Alcamo, 1976. Un giovane viene invitato a conoscere dei veri amici. Ne resta colpito, li segue, rimane con loro. Tre anni dopo partecipa a un incontro con don Luigi Giussani: a tema la fede e le opere. Le parole sono belle, pensa, ma che c'entrano con il mio lavoro in campagna e la condizione dei miei amici disoccupati? Questa domanda è all'origine del rapporto tra Sebastiano e don Giussani, essenziale per la nascita della Compagnia delle Opere. "Tutto per don Giussani era frutto di una storia reale, di situazioni concrete. Di fatto la CDO nasce per la sua preoccupazione per gli amici di una cooperativa di Alcamo, i quali non riuscivano a commercializzare il loro vino. Mi disse: che amicizia è la nostra se non li aiutiamo? Di lì è venuto tutto il resto" (Giorgio Vittadini). Con uno scritto di Luigi Giussani.
Imprenditori e responsabili di opere non profit raccontano come stanno vivendo questo tempo di crisi, quale sfida e opportunità rappresenta per sé e per le proprie attività. Tra timori e preoccupazioni emerge una indomabile volontà di costruzione, di responsabilità verso se stessi, le proprie imprese e la società. In tempi in cui dominano lamento e scetticismo è urgente dare voce a tante persone che con impegno e sacrificio operano per dare lavoro nel presente e per assicurare un futuro al nostro Paese. Chiude il volume una conversazione imprenditoriale con Ettore Sansavini e Bernhard Scholz.
È possibile vivere, lavorare, fare impresa senza rinunciare al proprio desiderio di felicità? Di più: è possibile costruire l’impresa attorno al desiderio di felicità dell’io fino a dire che questo è il suo scopo? È possibile che proprio questo sia il fattore che fa funzionare meglio l’impresa realizzando il bene delle persone, dell’impresa stessa e della società?
«L’esperienza di ITACA mostra che questa impresa è possibile e desiderabile, che l’ideale messo alla prova fa vivere meglio, più lietamente e più costruttivamente il lavoro.
Quando ho iniziato a fare l’imprenditore ero attirato da questa prospettiva, ma oggi ne ho le prove. Non una convinzione, ma un’evidenza legata all’osservazione dei fatti, dalla soddisfazione dei miei collaboratori ai risultati conseguiti.
Per questo ho voluto raccontare la storia di Itaca, così feconda nei suoi esiti imprenditoriali, frutto del costante invito a non trascurare mai il proprio io. È questo il tema dominante del dialogo tra me e i miei collaboratori ai quali ho costantemente e sinceramente comunicato ciò che ha sempre animato la mia vita: la tensione alla felicità che si attua nel dono di sé, realizzando insieme il bene proprio, dell’azienda e della società».
Eugenio Dal Pane