"La prima lettera ai Corinti era cara al cardinal Martini, che certamente l'aveva amata perché rivelava un volto dell'Apostolo spesso tenuto in penombra: ben lontano dal pastore appassionato, ben lontano dallo stereotipo dell'intellettuale e del teologo astratto e distaccato che gli era stato imposto da molti. Questo testo paolino presenta la vastità dei problemi che pervadono l'esistere cristiano non solo di allora ma di ogni epoca, fino ai nostri giorni. È perciò interessante seguire l'itinerario che propone il cardinal Martini, perché egli seleziona alcuni nodi capaci di riflessi attuali nella nostra contemporaneità; primo fra tutti, una certa disillusione, l'elemento che riesce a spiegare appieno il titolo scelto dal cardinale. Un itinerario, quello proposto da Martini, che riflette non solo la sua fede ma anche la sua anima di pastore, la sua sensibilità per la Parola di Dio nelle sue molteplici iridescenze, ma anche la sua profonda umanità e la sua sintonia con la cultura e la società contemporanea." (dalla prefazione del card. Gianfranco Ravasi)
L'abbandono della fede ha questo tratto caratteristico: è il suo inizio più semplice, ma anche il suo più arduo compimento. Nella figura di Charles de Foucauld, "fratello universale", c'è veramente uno spazio ospitale per chiunque, all'interno di quei due estremi. Nell'abbandono della fede - ma potremmo dire anche: nell'abbandono che la fede è - si forma una reale fraternità di uguali, per quanto diversi. La fede che ci unisce non può essere meno di questo. Ma neppure più di questo.