Abu Hamid Al-Ghazali agli occhi dei musulmani ha la stessa rilevanza che per un cristiano possono avere S. Agostino o S. Tommaso d'Aquino. Oltre alle ponderose opere teologiche, scrisse una serie di libri dedicati a un pubblico più vasto, per diffondere la sua dottrina. Le due brevi opere qui presentate fanno parte di questo genere di scritti: il primo, "Il libro che preserva dall'errore", è una sorta di autobiografia spirituale. La seconda opera, "La nicchia delle luci", è un commento a un versetto del Corano, nel quale Dio paragona se stesso a una luce. La profonda interpretazione di al-Ghazàll, visionaria ma al tempo stesso lucidissima, rappresenta uno dei vertici del pensiero metafisico dell'Islam
Ghiyasoddin 'Ali di Yazd, autore di questa cronaca persiana, fu segretario alla corte di Tamerlano, e l'imperatore che ci racconta, con uno stile al tempo stesso raffinato e potente, è l'inflessibile esecutore di un disegno celeste, la cui sorte fu preconizzata sin dalla nascita da una fortunata congiunzione astrale tra Venere, Giove e il Sole. Le imprese di Tamerlano vengono lette alla luce di questo destino straordinario, che tramuta un oscuro predone di Samarcanda nel fondatore di uno dei più grandi imperi della storia, i cui confini si estendevano dall'Asia centrale all'Anatolia, dall'India alla Siria. Ciò che ad altri osservatori appare solo come ferocia, sete di sangue, smisurata e smodata passione per il potere, nella biografia di Ghiyasoddin diviene senso e amore di giustizia, affermazione della fede contro la miscredenza, imposizione agli uomini e alle cose di un superiore ordine divino. E così questo "Signore della Congiunzione astrale", che fra i nemici semina terrore e lutti infiniti, ai seguaci appare come dotato di una vista interiore, di una sapienza occulta che gli consentono di vedere al di là delle apparenze e di far trionfare nel sangue i diritti della verità.
La Baghdad dei califfi, celebre per le scintillanti storie delle Mille e una notte, nell'anno 922 fu teatro di una sanguinosa tragedia: il processo e la messa a morte di al-Husayn ibn Mansùr Al-Hallàj. Personaggio straordinario e complesso, Al-Hallàj può essere considerato non solo uno dei massimi mistici dell'Islam, ma anche uno dei suoi pensatori più sublimi. Ammirato per la sua eloquenza, per l'infaticabile ascesi, per i miracoli sbalorditivi, fu odiato da tutti coloro che vedevano nella sua predicazione una minaccia all'ordine costituito. Fu per questo che funzionari di corte e dottori della legge, si adoperarono affinché il califfo ne sentenziasse la morte. Al-Hallàj fu crocifisso al termine di un supplizio particolarmente crudele. Anche nella morte, quindi, continuò a incarnare il modello di Gesù, che aveva segnato tutta la sua esperienza spirituale. Il Cristo di cui seguì le tracce è quello del Corano e della tradizione islamica, per molti aspetti diverso da quello che i cristiani hanno imparato a conoscere, ma per i musulmani la somiglianza tra le due figure è tanto intensa da portarli a considerare al-Hallàj un vero e proprio "Cristo dell'Islam". Questo volume riunisce tutti gli scritti sicuramente attribuibili ad al-Hallàj: un Canzoniere, che raccoglie le sue poesie mistiche; il Libro dei Tawàsin, opera sfavillante di intuizioni sul mistero dell'identità fra l'uomo e Dio, e infine i Detti ispirati, sentenze in cui Dio parla agli uomini per indicare loro la via dello spirito.
Sin dalle origini dell'Islam, Costantinopoli aveva rappresentato per i musulmani una preda quanto mai ambita. Già poco dopo la morte di Maometto, alcuni dei suoi seguaci si erano spinti sin sotto le mura della città, ma la "seconda Roma" aveva sempre resistito a ogni assalto. Solo molto più tardi, nel 1453, un altro Maometto, Mehmed II, il sultano ottomano che portava lo stesso nome del suo Profeta, riuscirà a realizzare quell'antico sogno. Tursun Bey, biografo ufficiale del sovrano, ha scritto una relazione dell'impresa, originariamente intitolata "La storia del Padre della Conquista". La prosa è disseminata di versi poetici, l'arte retorica è spinta ai suoi limiti estremi e la mano di Dio aleggia costantemente sull'operato degli uomini, buoni o cattivi.
Le "Vite antiche di Maometto" sono formate da un intarsio di molte tradizioni dei primi secoli islamici. Nella storia del mondo non esiste, probabilmente, figura più complessa di quella di Maometto. In primo luogo, Maometto è la creatura che Dio forgia agli inizi dell'universo: composta di terra pura, immersa nelle acque del Paradiso e trasformata in perla radiosissima, che illumina gli angeli, Adamo e i profeti della Bibbia. Dopo molto tempo, nasce il Maometto "reale". Egli riceve la rivelazione divina da parte dell'angelo Gabriele, un episodio solenne che possiamo avvicinare soltanto alle grandi rivelazioni bibliche. Maometto teme di essere posseduto dai demoni: la moglie lo convince che è posseduto dalla parola di Dio. Appena Maometto, in questa nuova veste, entra nell'esistenza quotidiana, trova compagni, elabora leggi, comincia la conquista dei paesi arabi. Eppure proprio ora, mentre diventa il Profeta di un popolo, la sua figura perde l'elemento sacro che l'aveva avvolta. Ci sembra un uomo incerto, dubbioso, che cerca compromessi, sbaglia, desidera donne, governa un harem, combatte, commette razzie. Come dice meravigliosamente, "io sono soltanto un uomo con occhi che piangono e un cuore che soffre".