Nella produzione storiografica sulla mobilitazione civile negli anni della Grande Guerra è stato dato poco spazio alla partecipazione delle donne. Facendo propria la convinzione di un'estraneità delle donne al conflitto, la storiografia ha analizzato prevalentemente gli episodi di ostilità alla guerra da parte di donne operaie e contadine o qualche iniziativa isolata di donne dei ceti abbienti e di élite femminili intellettuali. Questo volume fornisce, invece, un quadro complessivo delle attività di assistenza e di propaganda svolte dalle donne mobilitate a sostegno del primo conflitto mondiale. Aspetto della storia della Grande Guerra ancora poco conosciuto, la mobilitazione femminile fu invece un fenomeno di vaste proporzioni e rappresentò la prima esperienza di partecipazione delle donne alle vicende politiche del paese, momento fondamentale del loro processo di nazionalizzazione. La ricerca si basa su documentazione reperita in fondi archivistici nazionali e locali, in quelli di organismi e istituzioni della mobilitazione civile, sullo spoglio della pubblicistica delle associazioni femminili di assistenza e propaganda, sulla stampa femminile dell'epoca.
Fu in qualche modo un percorso di avvicinamento necessitato, quello che condusse gli Stati Uniti e la Santa Sede a instaurare rapporti diplomatici. Un percorso che venne ufficializzato il 23 dicembre 1939, nel messaggio natalizio con cui Franklin Delano Roosevelt chiedeva a papa Pio XII - da pochi mesi salito sulla Cattedra di Pietro - che fra i due ordinamenti si ristabilisse un contatto diplomatico. Ad accelerare il disgelo tra le due massime "forze morali" del pianeta contribuì infatti senza dubbio l'escalation nazifascista, insieme con il progressivo irrigidimento di Pio XII e di Roosevelt nei confronti dei regimi italiano e tedesco. Si venivano così a superare le barriere politiche e culturali che avevano impedito l'assimilazione del cattolicesimo nel tessuto nazionale statunitense e, di riflesso, avevano acuito la difficoltà americana a considerare il Vaticano quale interlocutore alla stregua degli altri attori internazionali. Un ravvicinamento che si concretizzò dopo una lunga gestazione, contraddistinta da improvvise accelerazioni e da brusche frenate, durante gli anni fra le due guerre, anni che restano fra i più convulsi e drammatici della storia del ventesimo secolo.
In questo inizio di terzo millennio una grande trasformazione ha investito la vita delle collettività organizzate - che la modernità aveva regolato attraverso il monopolio normativo degli Stati nazionali - fino a mettere in crisi uno dei caratteri ritenuti essenziali del diritto: la dimensione territoriale della produzione normativa e delle funzioni giurisdizionali. I fenomeni che hanno accompagnato la crisi della sovranità statale hanno fatto rinascere gli interrogativi sui problemi dell'universa-lizzazione del diritto e dei diritti, influendo anche sulla politica e sull'esercizio stesso della democrazia e delle sue ragioni, e riproponendo i problemi della fondazione etica delle regole di convivenza collettiva. Facendo tesoro della lezione anticipatrice che viene da due maestri della filosofia giuridica e morale del Novecento, Pietro Piovani e Giuseppe Capograssi, il volume ripercorre le questioni fondamentali che si presentano al centrale intreccio fra etica, diritto e politica nel nostro tempo, mostrando la convinzione che nell'epoca della globalizzazione possano felicemente riprendere vigore le realtà intermedie in grado di consentire lo svolgimento di una dimensione autenticamente sociale della vita comune, creando un ponte fra le ragioni dell'individuo e le ragioni dell'organizzazione collettiva.