La parrocchia c’è ancora, perché domande semplici di vita ci sono ancora, perché giovani che hanno percorso tutte le strade possibili in cerca di felicità vi tornano ancora, perché gente appassionata che si mette in ascolto esiste ancora.
Dalla quarta di copertina:
La parrocchia c’è ancora, perché domande semplici di vita ci sono ancora, perché giovani che hanno percorso tutte le strade possibili in cerca di felicità vi tornano ancora, perché gente appassionata che si mette in ascolto esiste ancora.
Parrocchia è sempre sapore di casa, è tentativo onesto di comunità; anche la più scalcinata ha sempre la porta aperta; non ha paura di fare la crocerossina dei casi impossibili, perché in ogni domanda sa leggere sete di Dio e ne mette a disposizione la sorgente.
La cultura in cui viviamo spegne i desideri, brucia il futuro. La speranza, invece, che appartiene all’eternità, è come un supplemento di adrenalina per purificare i nostri percorsi e dirigerli verso l’Assoluto, per immergere l’effimero istante presente nel respiro di Dio.
Dalla quarta di copertina:
C’è bisogno di speranza oggi anche nel nostro mondo occidentale, perché la cultura in cui viviamo ci spegne i desideri e ci appiattisce sul presente, il consumo brucia il futuro. La speranza è diversa dall’ottimismo, che si fonda sulla natura e sul carattere di una persona: la speranza si basa su Dio. L’ottimismo appartiene al tempo, la speranza all’eternità. È un supplemento di adrenalina per elevare la cronaca e farla diventare storia, per purificare i nostri percorsi e dirigerli verso l’Assoluto, per immergere l’effimero istante presente nell’eterno respiro di Dio. Si tratta di fare alcuni passi di speranza in una vita tentata di continui adattamenti.
Da giovane a giovane una lettera che scopre debolezze, paure, ricerche, scoperte, piccoli passi, timide esperienze, decisioni controcorrente.
Dalla quarta di copertina:
Da giovane a giovane una lettera che scopre debolezze, paure, ricerche, scoperte, piccoli passi, timide esperienze, decisioni controcorrente.
Il brivido nasce dalla percezione che Dio non sta a guardare le vite dei giovani, ma le abita, le scuote, le ama e le lancia nella mischia della vita.
Non si può essere giovani senza partecipare a quello che capita ogni giorno nel mondo; la passione del popolo palestinese, le paure di ragazzi israeliani, le povertà e le tenerezze dell’Africa sono tappe del brivido, ma soprattutto luoghi di solidarietà e di riconversione della vita.
Da vero specialista del settore, l’Autore – usando fantasia e rigore – ripercorre le pagine più affascinanti del Vangelo, ne mostra tutta l’efficacia, ne affronta le questioni ‘scottanti’. Egli insomma traduce nell’attualità la loro forza esistenziale di «bella notizia».
Entro alcuni anni il Servizio militare obbligatorio verrà archiviato. Ai giovani, maschi e femmine, verrà data la possibilità di fare una delle tre scelte: o il Servizio civile, o il Servizio militare volontario o... starsene per i fatti propri. In questa lettera alcune proposte, anche provocatorie, sono formulate da un parlamentare, oggi responsabile di un progetto di educazione alla nonviolenza.
Dalla quarta di copertina:
Entro alcuni anni il Servizio militare obbligatorio verrà archiviato. Ai giovani, maschi e femmine, verrà data la possibilità di fare una delle tre scelte: o il Servizio civile, o il Servizio militare volontario o starsene per i fatti propri. Tu vuoi scegliere o lasci fare a tua mamma, agli amici del pub o al tempo che passa e che sceglie per te? Non imboscare la coscienza. C’è sempre la possibilità di prendere una decisione positiva per la pace anche nel nuovo Servizio civile che ti è proposto.
La pace ha bisogno di te. Gli adulti, gli anziani sono ancora troppo segnati dalle guerre che hanno fatto e le vedono ancora come inevitabili. Voi giovani avete qualche altra idea. Eccone alcune.
Le ‘provocazioni’ sono state stese dall’on. G. Salvoldi che, in Commissione difesa della Camera, a lungo si è occupato della legge sull’obiezione di coscienza, in particolare nella prospettiva della costituzione dei Caschi bianchi.
Un giovane, che sceglie di donarsi al Signore nella povertà, castità e obbedienza di una vita religiosa consacrata, apre il suo diario, la sua Smemoranda e scrive ai suoi coetanei con semplicità, senza difese, con entusiasmo, immediatezza, ingenuità, dubbi e prime forti convinzioni.
Dalla quarta di copertina:
Un giovane, che sceglie di donarsi al Signore nella povertà, castità e obbedienza di una vita religiosa consacrata, apre il suo diario, la sua Smemoranda e scrive ai suoi coetanei con semplicità, senza difese, con entusiasmo, immediatezza, ingenuità, dubbi e prime forti convinzioni.
Non è un teologo, fra qualche anno si esprimerà con concetti teologici più raffinati e - chissà? - forse i suoi amici non lo capiranno più. Oggi scrive loro così, utilizzando lo stesso linguaggio, con il loro modo di capire la fede, che va bene per la loro vita e non pretende di diventare ‘normativa’ e li aiuta a sognare da innamorati pazzi di Gesù. Fa insomma parte della prima generazione che è passata dalla categoria dei timorati di Dio a quella degli innamorati di Dio.
Non sbattere la porta, ma aprire e spalancare le porte. Un giovane prete, scrivendo ai giovani, chiede alle comunità cristiane di abbandonare discriminazioni di comoda fra 'vicini' e 'lontani', per non fermarsi alla pastorale del bonsai.
Dalla quarta di copertina:
Un giovane prete scrive ai giovani per farsi dare una mano a tenere aperta la porta della chiesa. La constatazione della chiusura di tante nostre comunità alle domande - anche inespresse e confuse - del mondo giovanile gli fa raccontare la voglia di uscire, ma di stare; di accogliere, ma di cambiare; di ascoltare, ma di essere sempre in ascolto di Qualcuno; di aprire le porte, e di non sbattere la porta.
Sogni? Ingenuità? Semplificazione? Anche. Ma soprattutto la voglia di porre in termini accessibili un anelito di chi lavora coi giovani: far crescere comunità cristiane abitabili dai giovani, non discriminare tra vicini e lontani, non fermarsi alla pastorale del bonsai.
In una società del sensazionale, dello sbalorditivo, del guinness dei primati, della esperienza forte, dei successi e del mettere in pubblico e recitare anche i sentimenti più personali, è possibile risvegliare il gusto dell'intimità, dei pensieri puliti, delle affermazioni tenui, dei sentimenti semplici e profondi? Si possono fare prove di interiorità? E' quanto l'Autore aiuta i giovani a tentare
Dalla quarta di copertina:
In una società che spreca i barattoli di vernice rossa per tingere di sangue le fiction, in una società del sensazionale, dello sbalorditivo, del guinness dei primati, della esperienza forte, dei successi e del mettere in pubblico e recitare anche i sentimenti più personali, è possibile risvegliare il gusto dell'intimità, dei pensieri puliti, delle affermazioni tenui, dei sentimenti semplici e profondi? Si possono fare prove di interiorità?
È quanto l'Autore aiuta i giovani a tentare; senza pretese, in maniera rispettosa e tenue vuole solo risvegliarne il gusto. È un mondo dei forti, provocatorio, controcorrente, scritto al femminile.
Stimolante e provocatoria, questa lettera si rivolge ai giovani incontrandoli sul loro stesso terreno: la notte. Nella certezza che anche la notte è oggetto dell'amore di Dio.
Un approccio a Gesù vivace, scritto da chi si è misurato e si misura da tempo con la teologia e con il mondo giovanile.
Il libro racconta storie di giovani che sono arrivati alla parrocchia 'per caso’ e vi hanno scoperto, con grande sorpresa, uno spazio e uno stile di vita in cui potersi realizzare. Sono storie comuni e insieme 'forti’, capaci di stimolare la fantasia e l’iniziativa di ciascuno, suggerendo idee e azioni che danno più sapore alla vita quotidiana.
Dalla quarta di copertina:
Parrocchia? No grazie. Oppure: Che bella, mi ricordo… E ancora: Chi la conosce?
Capita spesso che la parrocchia sia sinonimo di "cose vecchie e noiose", lontane dallo slancio e dai desideri che danno sapore e gusto alla vita. Ma, per fortuna, non è sempre così. Lo racconta questo libro, fatto di storie di alcuni giovani che sono arrivati alla parrocchia 'per caso' e vi hanno scoperto, con grande sorpresa, uno spazio e uno stile di vita in cui potersi realizzare.
Non si fa, qui, il ritratto della comunità 'doc'. Piuttosto, si dà voce a giovani che raccontano la paura di giocare se stessi e, alle prese con le proprie incertezze, riescono a fare dei loro limiti una risorsa, scegliendo di passare dalla noia dell'egoismo alla passione per la vita.
Sono storie comuni e insieme 'forti', capaci di stimolare la fantasia e l'iniziativa di ciascuno, suggerendo idee e azioni che danno più sapore alla vita quotidiana. Sono storie raccontate come una 'lettera', con cui anche tu puoi iniziare a dialogare, prendendo, se vorrai, carta e penna…
Gli autori, due pedagogisti amati dai lettori, suggeriscono una provocazione sull’amore tra uomo e donna: invitano Marco e Maria, i fidanzati cui si rivolgono, a «uscire dal gruppo», a superare pregiudizi e ipocrisia, e a fondare un’esperienza di coppia che sia davvero ricca di senso e proiettata verso l’avvenire.
Dalla quarta di copertina:
Dice un manifesto di giovani nati e approdati all'esistenza contorta dopo il boom degli anni '70: «La rivoluzione sessuale ci ha lasciato il divorzio, l'Aids, l'herpes, stupri all'ordine del giorno… Al posto dell'esplorazione della sessualità c'è rimasto il caos sessuale. Facciamo ancora sesso, ma non ci innamoriamo più… Siamo meno prevenuti e meno sessisti di ogni generazione precedente, eppure i sondaggi dimostrano, stranamente, che siamo facilmente soggetti al bigottismo… La nostra attenzione è rivolta più al futuro che al passato – siamo stanche di tutto questo schifo di nostalgia 'retrò'» (cfr. S. Mizrach, Manifesto X, Ed. Theoria).
In questo panorama di giovani in ricerca di motivazioni vere per scrivere in maniera originale l'esperienza 'mitica' dell'amore si colloca questa lettera dei coniugi Zattoni-Gillini. Essi, nel pieno della loro intensa esperienza d'amore e della loro conoscenza approfondita del disegno di Dio e della ricchezza umana, affidano ai cuori di giovani disposti a «uscire dal gruppo» o meglio, ad essere «signori del loro castello», una lettera provocatoria, latrice di un progetto non solo umano che rimane sempre sconvolgente da ogni punto di vista: l'amore tra uomo e donna.
Opera di uno psicologo e saggista di fama come Amedeo Cencini, il libro svolge il tema della vocazione delineandola come un’avventura controcorrente, come un itinerario avvincente alla scoperta di se stessi. L’autore si indirizza a un ragazzo-tipo, Marco, ma anche a tutti i presbiteri e i religiosi che - sfiduciati e delusi dalla vita - hanno smesso di chiamare le giovani generazioni.