Durante una notte surreale, e nello stesso tempo fin troppo reale, una donna, una scrittrice, tornata nel paese siciliano dove è nata, nella piazza dove passeggiava bambina, ascolta decine di voci che giungono da un altrove indistinto, che si fanno strada in una nebbia strana, inquietante. Sono voci di donne morte, che vogliono, devono, raccontare le loro storie perché la scrittrice le trascini fuori dall'oblio al quale sono destinate. Sono storie quasi sempre dolorose, a volte tragiche, che hanno una caratteristica in comune: l'umanità delle protagoniste, la loro complessità emotiva e intellettuale, i loro sentimenti, le loro vite vere, insomma, tutto viene sempre e inesorabilmente annullato nella dicotomia maschile della donna «santa o buttana». Ma non solo per raccontarsi, i fantasmi di queste donne parlano all'autrice: c'è anche un'altra storia, che tutte le coinvolge, e che vogliono si sappia. La storia di Adele, figlia di Rosa, ma non del suo legittimo marito, Rosario. E la colpa più grave di Adele è quella di avere i capelli rossi, come il suo vero padre, segno inequivocabile del tradimento, della colpa, delle corna. Per questo Rosario passerà il resto della sua vita nel tentativo di uccidere la bambina, poi ragazza. E per questo le donne del paese, le stesse donne che si raccontano, faranno di tutto per salvarla. Perché levare almeno la piccola Adele dai meccanismi mentali malati di questi maschi brutali, ancestrali e irredimibili, vorrebbe dire aver salvato tutte loro.
Dopo essere fuggito dal proprio Paese d'origine, la Nigeria, e aver trascorso tre mesi in una lontana terra straniera di cui ignora la lingua, il famoso musicista Taduno riceve una lettera da Lela, la donna che ama. Nessuno, nemmeno Lela, sa dove lui viva attualmente, e il fatto che quella lettera sia riuscita a raggiungerlo risulta quindi inspiegabile. Lela gli fa sapere che nel corso della sua assenza il loro Paese è cambiato, e lo implora di restare dov'è e rifarsi una vita. Ma ottiene l'effetto opposto, e Taduno decide di fare ritorno per scoprire che cosa stia succedendo, senza badare ai rischi che tale gesto comporterà. E così inizia la drammatica ed epica storia di un musicista che a colpi di canzoni dà battaglia a un dittatore sanguinario, reo di aver cancellato la memoria dal suo Paese; una vicenda che, via via che la lettura procede, appare sempre più ispirata alla figura di Fela Kuti, il celebre artista africano che non rinunciò mai al diritto di diffondere la musica che riteneva giusto fare.
Un veliero, tre sorelle in fuga da una faida scoppiata per evitare che una di loro diventi regina, un viaggio avventuroso tra Cipro, l'Egitto, il Nord Africa e Cartagine. È questo l'inizio del mito di Didone: regina di diritto, esule per volontà degli Assiri. Didone è una donna volitiva, impulsiva, intelligente e per questo temuta e osteggiata. Costretta da una congiura a fuggire dal Libano, attraversa l'intero Mediterraneo per poi fermarsi nel Nord Africa, fondare Cartagine e con essa costruire il mito dei Fenici. Amata e finalmente protetta dal suo popolo, Didone incontrerà l'uomo che per la prima volta la farà innamorare ma, allo stesso tempo, la porterà alla distruzione: Yarbas, un giovane, bellissimo e crudele principe del deserto. Per lui perderà il bene più prezioso, suo figlio Annibale, e per lui attraverserà il Sahara, si allontanerà dalla sua città, e finirà umiliata e tradita. Tornata a Cartagine, in una città che ora la osteggia, troverà la morte a causa di una aggressione proprio dentro il tempio del quale è sacerdotessa. Il potere, il potere maschile, si libera così di una donna troppo forte per i suoi tempi, e la Storia trova la sua prima eroina. Gaia Servadio racconta Didone: una donna forte, libera, indipendente, profondamente appassionata, e lacerata dall'eterno contrasto tra amore e potere, ragione e sentimento.
Gregorio è un ragazzo prodigio, un genio dell'informatica, il bersaglio preferito dei bulli della scuola. Quando la professoressa di economia gli comunica l'intenzione di sostenere la sua candidatura al MIT di Boston, Gregorio vorrebbe gioire per la notizia ma non può: c'è un ostacolo, e sono i suoi genitori. Il padre, un genetista fallito afflitto dal peso di una colpa che da trent'anni lo soverchia, e la madre, una personalità ambigua, educata alla sottomissione e alla vendetta, sono una coppia borghese alla deriva, che sembra vivere per mantenere lo status quo acquisito e frustrare le speranze del figlio. Mentre la crisi incomincia a diventare una peste letale per chiunque, tra combattere contro un orizzonte di odio e ricatto o arrendersi e soccombere, Gregorio sceglie l'esilio, diventando un NEET (giovani che non studiano e non lavorano). Nel frattempo, dall'altra parte della città, una sua coetanea, Gaia, è stata arrestata per aver hackerato il sito di un noto esponente politico, sperando di farsi notare da Anonymous, in cui sogna di entrare. La madre, una marziale ex dirigente del ministero dell'Istruzione, per sfruttare le sue abilità e nel contempo punirla, la obbliga a partecipare a un'operazione governativa segreta senza precedenti nella storia del web. L'opera vive in perenne tumulto, come i suoi protagonisti, nati appena dopo la caduta del Muro di Berlino; con le loro esistenze, sembrano fotografare la situazione sociale e politica del nostro Paese, dove tutto pare ruotare intorno alla stessa, ossessiva domanda: «chi è il tuo nemico?».
Grégoire è un ragazzo come tanti. Ma è anche un tipo speciale. Ha tredici anni, trentacinque chili di adolescenza, ribellione, pensieri e sogni. A scuola non è un granché, anzi... con grande dispiacere dei suoi genitori. E dove trova rifugio e comprensione il fantasioso ragazzino? Nel capanno degli attrezzi dell'adorato nonno Léon con cui passa ore felici a fare ciò che più ama: costruire macchine ingegnose, riparare attrezzi, intagliare il legno, dipingere modellini. Il nonno è l'unico che lo capisce, il suo punto di riferimento, il centro del suo universo... Ma quando il grande Léon si ammala, Grégoire decide di dare una svolta alla sua vita: è ora di crescere, di impegnarsi, di dimostrare che anche lui è capace di qualcosa.