La tesi dell'autore sorprenderà non pochi: dal punto di vista ecologico, la città è più sostenibile di altri tipi di insediamenti umani. Con una scrittura fluida, un'impostazione all'insegna dell'immediatezza dei concetti e il ricorso a uno stile talora aneddotico, Owen ci dà sul tema dati importanti e interessanti. Parla degli Stati Uniti, ad esempio delle performance ambientali di New York, ma anche di Curithia in Brasile; spiega perché le caratteristiche più ecologiche di un'area ad alta densità urbana non sono anomalie inesplicabili; discute del perché più alberi in città possono non essere un elemento di efficienza dal punto di vista ambientalistico e degli spazi pubblici urbani e del loro uso pedonale, confrontati con l'uso delle automobili nelle aree a minore densità urbana; parla di trasporto pubblico in rapporto allo sviluppo urbano; esamina le contraddizioni della "civiltà liquida", dove il liquido è il petrolio. Un percorso di ecologia urbana che può contribuire a far riflettere e dibattere in modo non ideologico sull'argomento, anche grazie al contributo introduttivo che inquadra il libro nel dibattito italiano sulla città.
Nel cammino partito da Kyoto e diretto a Copenaghen, passando per il nuovo corso di Ohama, ci sono tanta documentazione, tanti interventi, tante posizioni, tanti conflitti. Ma poche visioni sistematiche e divulgative, che permettano di farsi un'idea completa su quale sia stata, sia e sarà la politica europea per l'energia e la lotta ai cambiamenti climatici. Eppure proprio le politiche in questo settore sono diventate ormai il crocevia di una serie di interventi che toccano buona parte delle principali politiche comunitarie: ambiente, commercio internazionale, mercato interno, concorrenza, industria, consumatori, ricerca, agricoltura. Il libro presenta le tappe, anche recentissime, che hanno portato all'elaborazione di azioni mirate a raggiungere obiettivi legati a problemi urgenti, che potevano trovare soluzioni solo a livello europeo. Un quadro in cui viene innanzitutto superata la tradizionale contrapposizione tra industria e ambiente: anzi, lo sviluppo delle nuove tecnologie, indispensabili per realizzare gli obiettivi della nuova politica, è considerato uno degli strumenti principali per rilanciare la competitività e creare nuove opportunità di crescita e occupazione. Tra gli argomenti afforntati: l'incrociarsi di interessi nazionali e sovranazionali; il peso dell'Europa rispetto al resto del mondo; i nuovi equilibri internazionali alla luce della "rivoluzione verde" di Obama: l'effettivo impatto socio-economico delle tecnologie verdi, il realismo degli obiettivi.
II marketing deve cambiare perché sta cambiando la società: affermazione apparentemente semplice, che nasconde però una complessità non adeguatamente analizzata, ma molto spesso banalizzata. L'autore va in profondità sul come debba evolvere il marketing, proponendo, in dieci tesi sviluppate nei particolari - e accompagnate anche da elementi iconografici - il passaggio al Societing. Si tratta di un nuovo orizzonte entro cui confrontarsi profondamente con la società postmoderna e le nuove responsabilità sociali cui si è chiamati. Elementi fondanti del Societing sono il riconoscimento di nuove forme di socialità, il valore simbolico della merce, l'evoluzione delle transazioni in relazioni, il ruolo di partner e committente del consumatore, con la fine del marketing di massa e la centralità dell'assunzione di responsabilità sociali ed etiche della marca-impresa.
La crisi finanziaria, innescata dalle insolvenze nei mutui subprime dell'estate 2007, rappresenta la prima crisi globale nella storia del sistema economico internazionale. È una crisi profonda: di fronte alla più grave recessione del secondo dopoguerra, non si sono ancora individuati efficaci interventi di policy per correggere i più gravi squilibri di sistema e ripristinare la fiducia degli operatori. Ciò che colpisce non è tanto la magnitudo delle forze destabilizzanti, quanto il repentino stravolgimento del sistema di regole faticosamente sedimentato negli ultimi venti anni. Le interpretazioni della crisi oscillano fra due polarità: la riduzione degli attuali squilibri a una fase ciclica particolarmente severa ma "normale"; una rottura di sistema di portata così radicale da segnare la fine degli attuali assetti economici. Queste due polarità sfociano in opposte ricette. La prima ritiene sufficiente qualche aggiustamento per facilitare una rapida ripresa ciclica e il ritorno alla situazione preesistente; la seconda sostiene invece la necessità di un più invasivo ruolo dello stato e il ripristino di una regolamentazione direttiva. La tesi di questo libro è intermedia: la stabilità e l'efficienza dei mercati richiedono una regolamentazione più stringente sia degli intermediari che dei mercati, con un contenuto innalzamento dei livelli di standardizzazione dei prodotti finanziari; ma tale regolamentazione non deve essere distorsiva né bloccare le innovazioni finanziarie.