Bologna, 1858: le guardie pontificie, su ordine del Tribunale dell'Inquisizione, strappano dalle braccia dei genitori un bimbo di sei anni, Edgardo Mortara, figlio di un mercante ebreo, che una domestica cattolica sostiene di aver battezzato di nascosto anni prima. A favore del piccolo intervengono Napoleone III, Francesco Giuseppe, Cavour. Ma Pio IX è irremovibile: Edgardo crescerà in convento, diverrà prete e morirà novantenne, vittima fino in fondo dell'intolleranza antisemita. Un bambino, e poi un uomo, trasformato suo malgrado in un simbolo.
Maria Oliverio, detta Ciccilla, nasce in Calabria, da famiglia poverissima. Combatte al fianco di Pietro, brigante e ribelle, diventando presto la prima e unica donna a guidare una banda contro l'esercito regio. Si conquista così un futuro come donna, come rivoluzionaria, come italiana di una nazione che ancora non esiste ma che forse sta nascendo con lei.
«Credo che qui si nasconda il dono più grande di Dante che noi non possiamo assolutamente trascurare, perché ne va della nostra felicità. Dante scrive il Paradiso per aprirlo dentro di lui e dentro chi avrà la pazienza e il coraggio di seguirlo: di muoversi con lui. In paradiso non ci si va, ci si sta, solo se lo si vuole accogliere, o meglio liberare, dentro di sé.» (Alessandro D'Avenia)
«Delle tre cantiche il Purgatorio è quella che più facilmente possiamo sentire nostra. Perché nostra, quotidiana, è la domanda drammatica da cui tutto il cammino del Purgatorio muove: si può ricominciare? Il male c'è, è innegabile, a volte sembra invincibile, per quanto ci sforziamo, ci ricadiamo sempre; ma davvero è l'ultima parola? Si può sperare di raggiungere il bene? Di tornare "puri e disposti a salire a le stelle"?» (Franco Nembrini)
«Un nuovo commento alla Divina Commedia senza nessuna pretesa specialistica, nato dall'amicizia con un gruppo di ragazzi che ha accettato la sfida di un dialogo tra il Sommo Poeta e la loro vita di ogni giorno, con le sue ferite e le sue domande. Un commento che, arricchito dalle formidabili immagini di Gabriele Dell'Otto, spero possa contribuire allo scopo che Dante stesso si era prefissato scrivendo la Commedia: "allontanare i viventi in questa vita dallo stato di miseria e condurli allo stato di felicità". Tutti, indipendentemente dall'età, dalla professione, dal grado di studi.» (Franco Nembrini)
Racconto autobiografico e insieme pamphlet politico, "La linea della palma" è anche un j'accuse sul mondo a cavallo tra vecchio e nuovo Millennio; una lunga conversazione in cui Camilleri, sollecitato dal giornalista Saverio Lodato, mette a nudo la sua esperienza di scrittore e di uomo di spettacolo, ma anche di uomo impegnato politicamente. Sono pagine di grande intensità, a volte pungenti sino all'invettiva, dense di ricordi sull'universo familiare, sugli anni del fascismo e della guerra, sulla mafia di ieri e di oggi, e su quella mentalità subdola e strisciante che - proprio come le vegetazioni tropicali delle palme di cui parla un altro illustre siciliano, Leonardo Sciascia - dalla Sicilia penetra in tutta Italia e in Europa.
Quando Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, vide Anila per la prima volta rimase di sasso. Quella bambina non avrà avuto più di dieci anni. Che cosa ci faceva una creatura così piccola, da sola, in una nave piena di naufraghi disperati? Di solito, ragionò, i bambini di quell'età arrivano qui in Italia accompagnati dai genitori, o da un amico di famiglia o da qualche altro adulto conosciuto lungo il viaggio. Allo stupore di quel primo istante seguì una certezza: l'arrivo a Lampedusa per Anila non era la fine di un lungo viaggio ma solo una tappa intermedia, un nuovo punto di partenza verso il suo vero obiettivo, trovare la mamma «da qualche parte in Europa» e salvarla. Da tutto. Dalla prostituzione, dal vudù africano che la teneva in scacco, dalla non meno malefica burocrazia occidentale, ma soprattutto dai suoi stessi sensi di colpa. Pietro Bartolo accetta di accompagnare Anila lungo questo suo nuovo percorso. E, attraverso i suoi occhi neri e profondissimi, si proietta dentro l'interminabile incubo dei tanti migranti bambini che negli anni sono arrivati - da soli - sulle coste italiane: la miseria di Agades, la traversata del deserto, gli orrori delle carceri libiche, il terrore del naufragio nelle acque gelide di un Mediterraneo invernale e ostile. A metà strada esatta tra un romanzo di formazione e un documentario, queste pagine ci permettono di toccare con mano, di scoprire in prima persona che cosa c'è davvero dall'altra parte dell'«allarme immigrazione», quello che troviamo rilanciato negli slogan più beceri di questo medioevo permanente in cui la politica ci ha catapultati. Un libro per capire l'importanza di essere testimoni. Perché, alla fine, l'unico pericolo che corre davvero la nostra civiltà davanti al tumultuoso flusso migratorio di quest'epoca è quello dell'incomprensione e della stupidità.
Le leggi italiane sono imbevute di cultura cattolica. Dall’aborto alla fecondazione assistita, al fine-vita, i dogmi confessionali continuano a influenzare le norme. Tutto è reso più assurdo dal fatto che la Bibbia non dice in proposito quello che le si è voluto far dire. I due autori – il più noto e controverso studioso delle Scritture e un’autorevole docente universitaria – analizzano queste leggi, illustrando come la traduzione letterale delle Scritture non autorizzi minimamente l’interpretazione più comune dei teologi.
Forte della sua esperienza come team leader vincente, e con un occhio sempre puntato sulla dimensione femminile, Daniela Bonetti smonta le "cattive abitudini" e le mentalità negative che portano al fallimento della squadra, per spiegare poi come si deve essere e cosa si deve fare per creare e mantenere la leadership.
"È gelida l'acqua. Mi entra nelle ossa. Non riesco a liberare la stazza dall'acqua. Uso tutta la mia forza e la mia agilità ma la lancia resta piena. E cado. Ho paura. È notte fonda e fa freddo. Siamo a quaranta miglia da Lampedusa e, se non riesco a farmi sentire subito, mi lasceranno qui e sarà la fine. Non voglio morire così. Non a sedici anni. Il panico sta per impadronirsi di me e comincio a urlare con quanto fiato ho in gola, cercando di rimanere a galla e di non farmi trascinare giù da questo mare che ci consente di sopravvivere ma che può anche decidere di abbandonarci per sempre. "Patri" urlo. "Patri." Lui è al timone e non mi sente. La fine si avvicina, penso. Poi qualcosa accade... Ciò che non potevo sapere allora è che non solo quella notte sarebbe rimasta per sempre impressa nella mia mente ma che la mia esistenza sarebbe stata segnata da un mare che restituisce corpi e vite e che sarebbe toccato proprio a me salvare quelle vite e toccare per ultimo quei corpi." Pietro Bartolo è il medico che da oltre venticinque anni accoglie i migranti a Lampedusa. Li accoglie, li cura e, soprattutto, li ascolta. Queste pagine raccontano la sua storia: la storia di un ragazzo mingherlino e timido, cresciuto in una famiglia di pescatori, che si è duramente battuto per cambiare il proprio destino e quello della sua isola. E che, non dimenticando le difficoltà passate, ha deciso di vivere in prima persona quella che è stata definita la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo.
Un tempo il coraggio - nella sua accezione di ardimento fisico - era solo opera dell'umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue proprie mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po' come accade ora con la tecnologia: fino a trent'anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare, dunque esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un'interfaccia umana, dunque senza rischio, senza paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. Così, anche il coraggio e la forza d'animo che vi è intrinsecamente connaturata stanno diventando sempre più un'astrazione virtuale, svuotata di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. Per fronteggiare «la più grande urgenza sociale odierna», Paolo Crepet propone a genitori, educatori e, in particolare, a quei «nativi digitali» che si accingono a esplorare la propria esistenza in una società ipertecnologica un «ipotetico inventario» di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell'esperienza umana (il coraggio di educare, di dire no, di ricominciare, di avere paura, di scrivere, di immaginare, di creare...). Un inventario concepito come un'associazione di idee, un 'brain-storming', un esercizio utile per stimolare adulti e non ancora adulti a ritrovare la forza della sfacciataggine e la capacità di resistenza che la vita ogni giorno ci chiede. Ma in queste pagine Crepet parla soprattutto di un'altra e più ambiziosa forma di coraggio. Quella che dobbiamo inventarci per creare un nuovo mondo, se non vogliamo che siano altri a inventarlo per noi; quella che i giovani devono riscoprire per non ritrovarsi tristi e rassegnati a non credere più nei loro sogni; quella che tutti devono scovare in se stessi per iniziare un rinascimento ideale ed etico. Perché, alla fine, il coraggio è la magica opportunità che permette di capire il presente e di costruire il futuro.
"Un giorno del 1999, in un improvviso istante di presenza, mi sono accorto che dietro di me restava ben poco di ciò che credevo di essere stato fino ad allora. Ho quindi iniziato a cercare, a osservare, a studiare, a pormi domande. È stato in quell'istante che il mio cuore si è aperto a un'emozione nuova... Sono queste microscopiche pillole di consapevolezza che vorrei ora condividere con te." Esperto di marketing, comunicazione e innovazione, ma anche marito innamorato e padre felice di cinque figli, Oscar di Montigny affida a queste pagine una serie di riflessioni maturate in anni di esperienze sia personali sia professionali, di incontri significativi con personalità fra le quali Tara Gandhi, il Dalai Lama, Lech Walesa, Gorbacëv, Patch Adams, fino ad arrivare a fissare i principi di quella che è stata da lui definita "Economia 0.0": fare del bene e farlo bene, fare della propria vita un dono e fare di questo dono qualcosa di significativo per l'insieme. Un'economia sostenibile che esprima la capacità di esistere insieme, nella relazione col tutto e non soltanto come parte a sé stante. Un'economia basata sul capitale creativo culturale, fondata su trasparenza, gratitudine e responsabilità. E soprattutto sull'Amore, che lui ha definito "l'atto economico per eccellenza".
"Donne d'Italia" è il racconto del potere femminile in Italia nell'arco di venti secoli. Un lasso di tempo imponente che va da una grande regina egizia come Cleopatra, la cui influenza fu decisiva nell'ultima fase della Repubblica romana, a Maria Elena Boschi, che riveste il ruolo femminile più rilevante nella storia politica italiana. Tra l'una e l'altra, lo stuolo di donne che hanno segnato la vita del nostro paese (e non solo) nei settori più diversi. Qualche lettore si stupirà dinanzi alla poco nota grandezza di Cornelia, madre dei Gracchi, e di Matilde di Canossa. Sorriderà dinanzi a una generosa svampita come Cristina Trivulzio di Belgioioso e al modo con cui la contessa di Castiglione convinse Napoleone III a schierarsi con noi nelle guerre d'indipendenza. Fremerà d'ammirazione per il coraggio di Anita Garibaldi e di alcune eroine della Resistenza, troppo spesso oscurate dalle gesta dei loro compagni. Constaterà che, senza Margherita Sarfatti, il destino di Mussolini probabilmente sarebbe stato diverso. Rivedrà le protagoniste della Prima Repubblica, come Nilde Iotti, che soffrì accanto a Togliatti e visse una prestigiosa seconda vita istituzionale. O come Tina Anselmi, ex partigiana, la prima donna diventata ministro. Per arrivare, poi, con la Seconda Repubblica, alle ministre di Romano Prodi, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, che ha fatto della parità di genere un punto centrale della sua azione politica...
Roma, 63 a.C. Mancano appena due giorni all'investitura di Marco Tullio Cicerone a console di Roma, quando nelle acque del Tevere viene ritrovato il corpo di un ragazzino orrendamente mutilato. Tutto lascia credere che si sia trattato di un sacrificio umano. Ma davvero dietro l'orrendo delitto ci sono i Galli, come sospetta qualcuno, oppure il responsabile è da cercare dentro le stanze del potere romano? Una cosa è certa: questo omicidio è un cattivo presagio alla vigilia del consolato e sembra gettare una maledizione sulla Repubblica. Poche ore dopo il ritrovamento del cadavere, Cicerone è chiamato a difendere un vecchio senatore accusato di alto tradimento, commesso più di trent'anni prima: una prova di lealtà verso la vecchia aristocrazia che potrebbe attirargli molti nemici. L'accusa è chiaramente pretestuosa, e nasconde le reali intenzioni di Giulio Cesare, l'eterno rivale di Cicerone, dal quale lo dividono visione etica e politica. Ma in una città che sta per conquistare un immenso impero sono in molti a contendersi il potere. Personaggi del calibro di Pompeo, Crasso, Catone, Catilina sono pronti a tutto per difendere i rispettivi interessi e ottenere privilegi. Alleanze e tradimenti, crudeltà e sotterfugi sono all'ordine del giorno, e la grave crisi economica rende ancora più incombente il rischio di una guerra civile.
Anno 2053. Vittima di un incidente stradale dalla dinamica quantomeno grottesca, Antonio Martignoni si ritrova in Paradiso dove, accudito da una bellissima signora in blu ed esaminato da un burocrate celeste con le sembianze di Jean-Paul Sartre, inizia a poco a poco a familiarizzare con la sua nuova ed eterna condizione. Finché la Direzione decide di affidargli un "compito importante": raccontare per iscritto, in un file Word, la storia della propria vita, che diventerà uno dei "messaggi nella bottiglia" lanciati dal Cielo agli uomini rimasti sulla Terra. Grazie al fortunoso ritrovamento del file, sepolto in un vecchio computer, apprendiamo che Martignoni, all'età di 36 anni, pensava di farla finita. In preda alla disperazione, aveva intrapreso la sua ultima escursione nelle montagne tanto amate, quando un altro tragico e provvidenziale incidente gli apre una breccia verso il futuro, nella quale si lancia d'istinto: travolto dal desiderio di "spiare Dio da vicino", decide di trascorrere la seconda parte della sua vita come finto prete. Prima parroco di una sparuta comunità di montanari devoti e turisti ai piedi del Monte Rosa, poi pastore di 3500 anime in una Milano sospesa, surreale, angosciata per la misteriosa sparizione dei propri cittadini più anziani, "don" Antonio vive la sua missione tormentato dal senso di colpa, ma anche animato dalla ferma volontà di non tradire il suo fiducioso e inconsapevole gregge...