Daniello Bartoli (1608-1685), scrittore barocco e storico ufficiale della Compagnia di Gesù, pubblicò nel 1663 il Dell'Historia della Compagnia di Gesù. La Cina, terza parte dell'Asia, opera nella quale racconta la storia dei missionari gesuiti in Cina dalla morte di S. Francesco Saverio (1552) al centenario della fondazione della compagnia (1640). In essa, una parte consistente attiene alla descrizione della Cina dei secoli XVI-XVII nei suoi aspetti etnico, geografico, culturale, politico e religioso. Il volume indaga sulla complessità delle circostanze e delle motivazioni che hanno prodotto l'opera di Daniello Bartoli e, attraverso lo studio delle fonti e l'indagine sulle strategie costruttive, ne accerta l'alto valore storico-letterario. Anche la biografia del Gesuita è stata interamente riveduta, sulla base della ricerca metodica di fonti d'archivio. L'ampia inquadratura storica dell'opera nell'ambiente degli anni in cui fu prodotta completa l'originalità del contributo.
Verso la fine degli anni Novanta a Guadalcanal, nelle Isole Salomone a nord-est dell'Australia, esplode una guerra civile tra autoctoni e coloni originari della vicina isola di Malaita. Nel corso del conflitto, molte comunità religiose, anglicane e cattoliche, aprono le loro case per soccorrere la popolazione e le Chiese mobilitano la società civile per far convergere le parti attorno al tavolo della pace. Sette membri della Melanesian Brotherhood, fraternità anglicana impegnata nel disarmo, vengono uccisi nel corso di un tentativo di aprire il dialogo con un leader della guerriglia. Attraverso documenti e interviste, l'autrice ricostruisce la continuità spirituale che lega questi martiri contemporanei a quelli dell'epoca dell'evangelizzazione delle Isole Salomone. "Il martirio di sette di questi fratelli per mano del capo di una feroce milizia ha scioccato l'intera popolazione delle isole e ha avuto un ruolo importante nell'accelerare l'avvento di una soluzione pacifica (?). Alcune loro memorie, oggetti religiosi a loro appartenuti, sono preziosamente custodite nella chiesa di San Bartolomeo a Roma dalla Comunità di Sant'Egidio, la cui visione e testimonianza evocano, con molte somiglianze, l'impegno appassionato della Fraternità". (Dalla prefazione dell'Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams).
Viene tradotto per la prima volta in lingua italiana Il vero significato del Signore del Cielo (Tian shi zhi yi), composto nel 1607 in lingua cinese dal missionario gesuita Matteo Ricci (1552-1610).
L’opera è costruita come un dialogo tra un letterato occidentale e un letterato cinese. Negli otto capitoli del libro, corrispondenti ad altrettante conversazioni tra i due letterati, vengono affrontati, nei termini di una “rivelazione naturale”, i temi più importanti del messaggio cristiano; tra questi, la corretta definizione della figura di Dio Creatore e Ordinatore dell’Universo.
In virtù di questo suo metodo innovativo, Matteo Ricci riuscì nell’opera di inculturazione in un contesto in cui molti avevano fallito. Nel “farsi cinese tra i cinesi”, padroneggiando la difficile lingua, si conquistò l’ammirazione dei letterati locali per la sua profonda erudizione.
L’Introduzione della curatrice fornisce strumenti storici, filosofici e culturali (di ambito cinese ed europeo), atti a favorire un’attenta analisi e un’utile fruibilità del testo.
La lunga e sofferta storia delle relazioni tra cristiani e musulmani ha conosciuto tappe difficili. In epoca recente la promulgazione della Dichiarazione conciliare Nostra aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane è apparsa agli occhi di molti come una felice sorpresa.
Se il testo della Dichiarazione riflette un nuovo modo di apprezzare la fede dei musulmani e di valutare positivamente i contenuti dell’Islam, cioè è dovuto anche agli scritti e all’attività di alcuni cristiani d’avanguardia. Tra di loro emergono i profili di quattro “precursori”: Louis Massignon, Jean-Mohammed Abd el-Jalil, Louis Gardet e Georges Anawati. Essi hanno voluto superare i «non pochi dissensi e inimicizie sorti tra cristiani e musulmani nel corso dei secoli», sforzandosi di esercitare sinceramente la mutua comprensione» giacché erano tutti impegnati «a difendere e promuovere insieme (ai musulmani), per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà».
La vita della Chiesa è ricca di notevoli figure femminili, donne "forti", attive e infaticabili lottatrici in favore della dignità di tutte le persone. Una di queste personalità tanto interessanti è la spagnola Ana María Janer Anglarill, nata il 18 dicembre 1800 nella celebre città universitaria di Cervera (Catatonia). Ripercorrere attraverso il suo profilo i drammatici avvenimenti della storia spagnola ed europea dell'800 (muore quasi con il secolo) è una avventura piena di passione. Ana María Janer Anglarill riceve la grazia di un carisma peculiare, senza alcuna sovrapposizione di tipo ideologico. Seppe vivere le vicende della sua epoca con intensità e una precisione cristiana esemplare. Seguirà i feriti durante le guerre civili lungo i tortuosi sentieri pirenaici; fonderà ospedali da campo (quando non c'era alcuna assistenza né diritti riconosciuti per le vittime dei conflitti), orfanotrofi, scuole per ragazze povere, spesso vittime di quei disastri. Attorno a lei si raccoglie una compagnia di donne coraggiose e determinate, che sapranno trovare posto nella società e nella vita della Chiesa. La Chiesa si appresta a beatificare Ana María Janer Anglarill, il cui processo di canonizzazione volge ormai al suo termine.