Il volume, un classico del pensiero architettonico del '900, nasce dall'idea che, antidoto al progresso forzato e ai rischi di una meccanizzazione tecnocratica, la tecnica possa essere ricondotta alla spiritualità, come mezzo per un fine fondamentale: la comunità. L'architettura esiste in funzione del corpo sociale che la accoglie, è la vita che si fa monumento. Quest'opera presenta sette modelli di progettazione della chiesa come spazio sacro e liturgico dove, simbolicamente, i fedeli incontrano Dio. Per costruire la chiesa, Rudolf Schwarz invita a partire dalla realtà, da un'immagine dell'uomo, dal suo corpo che interagisce con le forme del mondo prima di tutto attraverso l'occhio e la mano. I tipi progettuali proposti, che si sono susseguiti e intersecati nelle epoche della storia ecclesiastica, rappresentano in ogni tempo i diversi modi in cui i membri del popolo di Dio possono atteggiarsi nel loro rapporto col Signore, i fratelli, la vita e il mondo. Prefazione di Ludwig Mies van der Rohe. Presentazione di Guardini Romano.
I problemi legati all'estetica non erano mai stati al centro degli interessi filosofici di Bolzano fino agli anni Quaranta dell'Ottocento, quando vide la luce Sul concetto di bello, l'inizio di una serie di scritti che rimase incompiuta. In questo saggio l'autore definisce l'estetica come una teoria del bello: il suo primo compito è quello di indagare questo concetto, per distinguerlo da tutti quegli oggetti che hanno qualche affinità con esso - ma che con esso non vanno confusi - e per indicare con precisione quali siano le proprietà di un oggetto bello e le sue tipologie che non si limitano al bello artistico. Attraverso un'analisi rigorosa, in continuo confronto con i massimi pensatori antichi e del suo tempo - da Platone e Aristotele a Kant e Hegel -, queste pagine ci presentano un Bolzano inedito, che dà prova di chiarezza concettuale. «La successione di pensieri cui ci abbandoniamo alla vista di un oggetto bello, nella misura in cui vogliamo godere appunto soltanto della sua bellezza, scorre velocemente davanti alla nostra anima con una tale facilità e rapidità che generalmente non siamo in grado di elevarla a chiara coscienza». Bernard Bolzano.
Gilson accoglie dalla tradizione l'idea che, parlando di arte, si deve partire dalla distinzione tra materia e forma, ma ritiene che sia impossibile considerare l'arte in generale: esistono soltanto le arti, non l'Arte, perché ognuna di esse inizia da una materia data che condiziona l'opera che l'artista intende creare, suggerendogli quasi le possibilità di darle quella specifica forma. A ciascuna delle arti maggiori - l'architettura, la statuaria, la pittura, la musica, la danza, la poesia e il teatro - è dedicato un capitolo di questo libro, in cui si cerca di definirne l'essenza. Nonostante la specificità di ogni forma di arte, vi è qualcosa che accomuna le arti del bello: il fine che l'attività artistica si propone esclusivamente creare il bello in se stesso. E questo ha poco a che fare con la poetica astratta: Gilson - con ricchezza e acutezza di analisi, sorretta dalla scrittura elegante e autoironica che lo contraddistingue - parla invece di "poietiche", arti del fare, recuperando, si potrebbe dire, l'aspetto artigianale dell'arte. Alla domanda: amate o non amate la pittura di Picasso? La risposta più ragionevole è che "la pittura di Picasso" non esiste. Non esistono di Picasso che le opere individuali» (Étienne Gilson).
Il volume raccoglie alcuni dei più importanti saggi estetici di Luigi Pareyson (1918-1991) scritti nel periodo compreso fra il 1950 e il 1971 e significativi per far luce sulla stretta relazione da lui indicata fra Estetica e metafisica. Scelti accuratamente, raccolti, e commentati da uno dei suoi allievi, sono qui editi in prima edizione, per meglio coglierne l'originaria forma di elaborazione e lo sviluppo all'interno dell'evoluzione del pensiero pareysoniano. Un'antologia rappresentativa di un paradigma filosofico capace di coniugare arte e filosofia, conoscenza e verità, interpretazione e trascendenza, e che avvicina alla proposta metafisica che Pareyson avanza rispetto ai dilemmi dell'uomo contemporaneo.
Che cosa induce gli uomini a obbedire alle leggi? Quali sono i fondamenti ultimi dell'ordine politico? Secondo Voegelin la religione è il fattore che tiene insieme le società, la chiave di volta dell'esistenza umana, che si muove in una tensione perenne tra la precarietà della vita terrena e l'eternità dell'essere assoluto. La tradizione cristiana parla di creaturalità, ovvero lo stare in relazione con l'originario divino, ma al contempo segnati dalla finitezza e dalla morte. Se per Voegelin la crisi profonda che ha investito l'Occidente negli ultimi secoli nasce dal ripiegamento su se stessi, un percorso di ascesa è possibile grazie all'esperienza, descritta da Platone, dell'essere attratti fuori da sé, che corrisponde alla forza della grazia e all'attrazione del Cristo di cui parla il Vangelo. Religione e filosofia non sono in contraddizione, ma rivelano il nucleo dell'individuo come essere umano: la tensione verso Dio, l'invalicabile limite della persona.
Eric Voegelin (1901-1985) filosofo statunitense di origine tedesca si è occupato di filosofia politica e di storia della filosofia moderna. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo "Ordine e storia" (2 volumi, Vita e Pensiero, 2009-2015)
Nel 1955 Gilson tenne, presso la National Gallery of Art di Washington, sei lezioni sulle belle arti, forma nascente di questo volume che si presenta come una introduzione pittorica alla filosofia, ovvero un tentativo di pensare a partire da un certo ordine di fatti, i dipinti, per dedurne conclusioni di ordine filosofico. Lungo un cammino che intreccia opere, tra gli altri, di Cimabue, Piero della Francesca, Michelangelo, Vélasquez, Delacroix, Van Gogh, Mondrian, si delinea «un capolavoro per l'approfondimento teoretico fondamentale e l'ispezione accurata del proprio territorio» - nota Roberto Diodato nella Premessa -, nonché uno degli scritti più originali del filosofo francese, qui per la prima volta tradotto in italiano.
L'Introduzione alle arti del bello è pubblicata nel 1963 e segue di poco l'altra opera dedicata alle arti, Pittura e realtà (1958). Qui Gilson si propone di elaborare una filosofia dell'arte che ritiene vada nettamente distinta sia dall'estetica, sia dalla critica d'arte che, secondo Gilson, non è imitazione, non è conoscenza ma è eminentemente un fare. Questa prospettiva consente a Gilson di esaminare la natura del bello, di distinguere ciò che è arte e ciò che non lo è, di separare la posizione dell'artista da quella del fruitore e di affrontare, con posizioni originali, alcuni temi di attualità, come la pretesa che l'arte debba esprimere qualcosa o lanciare messaggi.
Etienne Gilson (1884-1978), storico della filosofia medievale, è stato uno dei più importanti filosofi francesi del Novecento, considerato con Jacques Maritain uno dei massimi esponenti del neotomismo. Nel catalogo Morcelliana ricordiamo il classico: Lo spirito della filosofia medioevale (2009).
Prendendo avvio dalla nozione di sistema e dall’esame di alcune particolari realtà – le immagini, le persone, le opere d’arte, i corpi virtuali – il volume indaga la categoria di relazione. In principio è la relazione e l’analisi dei corpi virtuali ne mostra bene l’originarietà. Ibridi ontologici, plessi di corpo e immagine, oggetto ed evento, interno ed esterno, artificiale e vivente, esistono solo nell’interazione. Come emerge in alcune operazioni artistiche che schiudono orizzonti di possibilità estetiche ed etiche.
ROBERTO DIODATO insegna Estetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore e alla Facoltà di Teologia di Lugano. Per Morcelliana ha pubblicato: La bellezza non salverà il mondo (ebook, 2020); Logos estetico (2012) e, con E. De Caro e G. Boffi, Percorsi di estetica. Arte, Bellezza, Immaginazione (2009).
Questo studio sull'estetica di ispirazione tomista, animato dall'intento di riattualizzarla, ebbe una irradiazione considerevole nell'ambiente degli artisti, dei filosofi e dei teologi, in quella temperie spiritualmente e culturalmente fecondissima e fermentante della Parigi degli anni Venti, tra le "sperimentazioni" di Jean Cocteau, l'arte di Henri Ghéon, di Francis Jammes e di Max Jacob, la pittura di Georges Rouault, quella di Gino Severini e l'avanguardia musicale di Erik Satie, di Arthur Lourié, di Francis Poulenc, di Georges Auric, di Darius Milhaud, di Igor Stravinskij. In un mondo così caleidoscopicamente "anarchico", le chiare distinzioni concettuali e il senso del mistero del soggetto umano nel suo "fare" artistico, propri dell'estetica che si riallaccia a san Tommaso - attraverso l'intelligenza vigorosa e la sensibilità artistica di Jacques Maritain, affinata dalla consuetudine con la delicata poesia religiosa di Raissa - stabiliscono un ordine profondo e organico, al di là delle artificiose "sistemazioni" ideologiche.
In un mondo moderno, «troppo umano», che insegue il desiderio di emanciparsi da ogni Trascendenza e che intuisce il declino della Bellezza e della ricerca della verità, si concretizza l'anelito del cristianesimo contemporaneo per un'estetica teologica, il cui obbiettivo è il recupero del bene e del vero attraverso l'esplorazione del bello. Una riflessione teologica qui delineata tramite le voci di alcuni tra i maggiori pensatori occidentali - da Agostino che rintraccia in Dio la Bellezza Ultima a Tommaso d'Aquino che la vede nel Cristo, a Kierkegaard che esplora il salto della fede attraverso l'insoddisfazione e la disperazione, fino a Dostoevskij e von Balthasar-, con incursioni nella teologia orientale di Evdokimov, che legge nella figura del Crocifisso la cifra della Bellezza che splende e salva. L'autore sonda inoltre la predisposizione delle arti (musica, cinema, poesia e architettura) a divenire luoghi di rivelazione della Trascendenza: vie della Bellezza.