All’interno del Movimento No Tav si è costituito un gruppo di cattolici che, unendo preghiera, riflessione e azione, ha deciso di dare concre-tezza a un'idea forte di ecologia integrale attraverso il confronto tra l’enciclica Laudato si’ e gli impatti sull’ambiente legati alla linea ferro-viaria Torino-Lione. Citando i documenti ufficiali e le parole dei politici, riferendo i dati riportati negli anni dai giornali, e attraverso un confronto continuo con il Magistero della Chiesa, ecologia, salute, economia e po-litica vengono ricondotte al centro del dibattito in una forma inedita e illuminante.
"Lo stato di degrado della nostra casa comune merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici. Vivere la vocazione di essere custodi dell'opera di Dio è parte essenziale di un'esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell'esperienza cristiana". Papa Francesco.
Questo libro è il frutto della riflessione del Gruppo Cattolici per la Vita della Valle che si è a lungo riunito per analizzare il progetto Tav Torino-Lione alla luce dell’enciclica Laudato si’. Questa riflessione parte proprio dal grave monito che papa Francesco lancia nel suo documento: "Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia. Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizie. Il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente ha superato la possibilità del pianeta, in maniera tale che lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solamente in catastrofi, come di fatto sta già avvenendo periodicamente in diverse regioni" dalla Prefazione di Alex Zanotelli
La vicenda di Carlo Saronio, giovane ingegnere rapito e ucciso da un gruppo di estremisti, è tra le più emblematiche di quel clima di ambiguità e terrore che ha sconvolto l'Italia negli anni Settanta. L'Autore, nipote di Saronio, ripercorre, attraverso la vita della propria famiglia, questa vicenda. Scrivere e raccontare la propria storia diventa un modo per fare un salto nel passato e, al tempo stesso, nel futuro del nostro Paese. Un'avventura iniziata nel 2019, quando l'Autore si trovava in missione ad Algeri: è lì che ha iniziato la sua ricerca e ha visto nascere un'amicizia con Mario Calabresi che ha raccontato la storia di Carlo Saronio, in Quello che non ti dicono: «la ricerca che abbiamo svolto e che sta dietro a quel testo, è stata ricca, ampia, feconda, tanto che quel libro mi è sembrato la punta di un iceberg. E sott'acqua, che cosa nasconde l'iceberg?» Questo nuovo libro, quasi un prequel a quello di Calabresi, che ne firma la prefazione, cerca la risposta a quella domanda. Prefazione di Mario Calabresi.
Serve una mobilitazione civica condotta attraverso gli strumenti dell'economia civile, le leve del consumo critico e il risparmio responsabile. Il libro illustra caratteristiche e potenzialità di questa rivoluzione.
La crisi è sotto gli occhi di tutti: è sociale ed ecologica, si esplica nelle disuguaglianze planetarie e nell'insostenibilità di un modello economico predatorio dell'ambiente. Che cosa ha causato questo? Nel serrato dialogo fra Gaël Giraud e Felwine Sarr, due intellettuali capaci di spaziare con sagacia dall'attualità alla filosofia, dalla teologia all'economia, la risposta emerge limpidamente: tutto deriva da «quell'utopia mortifera di privatizzazione integrale del mondo e di riduzione di ogni risorsa a un capitale», ovvero l'ideologia postliberale che ha conquistato la nostra immaginazione e colonizzato la prassi politica. La ragione strumentale, denunciano i due autori, ha occupato completamente la scienza economica, riducendola ad un'asfittica pratica contabile di stampo razionalistico, che non tiene in conto altre variabili: culture, popoli, pensieri, desideri... Appoggiandosi a pensatori come Jacques Derrida, Paul Ricoeur e Christoph Theobald, attingendo alla saggezza delle grandi spiritualità religiose, in queste pagine colte e appassionanti Giraud e Sarr disegnano un'altra mappa dell'economia. Una mappa più disordinata di quella che si studia nelle facoltà universitarie, spesso schiava di un sapere di tipo strumentale típico dell'homo homini lupus, ma molto più necessaria per la realtà in cui viviamo. Segnata da una pandemia da cui possiamo ripartire solo con un nuovo immaginario.
Il G8 del 2001 non va ricordato solo per le violenze a Genova. Durante quell’evento veniva lanciato il «Fondo Globale per la lotta all’aids, alla tubercolosi e alla malaria» voluto da Bill Gates. Una cosa buona, che però ha messo alle corde Oms e Unaids, le agenzie Onu sulla salute. Nel 1997 Ted Turner, il fondatore della Cnn, erogò la maggior donazione di sempre all’Onu. Nella corsa al vaccino anti-covid spicca la Bill & Melinda Gates Foundation. Solo un caso? Non proprio. Sono esempi dello svuotamento, operato da privati, delle più alte istanze internazionali pubbliche.
Questo libro mostra come le visioni «umanitarie» delle fondazioni dei ricchissimi e generosissimi, da John Rockefeller a Bill Clinton e Mark Zuckerberg, sono potenti strumenti di controllo planetario. A colpi di donazioni, con ovvi benefici, i filantrocapitalisti si assicurano che il turbocapitalismo non venga messo in discussione.
Primo obiettivo, la salute: «Bill Gates ha puntato a comprarsi un’intera agenzia Onu, l’Oms. La cosa gli sta riuscendo; è grave che la comunità internazionale glielo permetta». Altro campo di battaglia, l’agricoltura: la «Rivoluzione verde» in Africa funge da battistrada agli Ogm.
Dopotutto, una mano lava l’altra. La ricchezza delle aziende permette la filantropia, la filantropia apre nuovi mercati alle aziende. Il filantrocapitalismo non ci rimette mai. La democrazia, sì.
«Questo libro sarà una bussola importante per difendere le nostre libertà dalla ricolonizzazione del filantrocapitalismo» Vandana Shiva
«Il filantrocapitalismo olia le ruote delle imprese. Gli emarginati della Terra non vogliono carità, vogliono giustizia» Nicoletta Dentico
Non c'è solo il "land grabbing", l'accaparramento della terra che fagocita, in particolare, il continente africano. Nella smania neoliberista di possedere le risorse naturali anche l'acqua è diventata oggetto di scontri commerciali, tensioni sociali e guerre internazionali. Tanto più che l'"oro blu" sta diventando un bene molto prezioso: entro il 2030 una persona su due al mondo vivrà in zone ad elevato stress idrico. Già oggi multinazionali che imbottigliano l'"acqua del sindaco" rivendendola a peso d'oro mettono le mani su sorgenti, laghi e fiumi. Perché acqua ne serve molta, anzi moltissima. Per tutto. Per produrre la Coca-Cola che viene quotidianamente venduta servono ogni giorno 75 miliardi di litri d'acqua. In queste pagine si viaggia dal Michigan del fracking al Bangladesh dalle falde superinquinate, si percorre il Mekong "assediato" dal sale marino e si toccano con mano - in Swaziland, Brasile e altrove gli effetti delle monocolture sulla possibilità, per i poveri, di avere acqua per mangiare, bere e lavarsi. In pratica, per vivere. Un viaggio intorno al globo molto documentato, appassionato e appassionante, per conoscere un problema che riguarda milioni di persone, soprattutto gli ultimi. La geopolitica e l'economia iniziano a fare i conti con l'acqua, anzi con la sua mancanza. Qui si comprendono il dove, il come e il perché di una questione che ci tocca tutti. Non solo quando abbiamo sete. Prefazione di Gianfranco Bologna.
Si parte dalla sua India e si approda in Italia. Poi si incontrano gli agricoltori d’Africa, le lobby pro-Ogm a Bruxelles, le questioni dell’agrobusiness in America Latina, le lotte delle contadine indiane... Quello che Vandana Shiva ci fa fare in questo libro è un doppio viaggio: il primo intorno al mondo, per conoscere la battaglia per la sovranità alimentare che aggrega persone, gruppi, associazioni intorno a una vera sfida in favore della democrazia. Il secondo percorso evoca la pluridecennale e pacifica lotta civile che ha reso questa donna «una delle sette femministe più potenti del mondo» (Forbes). Campi di cotone e semi ibridi, ricerche scientifiche e processi nei tribunali, campagne internazionali di boicottaggio e azioni quotidiane
come farsi l’orto o acquistare cibo a km zero. In queste pagine, a metà tra il manifesto sociale e il racconto autobiografico, Vandana Shiva ci fa capire una questione centrale per l’oggi: «La difesa dei diritti della Terra innegabilmente contribuisce alla difesa dei diritti umani». Di fronte alla crisi ecologica l’unica via di uscita – secondo la paladina anti-Ogm – è far sì che il mercato non si impossessi anche della nostra aria, terra e acqua, in sostanza della vita: «Poche multinazionali cercano di assicurarsi il controllo delle risorse della Terra. Le manipolazioni della bioingegneria sono il sintomo di una perversione etica. Difendere i diritti della Terra Madre è la lotta con le maggiori chance di portare a una pace duratura».
«Voglio poter dire che ho fatto tutto quello che ho potuto». Di fronte alla crisi ecologica, Rob Hopkins ha concepito così il suo impegno per le Città in Transizione, oggi 1.170 sparse in ogni angolo del globo. La felice intuizione di questo quarantenne agronomo inglese è diventata realtà: costruire una società più «verde», meno dipendente dal petrolio, attraverso la partecipazione di tutti. In queste pagine vengono raccontati i sogni diventati fatti realizzati da Hopkins partendo dalla sua Totnes, piccolo centro nel Devon (Inghilterra del Sud): filiere corte per la produzione del cibo negli spazi attorno a casa (giardini, terrazze, aiuole, piazze…); cooperative per produrre energie rinnovabili; una moneta locale per fecondare di solidarietà e bene comune il territorio; alloggi costruiti con materiali del posto; preferenza di consumi presso negozi e produttori a chilometro zero…
Questo è iniziato da un giovane e ha fatto scuola in tutto il mondo tramite «la pedagogia dell’esempio». Non siamo di fronte alla pia illusione di un singolo visionario: la Transizione – spiega Hopkins incalzato dalle domande di Lionel Astruc, cronista curioso e appassionato – rafforza la democrazia attraverso la partecipazione diretta, rende i cittadini più responsabili, influenza la legislazione che, anche in Italia, inizia a tener conto di questa magmatica ma inarrestabile rivoluzione nata dal basso. Che è portatrice di futuro e a portata di mano. Per tutti.
Stampanti 3D che "fabbricano" bistecche a partire da asettiche cellule di carne. Multinazionali che con la mano destra producono Ogm e con la sinistra distribuiscono pesticidi. Aziende che con i loro tentacoli arrivano ovunque (agroalimentare, ittica, confezionamento, ricerca, finanza,...) e trattano gli alimenti all'insegna del principio "massimo risultato col minimo sforzo", come un qualsiasi altro prodotto commerciale. "Lo spirito del profitto ha conquistato in poche decine di anni tutti gli strati della società rurale, scrivono gli autori di questa documentata inchiesta. Ne constatiamo oggi i risultati: estinzione di specie, avvelenamento della biodiversità, incidenti sanitari, distruzione o accaparramento di quei beni comuni che sono l'acqua, l'aria, il suolo". Cosa fare di fronte a questo spirito predatorio del capitalismo applicato all'antica arte del cibo? Anzitutto tornare a Socrate, il quale già a suo tempo sosteneva che "nessuno può dirsi politico se non conosce il commercio dei cereali". Ovvero, sapere che l'economia del cibo gioca un ruolo enorme nella convivenza umana. Bisogna conoscere la verità di quel che mangiamo, per decidere in consapevolezza come e di cosa nutrirci. È necessario combattere con gli strumenti della cittadinanza attiva le derive dell'agrobusiness. Alle quali ci si può (pacificamente) ribellare, come suggeriscono Bové e Luneau. Perché la prima libertà da riprenderci è quella di decidere noi cosa metterci in tavola.
Questo libro è un saggio di economia, ma si legge come un thriller. Come in un giallo l'autore indaga partendo dagli indizi (subprime, cartolarizzazioni, Collateralized Debt Obligations, identifica le prove (le scommesse fraudolente delle banche sulla pelle dei correntisti), cerca il colpevole (la crisi è morale), rintraccia il movente ("la legge del più forte"). Ma Gaël Giraud, che prima di esser gesuita è stato banchiere e conosce di persona il mondo degli hedge fund e delle Banche centrali, si spinge oltre. E traccia la strada per cercare un futuro di vita alla nostra società, rattrappita dentro lo schema del "paradigma tecnocratico" (papa Francesco) che mira a ottenere di più (risorse, prodotti, benessere) con meno (sforzi, investimenti, partecipazione).Transizione ecologica significa una società di beni comuni in cui il credito sia considerato mezzo e non fine per realizzare riforme a vantaggio di tutti e benefiche per l'ambiente: rinnovamento termico degli edifici, cambi di prassi nella mobilità, tasse più alte per chi inquina, in pratica "un'economia sempre meno energivora e inquinante". "La transizione ecologica sta ai prossimi decenni come l'invenzione della stampa sta al XV secolo o la rivoluzione industriale al secolo XIX - spiega Giraud -. O si riesce a innescare questa transizione e se ne parlerà nei libri di storia; o non si riesce, e forse se ne parlerà fra due generazioni, ma in termini ben diversi!".
Che direste se arrivasse uno in casa vostra e in nome del suo guadagno cominciasse a smontarvi tetto, porte e finestre per ottenere legname e mattoni da mettere in vendita? E che gli direste se di fronte alle vostre proteste rispondesse che conviene anche a voi perché userà voi come manovali per la demolizione? Pensereste di trovarvi di fronte a un folle, eppure è la fotografia del sistema di oggi che non solo demolisce il pianeta per il profitto immediato, ma afferma perfino che si tratta di sviluppo e progresso. Il sistema fa di tutto per trasformare la follia in normalità, addirittura in virtù, ma molte comunità hanno conservato il senso della ragione e difendono con tutte le loro forze la natura e i beni comuni. Questo libro racconta della resistenza organizzata in Cile per impedire a Endesa, controllata di Enel, di dare un altro duro colpo alla Patagonia, manomettendo i corsi d'acqua per la costruzione di una diga che avrebbe conseguenze incalcolabili per la natura. Un esempio da replicare su scala locale e globale semplicemente per garantirci un futuro.
TTIP: se lo conosci lo eviti. Per decifrare la sigla bisogna sapere l'inglese (e allora traduciamolo: Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti), ma per capirne il contenuto basta conoscere le imprese. Ormai quelle che contano sono le multinazionali, imprese così grandi per cui nessuna nazione contiene abbastanza consumatori da assorbire tutti i loro prodotti. Per espandersi hanno bisogno di scorrazzare liberamente per il mercato-mondo in modo da collocare in ogni punto del pianeta le loro merci standardizzate. Ma l'ostacolo sono le leggi nazionali che in nome dell'ambiente, della salute, dell'occupazione pongono limiti all'andirivieni delle multinazionali e delle loro merci dannose. Ed ecco accordi come il TTIP, che hanno lo scopo di mettere la museruola ai parlamenti nazionali per obbligarli a eliminare ogni regola che limiti il profitto e gli affari. Se vuoi evitare di trovarti la tavola inondata di cibi Ogm, di avere ogni servizio pubblico dominato da multinazionali, di dover sborsare miliardi di euro per indennizzare multinazionali che reclamano i danni per leggi emanate a difesa del bene comune, questo è il momento di organizzarci per dire no al TTIP. Contiene l'appello di Alex Zanotelli contro il "Partenariato Translatico per il Commercio e gli Investimenti".
Ci hanno detto che per occuparci della nostra società, del nostro futuro, bisogna essere economisti o giù di lì. Ma prendere la nostra vita nelle nostre mani significa semplicemente assolvere alle nostre funzioni di cittadini sovrani come prescrive l'articolo 1 della Costituzione. In realtà non bisogna essere economisti per capire che crescita, produttivismo, mercantilismo, gigantismo, individualismo, conducono a iniquità, guerre, sopraffazione, infelicità, esaurimento delle risorse, degrado ambientale e planetario. Al contrario, più si è impregnati di concetti economici, meno si vede. Perché l'economia mercantilista è il problema. Non si vede con gli occhi, ma col cervello, e per vedere veramente bisogna avere la mente sgombra dai condizionamenti. Decolonizzare il nostro immaginario significa fare pulito nella nostra testa, liberarsi dalle scorie mercantiliste per permettere ai nostri sensi di vedere e sentire ciò che veramente succede, e soprattutto per permettere ai nostri valori di uscire in libertà per costruire un'altra società.
"La storia dell'umanità è un lungo viaggio dall'animalità alla santità. Un cammino fatto di accelerazioni, battute d'arresto, arretramenti. Ogni nuovo venuto ha la libertà di scegliere che ruolo vuole giocare: se quello di chi frena o quello di chi spinge. Questo libro racconta la storia del popolo che spinge e non si lascia intimidire se nel mondo si continuano a spendere enormità in armamenti, se la legge del profitto condanna miliardi di persone ad una vita indegna, se l'avidità della finanza distrugge intere economie, se il mito della crescita sta portando il pianeta al collasso. Noi restiamo in piedi per dire e testimoniare che cambiare si può. Perché sappiamo che alla fine la verità trionferà." (Francesco Gesualdi)
Davanti a un'economia impazzita, onnipresente e disumanizzante, l'autore fa una lettura in profondità dei processi in atto. Ci mostra le conseguenze anche antropologiche delle trasformazioni in corso e puntualizza una proposta per un'economia veramente umana (nella politica, nella finanza, nella società). Lo fa grazie a un linguaggio accessibile a tutti, e con esempiconcreti e comprensibili anche al lettore non specialista.
Autore:
Zoratti Alberto, Di Sisto Monica
• Zoratti Alberto - È presidente di Fairwatch. Giornalista freelance, è responsabile del blog "Ri(E)voluzione" di "Altreconomia" e tra i fondatori di "Comune-info.net". È autore di numerosi libri.
• Di Sisto Monica - Vicepresidente di Fairwatch, è giornalista professionista. Collabora con l'agenzia "Asca" e con "Altreconomia"; è fondatrice di "Comune-info.net". Insegna Modelli di sviluppo economico alla facoltà di Scienze sociali della Pontificia Università Gregoriana. Autrice di numerosi libri.
Contenuti:
Finché non si è scoperto che il Ddt è indistruttibile e che si accumula nelle catene alimentari, si è pensato che il capitalismo fosse solo nemico del lavoro. Ma oggi che l'acqua sta calando, che i terreni si stanno impoverendo, che l'aria sta diventando irrespirabile, abbiamo capito che il capitalismo è nemico addirittura della vita.
La sua strategia verso i beni comuni è nota: prima saccheggia, poi, quando li ha trasformati in risorse scarse, se ne impossessa per farne oggetto di mercato. Così le multinazionali, che oggi si presentano col volto pulito della green economy, compromettono la nostra vita e costruiscono un mondo sempre più a misura dei ricchi. Ma noi possiamo fermarle organizzando la denuncia, praticando la resistenza, vivendo l'alternativa. Piccoli granelli di sabbia che possono cambiare il futuro.
Succede spesso che iniziative assunte per stato di necessità si trasformino, poi, in proposte di grande portata politica. È accaduto con il commercio equo e solidale. È avvenuto in Brasile con la rete di economia solidale ed è successo in Argentina con il rilevamento delle imprese da parte dei lavoratori. Un modo di fare impresa che dovremmo studiare con estrema attenzione, perché potrebbe aiutare noi stessi a trovare nuove vie per risolvere il problema occupazionale e nuove vie per gestire in maniera efficiente e partecipata beni e servizi comuni come acqua, rifiuti, sanità. Ma l'autogestione argentina riapre anche vecchi dibattiti che la nostra sinistra troppo frettolosamente ha messo in soffitta: la natura e la legittimità del profitto, la proprietà dei mezzi di produzione, la programmazione economica, i rapporti di subordinazione fra mercato e politica. Temi ineludibili per la progettazione di un altro modello di società e di economia di cui abbiamo urgente bisogno.