunità umane che possono contrastare la diffusa resa a uno Stato in continua crescita. Prefazione di Flavio Felice.
La figura di San Francesco di Paola è una figura unica e allo stesso tempo complessa che attira a sé, oltre alla fede dei devoti, l'attenzione di studiosi e scienziati che cercano, come in questo caso, di interpretare le intuizioni del Santo, attraverso evidenze scientifiche che dimostrino la loro veridicità e attendibilità. Il testo si presenta in forma di raccolta di schede, che riunisce le piante citate nei processi per la causa di canonizzazione. L'impostazione scientifica riguarda l'identificazione delle specie con criteri propri della sistematica vegetale, compresa la compatibilità con l'habitat vegetativo, in modo da offrire una classificazione definitiva delle piante riportate nelle trascrizioni processuali, ma anche aspetti etnobotanici e fitochimici che ne giustificano l'uso.
Il libro si pone essenzialmente tre domande. Quanto è cambiata la componente più importante della partecipazione religiosa in Italia tra il 1993 ed il 2019? (Si dirà anche qualcosa sugli anni della sindemia da Covid e del lockdown, e si vedrà che non hanno prodotto inversioni di tendenza.) Come è cambiata l'influenza di altri fattori sociali su questa forma di partecipazione religiosa? Come è cambiata l'influenza di questa forma di partecipazione su altri aspetti della vita sociale? Non si tratta solo di documentare un calo, ma di provare a guardare cosa avviene dentro una porzione più piccola, ma pur sempre molto importante, della società italiana. Quanto e come pesa il sesso, la generazione di appartenenza, l'età e quanto ha pesato essere nati o essere cresciuti in certi periodi storici invece che in altri? Tra i tanti segni "meno" si vede però emergere anche un segno "più": quello della influenza di questa forma di partecipazione religiosa sulla disponibilità a gesti di solidarietà, accoglienza ed aiuto nei confronti di altre persone. I "praticanti" sono oggi un gruppo sociale molto diverso da quello che erano un quarto di secolo fa. E si avviano a diventare presto qualcosa di ancora diverso da ciò che sono oggi: alcune dinamiche di quella trasformazione vengono qui evidenziate e discusse.
La rivista è uno strumento di ricerca per la filosofia proposta nei contesti dove la filosofia non è ancora arrivata, dalla Scuola Primaria agli Istituti tecnici. Svolge la sua ricerca nella scuola stessa e nell'Università. Si propone sempre di essere la voce di molti maestri che ragionano con i bambini in maniera complessa, sperimentando la strada della filosofia attraverso la domanda, senza per questo stabilirne dei canoni specialistici. La rivista pubblica esperienze di maestri che già attuano la filosofia nelle loro classi e raccolgono i pensieri e le domande dei bambini. Inoltre cerca di essere uno strumento critico in questo settore, dando consigli bibliografici nelle sezioni "Recensioni e Ferri del Mestiere". Un'ampia sezione è dedicata alla filosofia civile, che indaga il pensiero nei luoghi più difficili dell'esistenza: carceri, ospedali... Amica Sofia, lungo la strada delle pratiche filosofiche, mantiene sempre il confronto con la ricerca che in questo settore viene svolta all'estero in una sezione ad essa dedicata.
Roma, da piccolo villaggio di pastori e di agricoltori, divenne un grande Impero grazie alla portata fortemente innovativa della sua civiltà; fin dalle sue origini mostrò una grande capacità di integrare a sé le popolazioni conquistate e lo straniero, concedendo loro la cittadinanza romana. In tal modo Roma assunse, per un'intera epoca, il primato di centro politico e culturale, tollerando e facendo convivere nei propri confini popoli di diverse lingue e religioni, usi e costumi. In questa chiave Roma può rappresentare ancor oggi un modello di riferimento per l'Italia e l'Europa, per aver saputo gestire la complessità di una globalizzazione ante litteram e averla trasformata in un punto di forza.
Svidercoschi, decano dei vaticanisti italiani, ci mostra Papa Bergoglio per com’è, per cosa fa e dice. Racconta senza veli un pontificato decisamente controcorrente, ma, anche per questo, controverso; un pontificato volutamente provocatorio, ma, anche per questo, divisivo. Vengono ripercorsi i momenti positivi, il rivoluzionare la figura pontificia, l’affrontare pubblicamente temi scomodi, il riportare alla purezza il messaggio evangelico; e poi, il difendere i poveri della terra, il sostenere le ragioni della pace. Ma – perché ci sono – vengono narrati con estrema franchezza anche i momenti non proprio esaltanti, come certe uscite fuori luogo, l’aprire processi che poi lasciano le riforme a metà, l’ostinazione nel cambiare leggi, tradizioni e pratiche senza consultarsi, senza gradualità, senza pensare alle conseguenze; e poi, la sua visione del mondo così apertamente squilibrata verso il Sud, il voler mantenere a ogni costo un’equidistanza (insostenibile nel caso dell’Ucraina) tra Kiev e Mosca. Sono vicende e situazioni che anche in altre pubblicazioni sono state raccontate, ma come? Com’è stato raccontato Francesco? E, prima ancora, com’è stata raccontata la storia di un Papa che rinuncia, si fa chiamare “emerito” e prende casa in Vaticano? In questo libro l’autore ripercorre il “pontificato rivoluzionario” con obiettività e semplicità, fornendo al lettore le chiavi per avere una propria opinione sulla base di fatti oggettivi.
Viviamo nell'area più ricca, libera, sana e longeva del mondo. Eppure non si sente che parlare delle colpe occidentali, del declino, della soccombenza, della debolezza, della povertà e così andando con difetti e drammi. Che non mancano, perché le cose peggiori prodotte dalla storia sono quelle che pensano d'essere perfette. Mentre noi siamo orgogliosamente imperfetti. Ma c'è una radice profonda, in quell'antioccidentalismo degli occidentali, e va cercata nella paura della libertà, che comporta sempre una collettiva e personale responsabilità. Molti orfani delle ideologie novecentesche non apprezzano la libertà di sognare e realizzare, ma tremano alla mancanza delle false certezze. Senza le quali si vive assai meglio.
Il totalitarismo nero e rosso sconfitto nel XX secolo è ricomparso nel XXI, se pure in altre forme. In Antitotalitari d'Italia Massimo Teodori si chiede come mai il termine "antitotalitario" sia stato bandito dal linguaggio storico e politico italiano mentre si parla molto di fascismo e antifascismo, elevati a concetti generali che pretendono di esaurire tutte le tendenze ideali. Con la pratica dello storico e la passione dell'intellettuale l'autore propone una memoria dei leader, dei gruppi e dei movimenti che nella Repubblica hanno animato la scena politica: liberali e socialisti, radicali e cristiani, conservatori e riformatori. Tra i precursori spiccano Croce, Salvemini e don Sturzo, tra i politici si incontrano De Gasperi, Einaudi, Sforza e Silone, quindi Saragat, Malagodi, Spinelli, Pannella e Craxi, e tra gli intellettuali Montale e Sciascia. Infine si ricordano Nicola Chiaromonte della Libertà della cultura e George Orwell di 1984, due tra le figure più significative dell'antitotalitarismo internazionale a cui durante la Guerra fredda furono rivolte le sprezzanti critiche di Togliatti.
La rivista è uno strumento di ricerca per la filosofia proposta nei contesti dove la filosofia non è ancora arrivata, dalla Scuola Primaria agli Istituti tecnici. Svolge la sua ricerca nella scuola stessa e nell'Università. Si propone sempre di essere la voce di molti maestri che ragionano con i bambini in maniera complessa, sperimentando la strada della filosofia attraverso la domanda, senza per questo stabilirne dei canoni specialistici. La rivista pubblica esperienze di maestri che già attuano la filosofia nelle loro classi e raccolgono i pensieri e le domande dei bambini. Inoltre cerca di essere uno strumento critico in questo settore, dando consigli bibliografici nelle sezioni "Recensioni e Ferri del Mestiere". Un'ampia sezione è dedicata alla filosofia civile, che indaga il pensiero nei luoghi più difficili dell'esistenza: carceri, ospedali... Amica Sofia, lungo la strada delle pratiche filosofiche, mantiene sempre il confronto con la ricerca che in questo settore viene svolta all'estero in una sezione ad essa dedicata.