Nel medioevo cristiano tutto è simbolo e tra i simboli della natura gli animali sono certamente i più affascinanti e misteriosi. È impensabile avvicendarsi nei meandri della cultura medievale senza conoscerne la zoologia sacra. E il genere letterario che la illustra è quello dei bestiari, raccolte di descrizioni zoologiche (spesso fantastiche) seguite da interpretazioni allegoriche o morali. Solo negli ultimi decenni questi testi sono diventati oggetto di ricerche, di edizioni e di traduzioni. Il presente volume presenta - con i testi originali a fronte - una trentina di bestiari, praticamente l'integralità delle opere che appartengono a questa tradizione, a cominciare dall'archetipo del genere, il «Fisiologo greco». In diversi casi si tratta di nuove edizioni o di testi mai tradotti prima in italiano.
Questa nuova edizione di Antonio Corsaro rivede dalle fondamenta i testi poetici di Michelangelo, che sempre hanno creato difficoltà a filologi e editori, prospettando un nuovo ordinamento capace di offrire agli studiosi e al grande pubblico una diversa lettura della storia poetica dell'artista. La ricostruzione dei testi michelangioleschi nella loro veste più attendibile e chiara è inoltre l'occasione per una loro nuova e completa interpretazione, che qui è offerta da un esteso e puntuale commentario di Giorgio Masi. Filologia ed esegesi vanno di pari passo nel volume, corredato della serie completa delle lettere dell'artista.
Virgilio, per la raffinatezza della sua tecnica e per la sua originalità rispetto ai modelli precedenti, veniva considerato già dai suoi contemporanei come il più grande autore latino. Le successive epoche del mondo antico, il Medioevo, la modernità hanno definitivamente consacrato il suo ruolo di poeta per eccellenza e di maestro spirituale dell'umanità: ruolo fondato da un lato sul "bello stile" che Dante si vanta di aver appreso da lui, dall'altro sulla concezione dell'eroismo, e della vita umana in generale, come limpida e sofferente acquiescenza alla volontà immotivata del fato. Questo volume - a cura di Guido Paduano, uno dei più profondi studiosi del mondo classico offre tutte le opere di Virgilio (i tre capolavori e le composizioni per lo più apocrife raccolte nella cosiddetta Appendix Vergiliana) con una nuova e raffinata traduzione, con uno straordinario apparato critico (un ricco commento, preceduto da una chiara introduzione) e con un rigoroso testo latino a fronte: l'edizione delle Georgiche e dell'Eneide è quella stabilita per la "Bibliotheca Teubneriana" da Gian Biagio Conte, mentre le edizioni delle Bucoliche e dell'Appendix sono quelle degli "Oxford Classical Texts", curate rispettivamente da H.A.B. Mynors e da un'équipe di specialisti. Un'occasione per rileggere integralmente un grande classico che suscita ancora oggi intense emozioni.
Dopo il primo volume dedicato alle Tragedie, questo nuovo tomo, il secondo dei quattro previsti per completare "Tutte le opere" di Shakespeare raccoglie le Commedie: dieci testi, considerati capolavori universali, nell'originale inglese in edizione critica, con traduzione a fronte e con un ricco apparato di introduzioni e commenti (I due gentiluomini di Verona; La bisbetica domata; La commedia degli errori; Pene d'amor perdute; Sogno di una notte di mezza estate; Le allegre comari di Windsor; Molto rumore per nulla; Come vi piace; La dodicesima notte; I due nobili congiunti). In queste pièces Shakespeare realizza la sublime interazione di pratiche e linguaggi teatrali eterogenei: il decoro dei classici si unisce alla vivacità e alla sregolatezza della festa popolare, la tradizione orale vivacizza quella scritta, lo spirito comico si accompagna al tragico, la riflessione del saggio alla libertà del sognatore, l'illusorietà della favola al ritmo magistrale della rappresentazione. È questa l'essenza stessa del comico, che allinea queste celebri opere alle maggiori creazioni del genere, da Rabelais a Cervantes e oltre. Ma uniche e irripetibili sono le figure caratteristiche della Commedia shakespeariana. Tra queste, quella del Matto: colui che chiede di "godere di una libertà illimitata, come il vento che può soffiare su chi vuole e quelli a cui più brucerà la sua follia, dovranno riderne di più"...
L'opera di Molière - oltre a riempire da tre secoli non solo teatri e biblioteche - è anche riuscita a imporre alcuni personaggi come archetipi morali: dal misantropo all'avaro, dal malato immaginario al cornuto immaginano, dal tartufo al borghese gentiluomo. Tuttavia la sovranità molieriana sulle tecniche del riso, che sfugge alle leggi del tempo, si alimenta di un contesto culturale e teatrale preciso e irripetibile. Nasce dalla combinazione miracolosa della tradizione farsesca e della commedia italiana con la lezione di una delle più raffinate elaborazioni della civiltà occidentale, la cultura seicentesca dell'honnéte homme: i meccanismi inesorabili e spesso feroci del riso coniugati con l'eleganza morale di un'epoca. Una straordinaria miscela i cui molteplici elementi sono stati messi a fuoco dall'equipe di specialisti, coordinata da Francesco Fiorentino, che ha realizzato questa nuova edizione, in cui, per la prima volta, si presenta ai lettori italiani il testo francese, curato con rigore filologico da Gabriel Conesa. Le introduzioni e i commenti, insieme alle traduzioni eleganti e affidabili, contribuiscono, infatti, a situare le commedie nel loro contesto e ne suggeriscono le più accreditate chiavi di lettura. Nel volume trovano posto tutte le commedie di Molière, tranne sei, meno decisive per la comprensione della sua arte.
La prima edizione di 'Le poesie' di Tommaso Campanella, fu pubblicata da Einaudi a Torino, nel 1998. Esaurita da tempo viene sostituita da questa nuova edizione, che la accresce notevolmente con aggiunte che il curatore ha tratto da propri lavori successivi e con altre aggiunte inedite.
Con "La regina delle fate", Edmund Spenser intese dare all'Inghilterra il poema epico che ancora le mancava; lo fece quando, sul trono, sedeva Elisabetta I Tudor, figlia di quell'Enrico VIII che, con lo scisma da Roma e la fondazione della Chiesa Anglicana, diede al paese una forte impronta nazionalistica. E celebrazione della rinnovata Inghilterra protestante è il poema di Spenser, come è celebrazione di Elisabetta, cantata sotto il nome di Gloriana, regina dell'immaginaria terra fatata che è, insieme, proiezione della realtà storica e spazio utopico di una nostalgia per una passata età dell'oro. Spenser progettò un poema immenso: dodici libri di dodici canti ciascuno. Ne portò a compimento solo sei; ma questi sei, più il frammento di un ipotetico libro settimo, danno un'idea compiuta della grandezza poetica di Spenser, della magia della sua lingua, della ricchezza delle sue conoscenze e aspirazioni. Questa è la prima traduzione integrale in italiano de "La regina delle fate". La sua presentazione vuole colmare una lacuna della cultura italiana, presso la quale Spenser poca fortuna ha goduto; quando invece continuo è stato il dialogo da lui intessuto con i nostri Petrarca, Ariosto, Tasso, Trissino, Castiglione, Guazzo.
Nel maggio del 2002, una giuria composta da un centinaio di scrittori di oltre cinquanta Paesi ha scelto il romanzo di Cervantes come "the world's best work of fiction" (La migliore opera di fantasia del mondo) di tutti i tempi, assai più votato delle opere di Proust, Shakespeare, Omero, Tolstoj. Cos'ha "Don Chisciotte della Mancia" per meritare una tale preferenza? Nessuno potrà dirlo con sicurezza, ma è un fatto che, dal momento della sua apparizione, nel 1605, questo libro ha goduto in modo crescente di una stima e di un successo eccezionale. Questa edizione del capolavoro di Cervantes presenta il testo critico spagnolo costituito sulla comparazione di un centinaio di edizioni antiche e moderne, una sorta di summa di quattrocento anni di studi preparata dal professor Francisco Rico, conoscitore massimo dell'opera cervantina; è corredata da un apparato di note tanto essenziali quanto illuminanti; infine è dotata, a fronte, della traduzione italiana di Angelo Valastro Canale, che si è avvalsa dei più recenti commenti al "Don Chisciotte".
I "Saggi" di Montaigne non sono un breviario di saggezza ben temperata, un prontuario di morale salutifera, ma lo specchio delle paure e delle difese di un essere che si scopre frammentario e diversificato. È infatti Montaigne stesso il soggetto di questo libro: soggetto mutevole, di cui appunto non l'essere si può descrivere, ma solo il passaggio, e un passaggio "di giorno in giorno, di minuto in minuto", adattando la descrizione al momento. Con alcuni secoli di anticipo sulle ricerche della psicologia, Montaigne sperimenta come la personalità sia un aggregato provvisorio, incomprensibile e affascinante, di soggetti istantanei, un mosaico di io che variano secondo le contingenze. Non per nulla i Saggi sono un'opera in divenire, in continua trasformazione. I due libri consegnati al tipografo per la prima volta nel 1580 (e ristampati con alcune aggiunte nel 1582), nella successiva edizione del 1588 si trovano accresciuti d'un terzo libro, non solo, ma intarsiati di più di seicento addizioni: via via che l'io muta - senza peraltro rinnegare la sua forma precedente - l'opera, sosia dell'io, dovrà mimarne le metamorfosi. Il testo stabilito da André Tournon sull'Esemplare di Bordeaux (corredato da un completo apparato di varianti) e la nuova traduzione di Fausta Garavini fanno di questa edizione un contributo fondamentale agli studi su Montaigne.
Il "Gargantua e Pantagruel" ha deliziato per secoli generazioni di lettori permettendo al suo autore di essere considerato come il "creatore delle lettere francesi" (Chateaubriand) o il "più grande spirito dell'età moderna" (Balzac). Narratore dall'inesauribile estro, François Rabelais è anche il più straordinario inventore di figure mitiche e di mirabolanti avventure che il Cinquecento abbia conosciuto. Nei cinque libri della sua opera - adesso pubblicati con il testo francese in edizione critica a fronte - il suo pubblico ha visto di volta in volta il puro intento comico e burlevole, l'atteggiamento irreligioso e dissacrante, la volontà di richiamarsi a una cultura popolare e carnevalesca, il recupero dei valori materiali e corporei, l'adesione a un cristianesimo vicino all'evangelismo erasmiano. Tutte queste letture hanno una parte di verità. Ma soprattutto va tenuto presente l'esplicito intento di Rabelais di proporre quello che egli stesso chiama il "sostanzioso midollo" dell'opera: una trama simbolica che, sotto la superficie comica, coincide coi percorsi del dubbio e si risolve nella ricerca della verità e della saggezza.