Dopo oltre settant'anni torna nelle librerie la "Vita segreta di Gabriele d'Annunzio", raccontata dall'insostituibile segretario e confidente, Tom Antongini. Tradotta in nove lingue, varie volte ristampata, fu pubblicata da Mondadori nel 1938 (anno della morte del poeta) ed ebbe fino agli anni Sessanta migliaia di lettori. Il suo autore, Tom Antongini, custode dei segreti più intimi del "Vate" e testimone delle sue gesta, degli incredibili sperperi, delle manie, dei clamori e delle leggende che lo accompagnarono in tutta Europa, aveva senza dubbio tutte le credenziali del "testimone chiave". La relazione di amicizia in primo luogo, resistente ai frequenti cambi di residenza e di fortuna. Il ruolo privilegiato: segretario, agente, traduttore, editore, Antongini ebbe una posizione determinante, che gli valse da parte del poeta la singolare qualifica di "custode del mio sorriso". E, per finire, lo sguardo, quegli "occhi acuti e attenti", come li definì d'Annunzio, che seppero comporre i mille dettagli di un puzzle smisurato, il ritratto di un artista geniale e megalomane in cerca di una risposta all'interrogativo: "Sono una sostanza umana, o una pura volontà di arte?"
1933, Parigi. I giornali riportano una notizia drammatica: la morte misteriosa di due giovani sposi, rincasati a notte fonda nel loro appartamento. La sera precedente hanno incontrato altre due coppie per andare in un night club e finire la serata a casa tutti insieme. Dopo che gli ospiti se ne sono andati, nel silenzio della notte risuonano degli spari. Da quel momento in poi la ricostruzione dei fatti si fa incerta e contraddittoria, senza portare a una soluzione. Molti anni dopo, il narratore prova a ricucire questa vicenda in una storia che, in qualche punto del passato, ha incrociato la sua e quella di suo padre, Albert Modiano. Ogni indizio scatena una nuova ricerca, provocando un'eco ipnotica, un cerchio che si allarga nell'acqua. Come nella maggior parte dei suoi romanzi, anche in "Fiori di rovina" Patrick Modiano torna a indagare le "cose oscure e dolorose della vita". Rievoca luoghi e fa rivivere personaggi della sua infanzia e della sua giovinezza, fantasmi irrisolti, sfocati, in una città che è ancora una volta artefice, nella memoria dell'autore, di ossessioni e nostalgie.
Sobborgo parigino, primi anni Cinquanta. Il piccolo "Patoche" e suo fratello vivono in una grande casa ricoperta d'edera, in rue du Docteur-Dordaine, nell'ovattata compagnia delle donne a cui sono stati affidati: l'austera Mathilde, sua figlia, un'ex-cavallerizza del circo e la proprietaria di un locale notturno. I genitori dei due ragazzi sono partiti, il padre per affari e la madre per un'interminabile tournée teatrale in Africa. Da dietro le porte e attraverso le persiane socchiuse i due ragazzi osservano gli adulti, i loro gesti enigmatici; ne spiano i silenzi, le telefonate, le risa, le conversazioni misteriose in cui ricorre il nome della "banda della rue Lauriston". Nell'alcova criminale in cui sono accuditi, pervasa di ambiguità e popolata da personaggi indecifrabili, Patoche e il fratello si ingegnano per collegare tra loro frasi e oggetti: un portamonete di coccodrillo, un ritaglio di giornale, un orologio, un'automobile di lusso. Con la sua scrittura nuda e cesellata, il suo vagabondare nello spazio e nel tempo, Modiano va alla ricerca del proprio passato, sospeso tra oscure rivelazioni e identità sfuggenti, portandoci a condividere lo sguardo incantato di sé bambino. Con un'intervista all'autore di Maryline Heck.