Frutto delle ricerche condotte in India sotto la guida di S. Dasgupta e redatto nei primi anni Trenta, "Psicologia della meditazione indiana" (Psihologia meditatiei indiene) è il primo lavoro scientifico di ampio respiro del giovane Eliade: si tratta della sua tesi di dottorato, sostenuta nel 1933, che gli aprì le porte alla carriera universitaria. Il dattiloscritto della tesi fu scoperto negli archivi dell'Università di Bucarest dallo studioso Constantin Popescu-Cadem che lo pubblicò, inizialmente sulla "Revista de Istorie si teorie literarà" (1983-1985) e, successivamente (1992), come volume indipendente. Il lettore ha davanti il testo-base o lo "Yoga zero", all'origine degli sviluppi successivi sfociati nei vari libri che lo studioso romeno avrebbe dedicato all'argomento a partire dal 1936; esso getta nuova luce sull'approccio e le fonti di una ricerca sullo yoga, pionieristica e ancora in fieri, intrapresa da Mircea Eliade durante il suo decisivo contatto con la cultura indiana.
L’Induismo è sia un modo di vivere sia un sistema sociale e religioso altamente organizzato, ma diversa- mente dal Giudaismo – la cui essenza è la sottomis- sione al Dio Unico che si rivela nella storia e nella sto- ria agisce – l’Induismo è completamente libero da qualsiasi affermazione dogmatica relativa alla natura di Dio, e il cuore della religione non dipende mai dall’esistenza o non-esistenza di Dio, o dal que- sito se vi sia un solo Dio o molte divinità. Zaehner in questo suo saggio, pur essendo un con- vinto assertore dell'impossibilità di uno studio ogget- tivo del fenomeno religioso, adotta un metodo stori- co-fenomenologico che mira a cogliere la sostanza profonda e le costanti spirituali della tradizione indù, senza perdere mai di vista la prospettiva comparati- va, in nome della sua personale convinzione della sostanziale unità dello spirito umano. Lontano da un approccio antropologico, per scrivere il suo libro non sente la necessità di incontrare gli indù in India, fidandosi di più di quelli che incontra nei libri che ha a portata di mano nel suo studio o alla Bodleian Library di Oxford. Zaehner in ogni caso è sempre attento a presentare le fonti nel modo più serio e completo e a dar voce anche alle opinioni divergenti dalle sue, convinto – da uomo di fede – della genuinità e sincerità delle fedi altrui.
Gli studi sull'Islam condussero Schaya nel 1950 in Marocco, dove ebbe l'opportunità di entrare in contatto con alcuni eminenti rappresentanti della spiritualità musulmana, tra cui il venerato Shaikh Mohammed at-Tadili. Egli poté così approfondire il lato essenziale di questa tradizione, attingendo alle sue sorgenti più pure. La presente opera è un riflesso di quell'incontro intimo con lo spirito vivente del sufismo, nonché delle sue meditazioni sul Corano e sui trattati sufici. Al Corano, infatti, è ancorato tutto l'Islam, il cui messaggio gravita costantemente intorno a un solo oggetto: Allah, "la divinità" una e onnipresente; ed è nell'insegnamento sufico che è possibile scoprire il senso più profondo di questo messaggio. Il saggio di Schaya intende esporre gli aspetti fondamentali della metafisica sufica, che scaturisce dal credo musulmano "Non vi è divinità all'infuori della Divinità" (la ilaha ili-Allah), e la sua interpretazione esoterica, secondo la quale "la divinità" è "il tutto che è unico" e "l'unico che è tutto".
Storia, tradizioni e pratiche della mistica ebraica
"La mistica ebraica è un roseto con mille spine. La maggior parte dei libri intrappola il lettore tra le spine; Le via della Cabala ci permette di sentire il profumo del fiore. Questo è un libro da leggere più e più volte".
Rabbi Rami M. Shapiro
La mistica ebraica è fiorita – talvolta brillantemente, talvolta oscuramente – nel corso di cinquemila anni. In Le Vie della Kabbalah Perle Epstein offre una vivida ed accessibile introduzione ai metodi, alle scuole e ai praticanti di questo mondo affascinante. L’Autrice traccia la storia della Cabala attraverso le vite dei suoi illustri studiosi e santi, e sbroglia la rete delle antiche tradizioni celate in testi quali il Sefer Yetzirah e lo Zohar. Queste pagine sono attraversate dalle parole di cabalisti e mistici straordinari – tra cui Simeon Bar Yohai, Isaac Luria, Abramo Abulafia e il Baal Shem Tov – i quali impartiscono istruzioni su pratiche che vanno dalla contemplazione degli insegnamenti segreti della Bibbia al rito, alla preghiera estatica e alla meditazione intensiva.
"L’autore spiega la cabala con la massima chiarezza con cui può essere illustrata, e con un’autentica simpatia verso il sapere mistico".
Isaac Bashevis Singer
Pitagora non lasciò alcuno scritto. Il breve testo in esametri greci, noto col titolo latino di Aureum carmen, è stato volta a volta attribuito a Pitagora stesso, a Empedocle, a Filolao, a Liside. In realtà, si tratta di una silloge di età tarda, per la quale è possibile postulare una fonte risalente al IV secolo a. C.
I precetti forniti dai Versi riguardano l’osservanza degli obblighi religiosi e dei doveri naturali, la vigilanza sulle passioni, la moderazione, la sopportazione dei dolori, la distanza dagli eccessi, l’equilibrata cura del corpo. Libero nelle sue scelte, l’uomo è responsabile della propria condotta, per cui è esortato a riflettere prima di agire, mentre gli viene ricordato che, per un felice compimento delle azioni, sono necessari l’esame di coscienza e la preghiera. Grazie alla purificazione spirituale, il pitagorico raggiungerà un grado di perfezione tale, che potrà conoscere l’essenza comune agli dei e agli uomini, finché la sua anima, liberata dai vincoli delle passioni, ascenderà al libero etere.
Nel 1959 Julius Evola pubblicò una nuova versione di questo testo. “In un commento e in uno studio introduttivo – scrisse poi nel Cammino del cinabro – ho utilizzato le principali testimonianze esistenti sul pitagorismo nonché il commento di Ierocle ai Versi per cercar di dare al lettore una idea complessiva del pitagorismo e dello spirito di esso”.
Si è perciò ritenuto opportuno pubblicare, in questa nuova edizione de I Versi d’Oro pitagorei, l’introvabile Commentario di Ierocle, la Vita di Pitagora, scritta da Porfirio, e un brano della Vita pitagorica di Giamblico, in una nuova traduzione eseguita dal curatore dell’opera, Claudio Mutti, che nel saggio introduttivo ha seguito l’evoluzione del lungo rapporto di Evola con la tradizione pitagorica.
Un cavaliere completamente verde irrompe nella corte di re Artù e chiede di essere decapitato, sfidando Gawain un anno dopo. Un uomo perde la sua preziosa perla tra l'erba di un giardino e ha la visione del paradiso. L'antico mito di Orfeo ed Euridice si rinnova in un ambiente medievale. Avventura, magia, esoterismo, misticismo, amore e morte in tre testi del XIV secolo riscritti per i lettori di oggi dall'autore de Il Signore degli Anelli.
Lo studio della storia delle religioni rappresenta un ambito specialistico ma, poiché la religione rientra nel novero delle forze che hanno plasmato i grandi orizzonti culturali, è notevolmente importante. Il breve saggio di Franz Altheim, pubblicato per la prima volta nel 1957, si occupa appunto di storia delle religioni, e in particolare di storia delle religioni tardoantiche. L'argomento su cui verte il lavoro del professore tedesco è il culto del dio Sole nel bacino del Mediterraneo attraverso i secoli. Il percorso geografico e storico di questa divinità inizia dal mondo arabo e lentamente influenzerà la religione romana, già di per sé costituita da un'unione di elementi allogeni (divinità greche ed etrusche), sovrapponendosi a quello di Mithra, di derivazione indo-iranica. Testimonianze di questa religione solare sono rintracciabili nelle "Etiopiche" di Eliodoro e nei testi del filosofo neoplatonico Porfirio. L'intricato percorso del dio Sole, nell'accurata e dotta esposizione di Altheim, si conclude con gli imperatori Aureliano, che si proclamava vicario terreno del Sole, e Costantino, spesso assimilato all'astro nascente.
La parola greca gnosis significa semplicemente "conoscenza", ma nella letteratura gnostica non si tratta affatto di un sapere qualunque ma di una rivelazione segreta e misteriosa. Le sette gnostiche, infatti, affermano spesso di possedere libri di origine superiore al mondo profano, attribuiti a personaggi prestigiosi, autentici inviati celesti. Gli gnostici per i Padri della Chiesa erano falsi cristiani, un'accozzaglia di movimenti eretici diversificati e ramificati all'infinito in innumerevoli sette e sottosette, tuttavia sono molti gli storici che ancora considerano lo gnosticismo come una congerie di fantasticherie bizzarre, incoerenze, strani miti, fantasmagorie prive di qualsiasi interesse filosofico, in definitiva nient'altro che una branca particolarmente degenerata dell'inquietante sincretismo religioso del I e del II secolo della nostra era. Questo libro prova ad analizzare i tratti comuni presenti nel grande magma dello gnosticismo e conduce il lettore attraverso un excursus storico-filosofico di questa dottrina che predicava la salvezza dell'anima attraverso la conoscenza e che è rinata più volte nei secoli, perfino in età contemporanea, all'interno del romanticismo, del simbolismo e del surrealismo.
Storico, archeologo, antropologo e presidente della Società di mitologia francese, Bernard Sergent ricostruisce in questo saggio le origini comuni di celti ed elleni, entrambi con un ceppo comune. I due popoli elaborarono costumi sociali simili intorno al VI-VII secolo a.C. e nei miti comuni si possono rintracciare costumi comuni, anche se i cicli di riferimento sono diversi: quelli greci sono classici, quelli irlandesi risalgono a molto dopo, il 700-800 d.C.
Il volume presenta, tradotti e commentati, alcuni scritti dell'Imperatore Giuliano rappresentativi del suo "ellenismo militante" e del suo progetto di restaurazione religiosa. La tesi esposta nello scritto "Contro i galilei" è che la dottrina cristiana costituisce il prodotto di una macchinazione, un'eresia del giudaismo diffusa da una minoranza di ebrei distaccatisi dalla loro tradizione. Nel quadro del programma della restaurazione giulianea, l'"Inno al Re Helios" avrebbe dovuto costituire il testo dottrinale di quel "monoteismo solare" che l'Imperatore intendeva contrapporre al cristianesimo, mentre l'"Inno alla Madre degli dei" intraprendeva un'esegesi dei miti greci sulla base delle dottrine misteriche.
In questo volume è stata raccolta ed ordinata cronologicamente una buona parte degli articoli e di altri scritti di René Guénon, scelti fra quelli non ancora tradotti in lingua italiana o comunque di difficile reperimento. Nonostante la varietà dei temi in essi trattati, emerge chiaramente da queste pagine un preciso filo conduttore, che è quello della distinzione fondamentale fra la Tradizione, intesa come dottrina metafisica primordiale, e le singole forme tradizionali che da essa si sono via via originate nel tempo, come i rami di un unico grande albero.
Questa opera è il coronamento di mezzo secolo di continuità di pensiero di Frithjof Schuon sulle ultime due religioni monoteistiche: il Cristianesimo e l'Islam, che vengono esaminate anche nelle loro espressioni principali: cattolicesimo, ortodossia, evangelismo da una parte, sunnismo e sciismo dall'altra. L'autore ne delinea, le particolarità e ne spiega le differenze, ponendo in rilievo gli aspetti d'incontro esoterici.
Il Sufismo, corrente della mistica islamica che assunse importanza nelle prime esperienze monastiche del VII secolo, e l'Esicasmo, teoria e pratica meditativa ascetica, propria della teologia bizantina, trovano una seria e completa trattazione in questi saggi e articoli che Michel Valsan pubblicò nella rivista Etudes Traditionelles tra il 1961 e il 1971.
E' il primo lavoro complessivo sui Catari che utilizza i testi originali, scoperti e pubblicati dagli anni Quaranta in poi, dissolvendo così il luogo comune tradizionale di una religione misteriosa, cancellata dalla storia, che può essere ricostruita solo con difficoltà. L'opera affronta il dogma, la liturgia, il culto e l'ecclesiologia della religione catara e ne dimostra il carattere indubitabilmente unitario.
Lo zen è la dottrina segreta trasmessa, al di fuori delle scritture, dallo stesso Buddha al suo discepolo Mahakaçyapa, introdotta in Cina verso il VI secolo da Bodhidharma e poi continuatasi attraverso una successione di maestri e di "patriarchi" sia in Cina che in Giappone, ove la sua influenza perdura e lo zen ha ancora oggi i suoi rappresentanti e le sue sale di meditazione (Zendo). Chi del buddhismo avesse le errate idee popolari a base di annichilamento e di nirvana estatico, troverà invece il buddhismo, presentato come una dottrina dell'illuminazione e della libertà spirituale.