Nel primo volume della monumentale tetralogia dedicata a Federico il Grande l'autore ne ripercorre la giovinezza, l'ascesa al trono nel 1740 e la conquista della Slesia alla fine dello stesso anno. Ne esce un grande affresco che delinea i tratti umani, poetici, filosofici, militari e politici del più grande sovrano del suo secolo. Nato nel 1712, Federico vive un'adolescenza terrificante dominata da un padre despota, che cerca di soffocare la sua naturale vocazione da poeta e musicista, cosa che non gli impedirà di diventare uno dei massimi condottieri della storia. Compone inoltre in francese un'opera poetica più imponente di quella di Molière, ma anche 126 sonate per flauto, strumento che padroneggia da grande virtuoso. Tre giorni dopo essere salito al trono abolisce la pena di morte e la tortura, poi mette mano alla riforma della giustizia, che riduce la durata dei processi ad un anno. Fa anche spedire in galera un paio di giudici, perché "un giudice disonesto è peggio di un bandito di strada" Abolisce la servitù della gleba nelle terre demaniali e distribuisce la terra ai contadini, il primo a farlo, secondo Karl Marx. Corrisponde per una vita con d'Alembert e Voltaire, che lo ammirano e sognano come il resto d'Europa l'avvento ovunque di un sovrano assoluto altrettanto illuminato. Compie ogni anno un giro delle province su un vecchio e malandato calesse per verificare de visu l'esecuzione delle riforme decise. In fatto di tolleranza rimarrà sempre inimitabile, soprattutto in fatto di fede, poiché "non credo in nessuna religione, ma le tollero tutte". Quando poi 'Europa intera mette al bando gesuiti, li accoglie nel suo regno, perché sono i migliori insegnanti in circolazione, dei quali ha bisogno per diffondere l'istruzione ovunque. Nel vedere a Berlino una folla accalcata davanti a un muro, che ha affissa una sua feroce caricatura, si avvicina e commenta: "Mettetela più in basso, così possono vederla tutti senza stirarsi il collo". Uno dei suoi limiti è la misoginia, infatti mai una donna metterà piede nella sua reggia di Sanssouci, compresa la moglie. Sul suo assolutismo illuminato Voltaire dirà che è " meglio obbedire ad un bel leone che a duecento ratti."
"Una gabbia per l'allevamento dei tonni è il suo primo ricordo. In quel tratto del mar d'Africa a una decina di miglia dalla costa, i pescatori catturano i giovani tonni e li nutrono fino alla mattanza. Lui è attaccato a una rete metallica circolare di una ventina di metri di diametro, con una passerella da cui si butta il mangime ai pesci. Ma non è esattamente aggrappato. E legato con una corda alla schiena di qualcuno che artiglia la rete. Chi è l'uomo? Suo padre? E che ne è stato della madre? Non chiedetelo a lui. Non sa nulla e non ricorda nulla. All'alba è perso tra sonno e veglia. Per tutta la notte ha udito i lamenti degli altri appesi alla gabbia dei tonni. Ogni tanto sentiva qualcosa premere sull'uomo a cui è legato, e quando si è fatto chiaro ha visto al di là della rete i grossi pesci argentati fissarlo con i piccoli occhi neri orlati di bianco e tuffarsi nella schiuma."