La notte di Natale, in alta montagna, due bambini, fratello e sorella, si smarriscono e poi si salvano, perdono l'orientamento e attraversano un regno misterioso di neve, pietra e ghiaccio. La lunga notte trascorsa in una grotta è carica di insidie, di seduzioni e di mistero, ma al tempo stesso è trepidante attesa del giorno nuovo, speranza di salvezza, fuga dal pericolo e dall'ignoto. Stifter racconta una storia sottile e complessa, carica di sensi che vanno oltre l'orizzonte salvifico del prodigioso finale e lasciano intravedere nell'esperienza dei fanciulli smarriti la realtà della condizione umana. Il fascino di "Cristallo di rocca" - originariamente intitolato "La notte santa" - sta proprio nella felice ambiguità tra rappresentazione realistica e rappresentazione simbolica, tra vicende e spazi verosimili e il tempo mitico della sua cornice favolistica. Sta anche in una particolare qualità di scrittura e di affabulazione che fonde e media forme della tradizione orale e il grande stile della letteratura classica.
Questo racconto d'esordio di Schnitzler è oggi considerato uno dei testi più interessanti sulla psicologia del morente e sulla relazione tra letteratura e medicina. Allo scrittore Felix viene diagnosticata una malattia che gli lascerà al massimo un anno di vita; Marie, sconvolta, giura a Felix, suo amante, di non poter vivere senza di lui e di volerlo seguire nella morte; il medico Alfred conforta il malato con parole di speranza e rimane a fianco di Marie quando lei sfuggirà alla morsa dell'amante che vorrebbe trascinarla con sé.